Le sciantose di Lucini al Museo Storico Etnografico

Il Museo Storico Etnografico di Romagnano Sesia ha ospitato la presentazione del libro “Lucciole vagabonde del Caffè Concerto. Storie di sciantose e canzonettiste a Napoli e nell’Italia di fine Ottocento”. A parlarne l’autore Gianni Lucini, affiancato dall’attrice Eleonora Pizzoccheri che ha letto alcuni brani.

La “sciantosa”, dal francese “chanteuse”, non è una semplice cantante: si può tradurre anche come “prima donna” o, passando all’inglese, “star”. Erano donne che dominavano il palco prima di tutto con il loro fascino. Le canzonettiste, invece, malgrado fossero a loro volta molto affascinanti, si distinguevano soprattutto per il loro talento vocale.

La ricerca di Lucini su questo mondo è partita dalla realizzazione di un primo libro: “Luci, lucciole e canzoni sotto il cielo di Parigi. Storie di chanteuses nella Francia del primo Novecento”. Dalla Francia, su suggerimento di diversi lettori, è poi passato all’Italia.

«È stato più difficile – ha spiegato Lucini – perché in Italia si è fatto molto per dimenticare. L’immagine di queste donne si è modificata nel corso del tempo e c’è stata una tendenza a cancellarle».

Napoli è stata la patria delle sciantose italiane: «Il mondo del Caffè Concerto nasce e muore a Napoli – spiega lo scrittore – chi si faceva conoscere in Italia aveva poi la possibilità di diventare famosa anche all’estero. È proprio a Napoli, poi, che nascono le prime case discografiche, con contatti anche con gli Stati Uniti. Alla fine dell’Ottocento, questa città era la capitale europea dello spettacolo».

Ma le sciantose provenivano da varie zone d’Italia: erano molte le bambine e le ragazzine che sognavano la città campana per diventare qualcuno. Lucini ha raccolto le storie di trenta di queste donne, quasi tutte note solo con il nome d’arte. C’è la vita avventurosa della “donna più bella del mondo”, Lina Cavalieri, accusata di spionaggio e morta infine sotto un bombardamento. C’è l’ascesa di Annita di Landa, nata nella vicina Graglia, modella a Torino e approdata poi sul prestigioso palco di Napoli.

«Malgrado si esibissero in luoghi che non erano certo pensati per il popolo, queste donne erano amate dalla gente. C’era un rapporto di affetto con il popolo, perché loro stesse venivano da lì. Due di loro sono addirittura considerate come sante dal popolo napoletano». Le loro vite, però, non furono mai semplici: molte di loro incontrarono una morte violenta. Lo stesso fenomeno del Caffè Concerto era destinato a spegnersi in breve tempo: «In Francia, il genere si è evoluto – ha concluso l’autore – in Italia l’irrompere del fascismo l’ha stroncato. Oggi questa forma di spettacolo, che aveva come riferimento il circo, non trova niente di comparabile».

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