La lettera inviata ieri dall’Asl To4 al benefattore vercellese Carlo Olmo, l’uomo per cui non ci sono più aggettivi visto il suo impegno e le vite che, probabilmente, ha salvato, la quale riportava una richiesta accorata di aiuto a reperire quei tanto preziosi dispositivi di protezione che lo stesso Olmo di sua iniziativa è riuscito a far arrivare in quantità, rappresenta in modo plastico lo sbando della strategia pubblica almeno nella gestione di questa fondamentale parte della lotta la coronavirus (leggi qui). Già perché se una Asl, grande e strutturata, non riesce a soddisfare tramite i canali ufficiali (la Regione, l’Unità di Crisi, il Governo) le sue fisiologiche necessità, vuole davvero dire che nel piano messo in piedi in Piemonte qualche cosa non funziona. Ed è necessario porvi rimedio quanto prima.
Che vi siano oggettivi problemi con la strategia piemontese per affrontare il virus, la quale al di là delle dure restrizioni ai cittadini con annesse sanzioni non pare avere fatto quello scatto organizzativo decisivo, è un fatto che ormai più di un soggetto, tra addetti ai lavori, associazioni rappresentative, ordini di medici e infermieri, sindacati, associazioni civiche, nemmeno troppo velatamente lamenta.
Il punto è sempre lo stesso: mascherine e dispositivi di protezioni introvabili (per l’organizzazione pubblica perché poi Olmo ci riesce benissimo), medici e infermieri mandati in trincea privi dei più elementari dispositivi di protezione, tamponi e test fatti con il bilancino, decisioni annunciate e cambiate in poche ore. Tutto ciò, mentre il Piemonte continua a registrare la percentuale di malati più alta del Nord, siamo al doppio rispetto al Veneto, addirittura con il capoluogo, Torino, divenuto maglia nera in Italia. Ma avendo delle strategie ancora poco chiare (esami a casa sì o no? Tamponi a tutti, oppure no? Test del sangue sulla immunizzazione non pervenuti e ospedali ancora sotto enorme stress).
Lo fa notare ad esempio, oggi, il sito di analisi politica LoSpiffero, che sottolinea una impasse decisionale e strutturale, che sta creando sconcerto.
Lo Spiffero offre una interessante, e anche molto critica, radiografia di come sia strutturata la complessa macchina degli interventi che la Regione guidata da Alberto Cirio ha messo in piedi, che di seguito riportiamo per comprendere come funzioni l’apparato decisionale, una struttura composta da due organismi. Le critiche su questi apparati sono da più parti per una gestione che mostra “troppe falle e, soprattutto, carente di una visione d’insieme dell’emergenza, di un “modello” da applicare” (leggi qui)
Il Piemonte, scrive Lo spiffero, di fatto possiede due organismi, mutuati dal livello nazionale.
L’Unità di Crisi e il Comitato Tecnico-scientifico, tutti con sede in corso Marche a Torino dove c’è la Protezione civile.
Il Comitato Tecnico Scientifico che, faticosamente, Lo Spiffero ha ricostruito nelal sua composizione, ha come presidente il dottor Roberto Testi, insigne e notissimo anche a livello internazionale medico legale, un professionista di caratura e di grande competenza nel suo campo. A lui si affianca Franco Ripa, direttore della programmazione sanitaria della Regione. Il dottor Testi guida un organismo in cui figurano un magistrato, Marcello Tatangelo (l’altra toga, in pensione, Antonio Rinaudo sovrintende invece l’area giuridica dell’Unità di Crisi), e in cui vi sono i due rettori delle Università piemontesi, Stefano Geuna e Giancarlo Avanzi. Vi è poi il commissario di fresca nomina della Città della Salute Giovanni La Valle, il direttore sanitario del Maggiore di Novara Roberto Sacco, la collega dell’Asl Elide Azzan, il primario di chirurgia del San Giovanni Bosco di Torino Sergio Livigni, il primario di anestesista delle Molinette Maurizio Berardino, il direttore dell’elisoccorso Roberto Vacca e, ancora, il responsabile Dea dell’Asl To4 Paolo Franzese (la stessa asl To4 che ha ieri chiesto aiuto a Olmo), i dirigenti della Protezione Civile Daniele Coffarengo e Gaetano Noè, il direttore della farmacia delle Molinette Francesco Cattel. Gli “esperti” di virus sono due: Francesco Giuseppe De Rosa, primario di infettivologia delle Molinette, e l’epidemiologo Enrico Pira. Evidente mancanza, fa notare Lo Spiffero, è quella di non aver coinvolto una autorità indiscussa della materia infettivologa, ossia il Primario di tale settore all’Amedeo di Savoia Giovanni Di Perri.
Il Comitato scientifico avrebbe un ruolo strategico chiave anche nella tanto attesa Fase 2, ossia la parziale uscita dal lockdown che deve imprescindibilmente avvenire, tracciando linee guida e strategie anche ono prettamente sanitarie. Tanto che c’è chi dice che debba anche ampliarsi in tempi brevi con ulteriori specialisti: statistici, esperti di informatica per l’adozione di app e sistemi per il monitoraggio (in altre regioni sono già piuttosto avanti), e ovviamente economisti e conoscitori dell’organizzazione del lavoro.
L’Unità di Crisi, invece, ossia l’altra parte di questa struttura di gestione della guerra al virus, è passata dall’iniziale gestione in capo al direttore della maxiemergenza Mario Raviolo – assai criticato ad esempio dall’ordine dei medici – a quella dell’ex direttore delle Opere Pubbliche Vincenzo Coccolo, geologo ed esperto di calamità ambientali. L’unità di crisi dovrebbe avere rapidità decisionale e di intervento. Ma la sua gestione è criticata per la troppa burocrazia (vedi appunto la questione mascherine introvabili o bloccate in dogana, o disperse tra autorizzazioni e corrieri). La nuova gestione Coccolo, spiega ancora LoSpiffero, ha portato a coordinatore sanitario dell’Unità il direttore generale dell’Asl To 3, Flavio Boraso. Dalla stessa azienda arriva la responsabile del settore cruciale dell’acquisto di beni e servizi, Grazia Ceravolo. Vi è poi il dirigente della medicina territoriale Ripa e il dirigente per l’area Protezione Civile, Caffarengo. Mario Raviolo è invece rimasto a capo dell’area maxiemergenza, l’ex pm Rinaudo di quella giuridica.
Questa insomma la struttura che deve agire e programmare l’uscita da questa enorme crisi sanitaria e strutturale. Una struttura bicefala che, in certi campi, pare non avere la necessaria efficacia (vedi il caso dell’Asl To4 e delle mascherine).Su tutti poi vi è la Regione, guidata da Alberto Cirio, che non riesce ancora a uscire dalla sensazione che sia in costante rincorsa delle decisioni, ma con una chiara e concreta tabella di marcia ancora sconosciuta.
Chissà che una buona idea non possa essere proprio quella di tornare ad avere concretezza di azione e decisioni, magari anche sulla falsa riga tracciata da uomini di grandissimo valore e capacità come ha dimostrato di essere Carlo Olmo.
l.a.





