DIVERGENZE 87 – Il silenzio dei non innocenti

Barbara Balzerani

 

Signora Barbara Balzerani

Sulle disgustose parole dai lei pronunciate proprio nell’anniversario della strage di via Fani contro le famiglie vittime di quella immane tragedia, di cui lei è stata una delle principali responsabili, si sta innescando un dibattito molto accalorato. Non ne entro nel merito, ma le dico che mi fa specie, per non dire ribrezzo, che qualcuno abbia l’impudenza di giustificarla.

Forse sono i nipotini di coloro che, negli Anni di Piombo, vi definivano “compagni che sbagliano” anziché vili assassini.

Non intendo comunque aggiungermi alla miriade di commenti che lei ha innescato parlando sprezzatamente di “mestiere della vittima”. Bene le ha risposto, con la sua proverbiale ma ferma pacatezza Maria Fida Moro, ricordandole che talvolta “il silenzio d’oro”.

Ed è proprio a questo proposito che vorrei parlarle della mia città, Vercelli, dove il 13 novembre del 1975, una diciottenne che si chiama Doretta Graneris, con il fidanzato, Guido Badini, sterminò a colpi di pistola la sua famiglia: genitori, nonni e fratellino.
Per quel delitto, la Graneris fu condannata all’ergastolo, ma uscì dal carcere in libertà
condizionata diciotto anni dopo. Da quel giorno, lei l’ha mai sentita nominare? No, mai. Lei e nessuno di noi. Secondo le rarissime informazioni in nostro possesso, faceva la centralinista per il Gruppo Abele di don Ciotti viveva sola con un vecchio cane. Ah sì: ha anche rifiutato offerte astronomiche per andare a parlare in tivù, ad esempio, ai tempi della strage compiuta da Erika a Novi Ligure.

Perché, ottenuta la libertà, Doretta Graneris ha pronunciato solo queste poche, ma chiarissime parole: “Voglio essere dimenticata”. Segua l’esempio di questa oggi sessantenne, davvero pentita. L’Italia intera le sarà grata almeno di qualcosa.

Enrico De Maria

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