Sessant’anni fa il volo (nella leggenda) di Livio Berruti

Alle cinque della sera di oggi, 3 settembre, ma sessant’anni fa, ed era un sabato, allo stadio Olimpico di Roma, un ventunenne atleta torinese, ma radicato nella nostra provincia perché visse gran parte della giovinezza a Stroppiana (dove ha tutt’ora una casa) compì la più grande impresa sportiva individuale di un italiano: vinse la medaglia d’oro in una gara di velocità alle Olimpiadi estive.

Dal libro “Leggende dello dello Sport Vercellese” due leggende: Jesse Owens e Berruti

E’ sempre ingeneroso misurare il “peso” di una medaglia d’oro olimpica, ma l’atletica leggera è da sempre la regina dei Giochi e, nell’ambito delle gare olimpiche di atletica, gli sprinter hanno una storia a sé. Ancora adesso, anche se si è ritirato, Bolt è un mito, e tutti sanno a memoria i suoi record (9” 58 sui cento e 19 e 19” sui duecento), al punto che La sua figura riesce ad oscurare campioni immensi come il sudafricano Wayde van Niekerk, che sarà probabilmente il primo uomo al mondo a scendere sotto i 43 secondi nei 400 piani (il suo primato mondiale ottenuto ai Giochi di Rio quattro anni fa è 43” 03), ma che ha il “difetto” di percorrere almeno duecento metri in più del dovuto per scolpire il suo record nella mente e nel cuore degli abitanti del globo.

Ecco perché, pur onorando e ammirando tutte le vittorie olimpiche io considero quella di Berruti, a Roma, l’Impresa delle imprese. Qualcuno di voi obietterà: “E Mennea, non ha pure lui vinto a Mosca nell’’80 e non ha centrato un primato del mondo strabiliante, quel 19” 72 superato solo diciassette anni dopo da MIchael Johnson, e tutt’ora record europeo?”.

La risposta a questa sacrosanta osservazione è semplice. Pietro Mennea è stato uno dei più grandi sprinter di tutti i tempi ed il fatto che, dopo 41 anni, quel record fissato alle Universiadi di Città del Messico non sia ancora stato migliorato da un europeo attesta l’entità del valore dell’atleta di Barletta. Ma purtroppo per lui il suo trionfo olimpico, con quella rimonta su Alan Wells che rimarrà nella memoria collettiva di tutti coloro che poterono ammirarla in diretta, non vale quello di vent’anni prima targato Livio Berruti.

Dallo stesso libro, Berruti con Felice Gimondi

Non vale perché a Mosca non erano presenti i migliori sprinter statunitensi, che avrebbero potuto impegnare a fondo il detentore  del record del mondo. Non c’erano perché gli Usa di Carter avevano deciso di punire l’Urss per l’invasione dell’Afghanistan che rappresentò il Vietnam sovietico e che poi sarebbe stata paradossalmente copiata un decennio dopo dall’America di Bush senior. Il boicottaggio dei Paesi Occidentali (agli Usa se ne unirono altri 42 e ulteriori diciassette dissero no per ragioni extra Afghanistan), che l’Urss e i Paesi della Patto di Varsavia avrebbero restituito quattro anni dopo non prendendo parte ai Giochi di Los Angeles, impedì a Mennea di cimentarsi con i grandi sprinter d’Oltreoceano.

A Roma, in quell’indimenticabile avvio di settembre, Livio Berruti si trovò di fronte a tre primatisti mondiali ( l’inglese Radford e gli statunitensi Johnson e Norton) e ad una pattuglia agguerritissima di europei). In semifinale, Berruti dovette uguagliare  a sua volta il record del mondo (20” e 5) per avere ragione degli statunitensi Norton e Johnson, che si qualificarono cn lui per la finale, lasciando per strada uno come Radford. Poi, in finale, l’atleta torinese-stroppianese ripetè il record regolando – con la più regale curva nella storia dei duecento piani – l’americano meno accreditato, Carney, ed il franco-senegalese, nonché suo grande amico, Seye.

Livio Berruti, oggi

Su quei 20 secondi e 5, salutati dal coreografico volo delle colombe bianche, che tutti in diretta salutammo come un auspici, si sono scritti, per sessant’anni milioni di articoli e diverse. In queste ore tutti stanno celebrando il volo della gazzella bianca (la nera Wilma Rudolph purtroppo non c’è più) del ragazzo intelligente e pulito che si accorse di correre più forte degli altri inseguendo (e raggiungendo) i gatti di casa, a Stroppiana. E se vi sembra facile, provateci.

ENRICO DE MARIA

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1 commento

  1. Berruti resta il Primo Campione dell’atletica italiana. La foto recente che correda l’articolo pare scattata in pista nel momento di ricevere ancora l’applauso di tutti gli sportivi. E anche dei gatti di Stroppiana.

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