La Pro merita ancora un atto di fede

 

Vercelli – Scrivo queste righe cercando di spogliarmi totalmente dalla condizione di tifoso innamorato della Pro. Come tifoso sono anch’io furente e disilluso, ma come cronista devo ritrovare calma e sobrietà cercando di ragionare sul “come” si possa uscire da questa situazione a dir poco problematica in cui società e squadra si sono cacciate.
E’ evidente e persino pleonastico dire che si sono commessi degli errori (e quali errori), se no non saremmo a questo punto. Errori che commettono, in A come in B, ma anche nelle categorie inferiori, società costrette, da bilanci e incassi, a fare le classiche nozze con i fichi secchi, ma anche società blasonate che pure possono permettersi di non badare a spese: un esempio per tutti, il Milan di Fassone e Mirabelli.
Ovviamente nessuno può pensare che i nuovi dirigenti del Milan abbiano fatto apposta, per una sorta di sindrome masochistica, a costruire una squadra fragile e mal assortita, così come non si stanno certo divertendo i dirigenti del Benevento piuttosto che del Verona o della Spal, che annaspano in fondo alla classifica.

I tifosi della Pro sostengono, non a torto, che in questa stagione si sia partiti con il piede sbagliato e che i nodi di una squadra con evidenti lacune (giocatori inadatti alla B, altri adatti ma svogliati e demotivati) stianno venendo adesso al pettine. E, così dicendo, hanno individuato nel ds Massimo Varini il responsabile della catastrofe: durante la conferenza stampa convocata appena dopo la sconfitta interna con il Cittadella, Varini ha parlato a lungo, addossandosi tutte le responsabilità, e, mentre il ds parlava, sul sito della Pro Vercelli, arrivavano messaggi molto critici dei tifosi che venivano puntualmente rimossi da qualcuno: il che ha esacerbato ancora di più gli animi.
Su Varini avrei un paio di cose da dire. Fin dalla sua uscita sulla Pro che non è il Real Madrid, la tifoseria ha preso cappello. Poi il ds ha infilato un altro paio di topiche e il contrasto si à acuito, fino al punto di totale rottura. Ma visto che, a mio avviso occorre sempre essere obbiettivi, va segnalato il fatto che Varini ha anche chiesto pubblicamente scusa per certe frasi non troppo felici. Ed io ritengo che chi chiede scusa (impresa sempre più difficile in questi tempi ruggenti e manichei) meriti sempre rispetto.
Chiuso, almeno per ora, l’argomento Varini, è assolutamente necessario concentrarsi sull’immediato futuro, prendendo spunto dalle parole del Presidente Secondo, che ha annunciato almeno quattro rinforzi. Prescindendo dal fatto che noi non saremmo partiti da Pigliacelli (e l’abbiamo anche detto al Presidente, e lui ci ha motivato il perché), occorre assolutamente riflettere su questo impegno, e avere un po’ di fiducia. Certo, la Pro non potrà sostenere impegni economici esorbitanti (il nome di Matri era una bufala mega galattica: tanto valeva fare quello Dybala, pure lui non troppo utilizzato nelle ultime settimane dal suo mister), ma Secondo e il suo staff faranno di certo il possibile per rimediare agli errori di una campagna acquisti in gran parte errata, fatta di scommesse, purtroppo non vinte.
L’operazione salvezza si annuncia problematica, ma non impossibile. In fondo alla classifica, triste e solitaria, la Pro riesce comunque a intravedere a distanze non ancora irrecuperabili le squadre che stanno battagliando a ridosso dell’area playout, ed i punti in palio dal 20 gennaio sono ben sessantatré. Perché dunque cantare in anticipo il de profundis? Non per ripetere le solite litanie, ma senza questi vituperati ex dirigenti della Pro Belvedere (c’è ancora qualche irriducibile giapponese che dal suo atollo continua a rilanciare questa solfa) oggi la Pro Vercelli o non esisterebbe più o sarebbe confinata nelle serie minori dei dilettanti. E questo è un particolare non trascurabile.
In 54 anni di passione (prima da tifoso, poi da giornalista) ho visto crisi gravissime, ho salutato la salvezza a tavolino nel 1965, ottenuta grazie all’appello delle altre squadre del mitico Quadrilatero (primo firmatario il tanto vituperato, oggi, Novara), ho assistito al dramma dello scivolone nei Dilettanti nel traumatico 1990, dopo il disastro di Pontedera; ho salutato la risaltata targata Ezio Rossi, ho trepidato per il Comitato Salva Pro degli amici Franco Casalino, Felix Lombardi, Gino Tarricone, Filippo Campisi e Alessandro Scheda, salutato l’avvento di Vero Paganoni (un altro mecenate insultato da gente senza arte né parte) e finalmente plaudito all’avvento di Secondo.
Insomma, nella sua storia ultra centenaria, la Pro è stata spesso lì lì per sparire dalla scena nazionale del calcio, ma poi l’ha sempre sfangata, con gioia di tutti noi. Oggi sta sostenendo un torneo di serie B assolutamente impensabile non più di dieci anni fa. Più volte, Secondo ha lanciato appelli alla città per essere aiutato e, come ai tempi del famoso proclama di Marcelli Bertinetti sul pugno di riso, la città gli ha risposto picche. Ha continuato da solo, facendo bene, ma anche sbagliando. Forse l’errore principale del Presidente è quello di non aver attuato – per motivi sentimentali, penso – quella radicale trasformazione da società condotta un po’ familiarmente (con gli amici fidati) a società decisamente più manageriale. Ci sta comunque provando e, in ogni caso, e questo deve essere ben chiaro a tutti: oggi, a Vercelli, non ci sono alternative. Il vecchio adagio vercellese “metà paròli, metà sold” è quanto mai attuale e calzante. Qui i “sold” li tira fuori solo lui.

Poi evidentemente, fa errori, non è un personaggio simpatico (per capirci, alla Celoria), e lo sa. Ma si è preso un impegno e, soprattutto, non lo ha mai disdetto. Dunque, cari tifosi, seppelliamo l’ascia di guerra e concediamogli ancora fiducia, Varini e non Varini, Atzori e non Atzori. Era forse troppo facile, nel delirio del 10 giugno 2012, oppure in quello del 7 giugno 2014, essere con la Pro e cantare a squarciagola inni e peana. Oggi è assai più difficile, ma occorre stringersi a coorte e fare un ultimo atto di fiducia, se non in di fede. La storia della Pro lo merita.

ENRICO DE MARIA

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