La cura per il coronavirus che sta dando risultati ottimi: il plasma. Sperimentazione anche in Piemonte a Novara

Prima di pensare all’efficacia di un vaccino, prima di arrivare di nuovo in una fase di picco devastante dell’epidemia con le terapie intensive che scoppiano, la nuova grande e concreta speranza per la cura di coloro che si ammalano di Coronavirus si chiama plasma. Una terapia sperimentale, un’idea geniale, studiata e messa in atto per la prima volta al mondo in Italia, al Policlinico San Matteo di Pavia e poi all’ ospedale Carlo Poma di Mantova. Una terapia che sta dando risultati strepitosi.

Si tratta, in pratica, della trasfusione del plasma dei soggetti guariti nelle vene dei malati Covid-19, i quali incredibilmente hanno visto migliorare il loro stato clinico entro 12 – 48 ore dal trattamento. Senza nessun tipo di controindicazione. Al Carlo Poma di Mantova e al Policlinico San Matteo di Pavia la sperimentazione è praticamente conclusa e i risultati continuano a essere positivi. Il principio scientifico è quello di usare la parte liquida del sangue dei donatori, che devono essere persone guarite dal Covid e tornate sane, i quali hanno sviluppato “anticorpi neutralizzanti” contro il virus. Tali anticorpi vengono così trasferiti direttamente nell’organismo del malato che guarisce a sua volta.

A Mantova questo approccio è stato inizialmente sperimentato su 25 pazienti. Impegnativo è stata la selezione dei donatori, i quali dovevano essere guariti da almeno due settimane, avere almeno due tamponi negativi, non essere affetti da altre comorbilità e soprattutto dovevano essere idonei a donare il loro plasma, ovvero avere prodotto un livello di anticorpi sufficiente per la donazione e per ottenere l’effetto terapeutico auspicato. Questo in effetti è l’unico limite della terapia: la difficoltà di ottenere il plasma. In media però con il plasma ottenuto da un donatore idoneo si possono curare 2/3 persone malate.
Naturalmente i donatori sono sottoposti, secondo le indicazioni del Centro Nazionale Sangue, a tutta una serie di analisi per registrare l’assenza di malattie infettive trasmissibili virali o batteriche e confermare la sicurezza del loro plasma, al punto che la selezione è rigidissima: sui primi 100 donatori solo 30 sono risultati idonei alla donazione.

La stessa sperimentazione di Mantova e Pavia sul plasma è in atto anche in Piemonte dal 15 aprile all’ ospedale Maggiore di Novara, in aggiunta a tutte le altre terapie farmacologiche.
Di fatto, il plasma potrebbe essere considerato un “farmaco” prodigioso, prodotto dallo stesso nostro organismo umano, ovvero immunoglobuline specifiche e naturali prodotte dal sistema immunitario, che sono risultate efficaci sia dal punto di vista biochimico che immunologico. Presto la terapia con il plasma potrebbe diventare un protocollo comune per la lotta al virus.

“La terapia funziona e noi non abbiamo più avuto decessi – racconta entusiasta Giuseppe De Donno, direttore di Pneumologia e Terapia intensiva respiratoria del Carlo Poma di Mantova ad AffariItalaini.it. -. Sono entusiasta di vedere le persone guarite così velocemente. È l’unico trattamento razionale, sia biochimico che immunologico del Coronavirus che c’è in questo momento. Non esisterà farmaco più efficace del plasma. È come il proiettile magico, si usano immunoglobuline specifiche contro il Coronavirus. Va utilizzato in fase precoce”.

Cesare Perotti, direttore del servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale del San Matteo di Pavia, che ha avviato per primo la sperimentazione sul plasma, spiegava, invece, lo scorso 29 aprile in una intervista: “Non tutti i donatori sono idonei. I primi pazienti che hanno contratto la malattia non hanno più anticorpi neutralizzanti che servono a sconfiggere il virus. I pazienti arruolati per l’indagine stanno tutti bene. Ora chiuderemo la sperimentazione e speriamo di pubblicarne a brevissimo i risultati. Poi lavoreremo a un’altra sperimentazione, allargando il numero dei pazienti da arruolare”. Controindicazioni? “In realtà – ha aggiunto Perotti – si può avere una leggera febbricola e una reazione simile all’orticaria, ma su una cinquantina di persone ci è capitato in un solo caso”.Il protocollo studiato al San Matteo di Pavia, che al momento è l’unica cura contro il coronavirus a parte i farmaci antivirali, sta facendo il giro del mondo. Negli Stati Uniti sono già 116 i centri universitari che sono partiti con la plasmaterapia.
“Ma il primo seme è il nostro” ha aggiunto il professor Perotti a Il Giorno. “Il protocollo è stato predisposto dal servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale del San Matteo, in collaborazione con le strutture di Mantova e Lodi, e dall’Azienda ospedaliera universitaria di Padova. E da pochissimo si è aggiunta anche Novara dove al momento sono 8 i guariti che hanno effettuato una donazione”. “Il plasma deve essere infuso prima che il paziente venga portato in rianimazione – ha sottolineato il professore Perotti –. Adesso stiamo stoccando delle sacche per fare scorte per una eventuale seconda ondata di ottobre e lavoreremo finché ci saranno convalescenti. Sempre collaborando con altri ospedali”.
Sarà questa la strada per l’uscita dal Covid?

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