Le merende di una volta nel progetto dell’Accademia Italiana della Cucina

La delegazione di Vercelli dell’Accademia Italiana della Cucina presenta il nuovo progetto dal titolo “La Merenda della nostra infanzia”. Per ora è pubblicato sulla pagina Facebook, ma non è escluso che in futuro diventerà una pubblicazione cartacea, un libretto da sfogliare con curiosità.

Di cosa si tratta lo spiega la delegata vercellese Paola Bernascone Cappi: «L’Accademia Italiana della Cucina, tra le sue finalità, ha lo scopo di tutelare le tradizioni della cucina italiana. Costretti a casa, con l’attività conviviale bloccata dal coronavirus, nel periodo di isolamento ci siamo concentrati su comportamenti e abitudini alimentari. Abbiamo aperto i cassetti della memoria ed è nato questo interessante opuscolo sulla merenda».

Gli accademici vercellesi al tempo di Pasqua avevano dato vita ad un ricettario: ognuno di loro aveva evidenziato la ricetta che non mancava mai sulla sua tavola in quella festività. Ora il bis con questo secondo lavoro.

«La merenda è una tradizione tutta italiana. In principio fu il merito: il vocabolo deriva infatti dal verbo meritare. È un extra rispetto alla colazione, pranzo e cena. È un premio». Paola Bernascone Cappi, nella prefazione dell’opuscolo, ha fatto uno studio sulla merenda: «Una tipica usanza piemontese era la merenda sinoira: era diffusa nelle campagne, poi prende vita anche tra le classi borghesi. Nel secondo dopoguerra, con le condizioni economiche mutate, viene solitamente preparata dalle mamme e dalle nonne, con prodotti del territorio, legati alla stagionalità».

«Gli accademici vercellesi hanno ricordato le merende della loro infanzia. Ne è scaturito un singolare album, impaginato da Gianpiero Marchiori, che rispecchia in un microcosmo quella che è stata l’evoluzione della merenda in Italia. Ciascuno ha sperimentato, secondo i propri gusti e le direttive di mamme e nonne, dolce e salato, fette di pane spalmate con vari ingredienti o fragranti fette di torta. I più giovani hanno testimoniato la dolce tentazione delle prime merendine preconfezionate. Ciascuno di noi ha testimoniato la sua “madeleine” che lo riporta all’Età dell’Oro, all’infanzia nella quale si vive l’ebrezza di un contatto profondo con la natura, con un sentimento di perfetta comunione con tutto senza possedere nulla».

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