Massimo Melotti, “che parlava con i suoi silenzi”, ricordato al Leone come meglio non si sarebbe potuto fare

L’intervento iniziale di Fiorenzo Rosso

A diciannove mesi dalla scomparsa, avvenuta il 31 marzo del 2021, i vertici del Museo Leone ed un gruppo degli amici più cari, guidato da Roswitha Flaibani, hanno dedicato ieri, nella sala delle Cinquecentine del Museo, una bella serata al ricordo del critico d’arte, docente universitario e giornalista Massimo Melotti.

Massimo Melotti è scomparso il 31 marzo el 2021: aveva 70 anni

Gravemente malato, Melotti non si era risparmiato nell’insegnamento anche negli ultimi giorni di vita e si era sentito male proprio durante una lezione in dad che stava tenendo, da Vercelli, ai suoi allievi di Antropologia Culturale all’Accademia Albertina. Un’infezione cerebrale che gli ha dato il colpo di grazia, a settant’anni. Pochi giorni prima, gli erano morti la mamma, Liliana Pezzana, ed uno dei suoi amici più cari dei tempi di Radio City, Franco Torchio.

L’ex proprietario di Radio City Mimmo Catricalà e il delitto Graneris

La serata di ieri, intitolata “Massimo Melotti – Una vita per l’arte” e condotta da Roswitha Flaibani, è stata garbata, interessante, commovente. Avrebbe dovuto aprirla il presidente del Museo Leone, Gianni Mentigazzi, che però, colpito dal Covid, ha mandato un messaggio, ricordando la magnifica mostra sull’opera dell’incisore Armando Donna, il maestro del bulino, che Melotti aveva realizzato per il “Leone” cinque anni fa.

Ha iniziato la serie di interventi il pittore e fotografo Fiorenzo Rosso, parlando della fondazione di Studio Dieci, una delle più belle realtà artistiche vercellesi, che Melotti, con lui e con altri giovani appassionati (come Giorgio Berardi, Carlo Vanoli, Sandro Bertola, etc) fondò nel 1971. Poi ha parlato il fondatore di Radio City Mimmo Catricalà, ricordando che Melotti fu il primo giornalista dell’emittente, nel 1975 e che, appunto come responsabile del giornaleradio, fu tra i primi ad accorrere sul luogo del più sconvolgente delitto nella storia di Vercelli, la strage della famiglia Graneris, la mattina del 14 novembre 1975, e a dare la notizia. Ma poi Melotti seguì tutto il processo in Corte d’Assise a Novara nei confronti di Doretta Graneris e del suo fidanzato Guido Badini, ottenendo il consenso della Corte a registrare i dibarttimenti, che venivano trasmessi la sera con una audience altissima.

Catricalà ha detto di non avere purtroppo più quei nastri ma di aver conservato una sintesi di un quarto d’ora del processo, che venne presentata al premio giornalistico Saint-Vincent: e ieri il pubblico del Leone ha potuto ascoltarne una breve parte. Poi

ha parlato uno degli amici più cari di Melotti, Nanni Olivero, toccando momenti molto cari di una lunga e e tenace amicizia durate più di quarant’anni: dalle lunghe cavalcate in Baraggia alla creazione di una piccola casa editrice, “Le Masche”, che pubblicò inediti di letteratura fantastica: non durò tanto, ma il libro di un autore anglosassone, William Morris, “La storia della pianura seducente – La terra degli uomini redivivi” ebbe un clamoroso successo al punto di guadagnarsi un’intera pagina nella sezione culturale di Repubblica. Olivero ha sottolineato che Massimo Melotti era molto riservato e che “parlava con i suo silenzi”. E ha aggiunto che fu lui a convincerlo a lasciare Vercelli per andare ad abitare a Torino. Per Melotti fu la svolta della vita con il prestigioso incarico ottenuto di consulente di direzione del Castello di Rivoli.

 

Il ricordo di Nanni Olivero

Roswhita  Flaibani ha poi elencato le collaborazioni di Massimo con l’editrice Tacchini di Vercelli, il sodalizio artistico con Michelangelo Pistoletto, che diede vita alla Città dell’Arte di Biella e ad una grande mostra addirittura al Louvre. E poi il lancio di un’artista geniale in cui Massimo credeva (e a ragione) parecchio: Enrica Borghi. E quindi i suoi incarichi di docente al Politecnico e all’Accademia Albertina. Da quest’ultima è arrivato anche un messaggio del direttore, Edoardo Di Mauro, che ha ricordato l’importanza, nella storia dell’arte contemporanea, del libro più famoso di Melotti: “L’età della finzione”. Proprio il libro che Melotti, per un tragico destino in compagnia di un’altra cara persona poi scomparsa durante la prima ondata di Covid, il docente universitario Gigi Bulsei, presentò, nel 2019, nella Sala delle Cinquecentine del Leone.

Tutta la presentazione è stata corredata di immagini e di filmati. I tanti amici presenti erano grati agli organizzatori, e commossi.

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