Processo all’ex prefetto Malfi: oggi le deposizioni dei migranti

L’ex prefetto Malfi con il suo avvocato Roberto Scheda

Oggi giovedì 28 gennaio riparte al Tribunale di Vercelli uno dei processi più clamorosi che si siano mai celebrati nella nostra città. Alla sbarra l’ex prefetto, Salvatore Malfi, che resse l’incarico governativo a Vercelli dal 18 gennaio 2011 alla vigilia di Natale del 2015, quando ricevette la notizia di essere stato trasferito a Salerno. Sessantunenne, nativo di San Marcellino, in provincia di Caserta, Malfi si trovò ripiombato a Vercelli, suo malgrado, due anni e tre mesi dopo quando dalla procura della Repubblica filtrò la notizia clamorosa che egli era stato sospeso dall’incarico prefettizio per tre mesi proprio a causa di un’indagine, coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica Davide Pretti, e svolta dalla Squadra Mobile e dalla Guardia di Finanza. Le primissime notizie fornite dalla magistratura parlavano di “frasi ingiuriose a sfondo sessista” e persino “minacce di morte” pronunciate da Malfi nei confronti di dipendenti della prefettura di Vercelli, soprattutto di donne. Ma un accenno, che inizialmente la stessa procura aveva volutamente fatto figurare come secondario, apriva la strada a una storia che andava ben oltre a quella delle frasi ingiuriose.

Difatti quando, pochi giorni dopo, verso la fine di marzo, Malfi, assistito dall’avvocato Roberto Scheda, venne interrogato dal Gip, Fabrizio Filice, si scoprì che sì c’entravano le accuse ingiuriose, ma che l’inchiesta principale riguardava i rapporti troppo stretti tra il prefetto e una Cooperativa sociale che si era occupata, tra il 2015 e il 2016, dell’accoglienza ai migranti: la “Obiettivo Onlus” di Tronzano di Gianluca Mascarino, 51 anni, domiciliato a Vercelli. Ed i reati contestati andavano dall’abuso d’ufficio alla turbata libertà degli incanti (la turbativa d’asta) dalla frode in pubbliche forniture al falso. Nel giugno di quell’anno la stessa procura parlò esplicitamente di due inchieste e vennero fuori i nomi delle altre persone coinvolte nell’indagine: su tutti quello di Raffaella Attianese, 57 anni, la vice vicaria di Malfi, difesa dall’avvocato Roberto Rossi, che nell’ottobre del 2018 era stata trasferita a Torino dopo ben vent’anni di lavoro nella prefettura vercellese, con ripetuti incarichi di commissario straordinario anche in Comuni importanti come Trino, Alagna, Borgo Vercelli. Insomma, una funzionaria e dirigente molto conosciuta e apprezzata a Vercelli.

Ma che cosa avevano messo in moto Malfi, la Attianese e altr dipendenti della Prefettura per agevolare (ovviamente secondo l’accusa) la Coop di Mascarino (difeso dall’avvocato Andrea Corsaro) rispetto a tutte le altre che partecipavano alle gare per gestire l’ospitalità degli allora numerosi migranti che venivano accolti nel Vercellese? Un semplice, ma essenziale (trattandosi del prefetto), rapporto di riguardo nei confronti di Mascarino, che poteva far valere la disponibilità di strutture di accoglienza di prim’ordine, rispetto a quelle che erano in grado di reperire le altre Coop, in quanto messe, secondo la procura, messe a disposizione dal prefetto stesso.

Sempre secondo l’accusa (rappresentata in aula dai pm Davide Pretti e Rosamaria Iera), Raffaella Attianese, con altre dipendenti della Prefettura, avrebbe favorito la Coop di Mascarino in vari modi: ad esempio esentandolo dai controlli che pure dovevano svolgersi nelle sue strutture di accoglienza (situate in vari Comuni del Vercellese: Albano, Saluggia, Palazzolo Vercellese, Alice Castello e Vercelli) oppure avvisandolo per tempo quando questi controlli stavano arrivando, oppure ancora consentendogli di presentare con comodo, ma anche ben oltre i termini, le relazioni annuali sulle strutture stesse, e infine, parlando con gli altri imputati delle testimonianze rese al pm.

Insomma, un vero ginepraio, con oltre cento testimoni chiamati a deporre in aula ogni due giovedì. Durante la prima udienza, due settimane fa, le testimonianze accusatorie di rilievo sono state quelle dei due volontari Giulia Bodo e Filippo Stramaccioni, che hanno innescato l’avvio di tutta la maxi indagine – andando a denunciare i fatti in questura – e che hanno testimoniato come nelle strutture gestite da Mascarino (che i due frequentavano così come tante altre per aiutare i migranti ad inserirsi nelle nuove realtà) non venissero rispettati i protocolli fissati dai bandi: come avevo subito riferito alla Squadra Mobile, quando avevano deciso di passare alla denuncia concreta, sembra che all’interno dei Centri di assistenza della Obiettivo Onlus si difettasse in assistenza sanitaria, sostegno socio-psicologico, tutela legale, servizi di mediazione linguistica e culturale, nella qualità del cibo e dell’abbigliamento forniti ai migranti, nei servizi di pulizia. Tutte cose, che, secondo l’accusa, venivano puntualmente riferite alla prefettura, che però non vi ovviava appunto – ed è questo il quadro accusatorio – perché tra i vertici della prefettura (Salvatore Malfi in testa) e Mascarino c’era un rapporto decisamente preferenziale rispetto a quello instaurato con tutte le altre Coop.

I difensori cercheranno di smantellare tutti i capi di accusa. In particolare gli avvocati di Malfi (Scheda ed Olivero Mazza) e della Attianese (Rossi) punteranno su un fatto acclarato: che cioè né il prefetto né la sua vice hanno avuto un solo centesimo in cambio della loro benevolenza, e neppure nessun tornaconto personale, né diretto né indiretto. Forse con un’eccezione – sulla quale però si discuterà a lungo – e cioè quella che riguarda appunto la famosa destinataria delle “frasi ingiuriose”  di cui parlavamo  inizialmente: la colf del prefetto, Maria Luce De Ronzo. Sempre secondo l’accusa, il prefetto e la sua vice costrinsero in pratica Mascarino ad assumere in una delle sue Coop, la Zoe, la colf che Malfi non aveva mai messo in regola con i contributi.

La storia nella storia della signora De Ronzo condurrà ad una prevedibile battaglia processuale (dopo quella già condotta davanti al gup) tra i pm ed i legali di Malfi a proposito delle intercettazioni che hanno consentito di portarla a galla. 

Insomma un processo che si annuncia infinito proprio per il numero dei testi: ma la presidente del collegio giudicante Enrica Bertolotto ha già ammonito che non tollererà testimonianze pleonastiche programmate solo per perdere tempo.

Si riprende appunto questa mattina: in giornata sono attese anche le deposizioni di alcuni degli ospiti delle Coop dirette da Mascarino.

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