Fossale e Macciò: “Come reagire con lucidità alla nuova minaccia del Covid”

 

Vercelli – Il numero delle persone positive al Covid sta aumentando anche in provincial di Vercelli (oggi venti in più rispetto a ieri, ma sono probabilmente stati conteggiati gli undici di due gruppi familiari già annunciati a Trino dal sindaco Daniele Pane due giorni fa) ma soprattutto sono da rilevare i tredici ricoverati nell’area Covid dell’Infettivologia del Sant’Andrea (nessuno in condizioni gravi, però) quando un mese fa non ce n’era neppure uno.

C’è dunque da essere preoccupati? Su questa domanda, non di poco conto, segnaliamo i due autorevolissimi pareri di due medici molto considerati: il medico di famiglia e presidente dell’Ordine Pier Giorgio Fossale (tra l’altro colpito duramente dal Covid nello scorso mese di marzo, e poi guarito) e il cardiologo Sergio Macciò, che ha scritto un libro sui terribili giorni di pandemia, “Diario di bordo”, ed i cui consigli sono ritenuti da tutti assai preziosi.

E’ un articolo un po’ lungo, ma vi assicuriamo che vale la pena di leggerlo.

NON RICADERE NEL TERRORE

Il dotto Fossale afferma, con estrema chiarezza: “La scorsa primavera fummo aggrediti da qualcosa di sconosciuto e imprevedibili e vivemmo un clima di vero terrore. Adesso sappiamo come affrontare il Covid, non dobbiamo ripiombare nel terrore, anche se dovesse ripresentarsi in modo aggressivo, ma in questo momento dobbiamo provare una paura consapevole, cioè dobbiamo essere prudenti e usare tutta l’intelligenza possibile per fronteggiare un pericolo che incombe, senza ripiombare nel terrore”.

”Usare la testa – spiega Fossale – è innanzitutto non fare errori irreparabili. Ad esempio, e qui noi medici continuiamo a ripeterlo, non correre nei nostri ambulatori o peggio al Pronto soccorso qualora riscontrassimo di avere qualche linea di febbre. La prima cosa da fare è di contattarci telefonicamente e, qualora la febbre si riscontrasse il sabato o la domenica chiamare il numero della guardia medica 116117. Ma io ritengo che si possa continuare a provare con il proprio medico di famiglia anche nel weekend, perché gran parte dei nostri cellulari sono sempre accesi: tutti noi medici conosciamo i nostri assistiti e siamo in grado di dare suggerimenti indispensabili sulle prime modalità di affrontare la fase iniziale dei presunti casi di Covid. Dico presunti perché, come ho già detto e scritto, le case d un aumento della temperatura corporea possono essere centinaia e quindi non pensiamo subito al Coronavirus”.

FACCIAMO IL VACCINO ANTI-INFLUENZALE

E’ per questa ragione che Fossale suggerisce, come del resto stanno facendo tutti i suoi colleghi, di fare il vaccino influenzale quando sarà pronto (si presume verso la metà di ottobre) che mai come il prossimo autunno potrà rivelarsi indispensabile anche ai fini diagnostici del Covid.

Tornando alla necessità di contattare il proprio medico di famiglia alle prime avvisaglie di febbre, Fossale osserva che, a quel punto, il medico suggerirà tre giorni di estrema auto osservazione dei sintomi da parte dell’assistito da comunicare quotidianamente al proprio medico. A quel punto, qualora la febbre dovesse aumentare, si suggerirà di insistere con la classica Tachipirina. Se la situazione però non dovesse migliorare e si avvertissero i sintomi classici del Covid (febbre sempre altra nonostante la Tachipirina, perdita del gusto o dell’olfatto, difficoltà respiratorie), il medico – con gli opportuni Dpi – farà una visita domiciliare e si deciderà se attuare una cura specifica domiciliare oppure se chiedere immediatamente il ricovero.

I MEDICI DI FAMIGLIA DEVONO AVERE I DPI, NON SOLO DA OLMO

Lo scenario che si prospetta a questo punto è assai complesso e variegato. per quanto riguarda i Dpi Fossale, a nomi di tutti i colleghi, li pretende a gran voce dal Sistema sanitario nazionale. “Perché sinora – dice, polemico – noi abbiamo quelli che, come sempre, ci sono stati forniti dal solito, encomiabile Carlo Olmo. Se continuassimo a non averne, come è avvenuto sei mesi fa, dovremo fare intervenire direttamente il 118 oppure il prezioso nucleo di giovani medici anti-Covid, che si è rivelato fondamentale durante la scorsa pandemia: perché loro hanno i Dpi indispensabili per le visite e le prognosi domiciliari. Ma, ripeto, sarebbe indispensabile dotare noi medici di famiglia di questi dispositivi di protezione”.

INDISPENSABILE CURARE A CASA I MALATI

Fossale poi affronta un altro argomento spinoso: quello dei protocolli di intervento per curare i malati di Covid – che sono altra cosa rispetto ai tanti positivi che vengono accertati in questo momento – a casa senza tornare ad intasare gli ospedali. “E vero che non c’è ancora un farmaco specifico anti Covid – dice – ma l’idrossiclorochina, abbinata ad un’efficace terapia cortisonica, e ad un’eventuale utilizzo dell’eparina, in casi specifici, e ad una copertura antibiotica, ha funzionato. Aspettiamo i protocolli aggiornati, ma quello del dotto Borrè, che abbiamo utilizzato nei nei scorsi, è stato efficacissimo e grazie ad esso abbiamo svuotato gli ospedali. Dunque, ripeto: usiamo tutti la testa, evitiamo i comportamenti pericolosi, usiamo distanziamento e mascherine e sfruttiamo quella che ho definito paura consapevole, che è sinonimo di intelligenza e non ripeteremo la sconvolgente primavera del 2020”.

TAMPONE POSITIVO NON SIGNIFICA AMMALATO O CONTAGIOSO

Ed ecco le considerazioni che il dottor Macciò, ha pubblicato su un nuovo aggiornamento del suo “diario” su Facebook, l’altro giorno. Il cardiologo del Sant’Andrea parte dall’osservazione sui numeri dei tamponi positivi cui tutti stiamo guardando, con apprensione, in questo momento. E osserva: “Siamo ormai bombardati ogni giorno dai bollettini dei ‘contagi’. Ma deve essere chiaro a tutti di cosa si sta parlando. Parliamo di persone la maggior parte delle volte totalmente asintomatici nei quali il tampone naso-faringeo trova tracce virali. Cosa vuol dire? Sono contagiosi? La maggior parte delle volte probabilmente no. Il tampone può trovare tracce minime che non possono portare a contagio o addirittura (fonte OMS e CDC Atlanta, l’Agenzia Federale degli Stati Uniti) residui di RNA virale, cioè frammenti del virus che non hanno più alcuna capacità infettante. Insomma: essere POSITIVO NON è per forza sinonimo di malato ma nemmeno di contagioso”.

QUANDO CI SI PUO’ DIRE “GUARITI”

Secondo quesito: quando ci si può considerarsi “guariti”? Ecco il pensiero di Macciò: “Il punto è cruciale. In Italia al momento per definire guarito un malato di COVID o addirittura un portatore in quarantena pretendiamo 2 tamponi negativi a distanza di 24-48 ore. Eppure OMS e CDC Atlanta nelle loro linee guide dicono che non serve più e che si può uscire da isolamento dopo 10 giorni da inizio sintomi + 3 giorni da fine sintomi. Abbiamo ragione noi? Eppure sappiamo come ci siano persone assolutamente guarite che possono “trascinarsi” tamponi positivi per mesi, sono contagiosi? Molto probabilmente NO”.

NON INTASIAMO GLI OSPEDALI

E poi ci sono le domande essenziali su ricoveri: è giusto ospedalizzare, ad esempio, tutte le persone anziane – e dunque a rischio – semplicemente perché positive al tampone seppure asintomatiche? La risposta di Macciò è ovviamente “no” perché “nessun sistema sanitario al mondo sarebbe in grado di reggere l’impatto. E qui torniamo alle considerazioni precedenti di Fossale.

Ed infine, anche Macciò fa appello alla “lucidità” ed espone alcune regole di grande buonsenso ed efficacia. Queste regole:

 

GIUSTO RIAPRIRE LE SCUOLE

”- Recuperiamo al più presto lucidità, ottimizziamo le risorse a disposizione e non disperdiamo energie.

– Regoliamo le quarantene con giudizio e secondo le linee guida internazionali

– Smettiamo di leggere i bollettini dei positivi, non ci danno nessuna informazione utile, creano solo ansia

– Apriamo le scuole.

– potenziamo la sanità territoriale, diamo gli strumenti di protezione e protocolli chiari perché si possa assistere a domicilio senza ospedalizzare e ricoveriamo chi veramente ( e sono pochi) ne ha bisogno”

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