“Contagiata dal Coronavirus, mi ha curata il mio team di medici”. Il racconto di Roberta Petrino

Quando entri dalla tenda mobile che ti porta al reparto covid di Vercelli Roberta Petrino, la responsabile del Pronto Soccorso da febbraio, è sempre lì ad accoglierti. Basta osservarla per capire che non si ferma mai. Corre da una stanza all’altra. Si preoccupa di tutti. “So come si sentono i miei pazienti – racconta -. Sono stata contagiata anche io dal Coronavirus. E non so nemmeno quando”.

È tornata a lavorare lunedì. A curarla è stato proprio il suo team, medici e infermieri che in questi mesi di emergenza non si sono risparmiati. Hanno stravolto turni e vita per curare i pazienti che arrivavano in pronto soccorso. «Il 21 marzo ho iniziato ad avere i brividi e a sentirmi stanca – spiega -. A casa è arrivata la febbre: avevo capito che ero stata contagiata. Il tampone il giorno dopo lo ha confermato. Non so come l’ho presa: credo durante una riunione o nel togliermi i presidi di sicurezza. Pensavo di tornare al lavoro in 15 giorni ma dopo una settimana sono peggiorata e sono dovuta andare in ospedale”.

In realtà è difficile immaginare come abbia fatto a prendere il Coronavirus. La sua divisa è sempre a posto, la maschera di protezione sempre in volto. Così come la mascherina.

«Non ho avuto paura – racconta-. Vivere questa esperienza mi ha fatto capire di lavorare con persone capaci sia professionalmente sia umanamente». Poi il miglioramento, il ritorno a casa e la settimana scorsa gli ultimi tamponi negativi. E subito il ritorno al lavoro. «Domenica ho avuto il risultato, lunedi ero in corsia – afferma-. Ora la situazione è più tranquilla, ma non bisogna abbassare la guardia. Abbiamo avuto periodi con 25 pazienti ricoverati al giorno. Le province come la nostra vicino alla Lombardia sono state tra le prime. Si pensi che ad inizio marzo i casi per ogni 100 mila abitanti nel Vercellese erano superiori a quelli della provincia di Torino». Una guerra in corsia.

«C’erano giorni in cui nemmeno le prese della corrente bastavano – racconta-. Sono orgogliosa del mio gruppo. Ho visto cardiologi, chirurghi, ortopedici mettersi a disposizione degli infettivologi per capire come affrontare il covid-19 per far fronte all’emergenza». Ora però la dottoressa pensa giá alla fase due. Alla ripresa.
«La situazione è diversa, ora arrivano molti ospiti delle case di riposo – spiega -. Ma bisogna anche pensare alla riorganizzazione dei flussi dei pazienti. Valutare come andrà dal 4 maggio. Ma soprattutto bisogna fare tornare i malati in ospedale. Soprattutto chi ha traumi gravi o infarti. In molti hanno avuto paura di rivolgersi a noi per via del contagio».

 

(Flo.ru)

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