Pavel Berman e i 24 Capricci di Paganini. Potrò dire: “Io c’ero”

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Vercelli – Potrò dire: “Io c’ero”. C’ero alla serata storica del teatro Civico (ieri) in cui il violinista russo Pavel Berman ha eseguito tutti i 24 Capricci di Paganini per violino solo. Non ricordo un’altra performance del genere a Vercelli, ma Guido Rimonda mi ha raccontato che lo statunitense di origine italiana Ruggiero Ricci (che suonava il famoso volino Guarneri del Gesù detto il “Cannone” e appartenuto proprio a Paganini) gli aveva confidato di essere “probabilmente” venuto a Vercelli, appena finita la guerra, proprio per suonare i 24 Capricci.

In ogni caso, probabilmente io non ero ancora nato e ieri mi sono beato, con la platea del Civico pressoché esaurita, di un concerto che, probabilmente, non ascolterò mai più. E per fortuna dunque “io c’ero”. Come c’ero la sera in cui, al Dugentesco, auspice il professor Robbone (si era negli Anni Ottanta) ebbi il privilegio di ascoltare per la prima volta il padre di Berman, il pianista Lazar. Ricordo ancora quel gigante che ansimava dopo ogni pezzo, felice per gli applausi incontenibili. Il giorno dopo, l’ex assessore alla Scuola del Comune, il compianto Aldo Venè, grande appassionato di musica, mi disse al telefono: “Sono andato a casa e ho spezzato tutti i dischi di Richter”. Spero che non l’abbia fatto, ma ciò attesta l’impatto con quel pianista meraviglioso (che viveva a Firenze e che è scomparso nel 2005).

Sono passati oltre trent’anni, ed è toccato al figlio incantarci tutti . Non ci sono parole per definire questa emozione, se non appunto, una frase semplicissima e adeguata: “Io c’ero”. E, in subordine: per fortuna.
Al pubblico, avvinto dalla sua debordante bravura (e non solo tecnica) Pavel Berman, non pago della sue fatiche d’Ercole, ha regalato anche un delizioso bis: la Sarabanda di Bach dalla Partita numero 1.

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