Vestiti ed esci a vedere: “Un sacchetto di biglie”

UN SACCHETTO DI BIGLIE (cinema Italia, Vercelli)

Tratto dal magnifico e omonimo romanzo autobiografico pubblicato da Joseph Joffo nel 1973, “Un sacchetto di biglie” è uno dei migliori film che siano mai stati girati sulla tragedia delle persecuzioni naziste contro gli ebrei: e sarebbe opportuno farlo conoscere a tutti, nelle scuole, soprattutto, ma anche a chi, oggi, vaneggia di razze e di sdilinquimenti verso il nazifascismo.

Opera toccante, racconta di due fratelli, appunto Maurice e Joseph Joffo che, dopo essere riusciti a rimovere a Parigi, la guerra e gli orrori del nazismo, nel 1941 si trovano all’improvviso, nella Francia occupata, di fronte alle persecuzioni perché sono ebrei. Tutto nasce da una lite provocata, a scuola, da quello che oggi potranno definire “il bullo” della classe, che se ne esce con la bella trovata secondo cui la guerra sarebbe stata provocata “dagli ebrei”.

E visto che nessuno difende i due ragazzi (tantomeno gli insegnanti), il padre decide che devono sparire: dovranno rinunciare ai loro sogni, ai loro giochi (primo fra tutti, quelle biglie del titolo), imbarcarsi su un treno e fuggire senza una meta precisa lungo tutta la Francia, senza mai ammettere, a nessun costo, di essere ebrei. Il film narra appunto la disperata, ma anche straordinaria avventura dei due fratelli che, per sopravvivere, si inventano ogni cosa, affrontano situazioni anche disperate, ma con intuito e ingegno riescono a salvarsi, fino alla liberazione di Parigi.

Del romanzo “Un sacchetto di biglie” era stato già ricavato un film, nel ‘75, appena dopo l’uscita del romanzo, ma in questo di Christian Duguay (l’autore tra l’altro di “Belle & Sebastien – l’avventura continua”), anche secondo lo stesso Joffo, la figura del padre è sviluppata assai meglio e, inoltre, vengono frantumanti stereotipi duri a morire come, ad esempio, quello dell’indifferenza della Chiesa cattolica di fronte alle persecuzioni degli ebrei.

Insomma, “Un sacchetto di biglie” è un’opera assolutamente da non perdere, e le scuole dovrebbero annotarsi questo film e farne partecipi i ragazzi.

LA RECENSIONE-FLASH:

IL COLORE NASCOSTO DELLE COSE. Lo confessiamo, talvolta ci facciamo prendere pure noi dal pregiudizio, e sbagliamo. Ad esempio, pensavamo che Valeria Golino fosse un’attricetta di mero contorno, adatta, al massimo, per il ruolo marginale che le venne riservato (ma era giovanissima) nell’immenso “Rain Man” di Barry Levinson.

Ci sbagliavamo, e non di poco. Successivi film come “Storia d’amore”, “Per amor vostro” e “Il ragazzo invisibile”, ma anche l’ispirata regia di “Miele”ci hanno fato, e ampiamente, ricredere. In quest’opera di Silvio Soldini, la Golino interpreta il ruolo di una donna cieca e combattiva, Emma, ed è semplicemente fantastica. Il film di Soldini è ispirato e solido forse un po’ prolissa (e l’audio lascia a desiderare).

Ma alcuni momenti sono di grande cinema e poi, soprattutto, c’è lei, la Golino, a impersonare una donna che, pur colpita da una malattia che potrebbe portare allo sconforto e alla rassegnazione (nel film questa deriva è rappresentata da una giovane allieva cieca di Emma), è piena di vita, esuberante, spiritosa. E, soprattutto, decisa a rendere la pariglia all’uomo (il creativo pubblicitario Teo, interpretato da un eccellente Adriano Giannini) di cui si è innamorata e che pensa di poter giocare con i suoi sentimenti.
Un film eccellente. Per noi: 7,5

 

Ecco la programmazione dei prossimi giorni al cinema Italia di Vercelli

 

 

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