Quando la misoginia è una questione di righe, non lette

Ieri in mattinata, in un articolo, abbiamo segnalato – con l’intento di far conoscere ai più quali reali eccellenze si annoverano tra gli intellettuali che operano a Vercelli – il prestigioso incarico internazionale che è stato conferito alla preparatissima Maria Napoli, professore associato dell’Upo, nonché linguista tra le più importanti in Europa, la quale è stata nominata dal professore di Linguistica Generale dell’Università di Helsinki, Matti Miestamo, nuovo redattore capo di “Folia Linguistica Historica” per il periodo 2020-2023 (leggi qui), rivista tra le più quotate a livello globale nell’ambito di studi storici e linguistici. Un articolo di 21 righe sul pc, che diventano 40 se osservate nella visione “ristretta” del cellulare, per descrivere le capacità di questa donna, che sta ottenendo successi mondiali e, in un qualche modo, dà lustro anche a Vercelli.

 

Perché ho sottolineato il numero di righe dell’articolo, vi domanderete, nell’incipit che avete appena letto? Perché, paradossalmente, questo nostro intento ci ha attirato curiose critiche che alludono al sessismo e a un non ben chiaro scivolone in cui saremmo incorsi per screditare una donna o “la donna”.

 

La story di Michela Murgia con le critiche al nostro pezzo

Spieghiamo: qualche ora dopo che l’articolo è stato pubblicato, nel pomeriggio, appare un post sulla story di Instagram (la story è un brevissimo video pubblicato su un social inerente un argomento del giorno) di Michela Murgia, nota scrittrice, blogger e drammaturga italiana, autrice del bestseller Accabadora e vincitrice di vari premi come il Campiello e il Dessì; donna nota anche per le sue posizioni assai critiche contro Salvini e la Lega, schierata un anno fa con Luciana Littizzetto a favore della Open Arms, e protagonista di pesanti liti, tra insulti subiti e comparsate in tv (leggi qui e qui), sempre contro l’ex vicepremier, nonché da sempre schierata a difendere (correttamente diciamo noi) i diritti delle donne oggetto di discriminazione. Ebbene, in questo post su Instagram si legge “Complimenti a TgVercelli che per fare i complimenti alla prof. Maria Napoli riesce a parlare 3 righe di lei e 6 del marito” e subito dopo una foto dell’incipit dell’articolo di cui vi abbiamo detto ripresa nella versione “cellulare” corredata dalla scritta “cosa c’entra?”, con l’aggiunta “segnalato da @PELSSS_4” (vedi foto).

 

Ecco come e dove proseguiva il nostro articolo

Ora, a parte il discutibile italiano del post (per dire, la ripetizione della parola “Complimenti” in meno di una riga e mezza, pur nella volontà di elogiare TgVercelli, non è certo roba da fine letteratura, o magari si tratta di una licenza da linguaggio social che ci sfugge…), l’appunto che ci è stato rivolto sul conteggio delle righe a favore o meno di una donna, in questo caso la Professoressa Napoli, ha del comico. Già, perché né la blogger Michela Murgia, né colui o colei che ha segnalato quello che si vorrebbe far passare per uno scivolone maschilista, si sono accorti che l’articolo non era composto di quelle sole 9 righe ma, come abbiamo detto all’inizio, di ben 21 righe se lo si legge da Pc o 40 se lo si legge sul cellulare. Quaranta righe in cui vengono descritte nel dettaglio le competenze e le capacità della professoressa Napoli (la quale, per inciso, ci ha anche cortesemente e calorosamente ringraziato per la notizia pubblicata). Quaranta righe che, sfortunatamente per chi ha voluto sollevare questa polemica, alla riga nove sono inframmezzate (nella visione da cellulare) da un blocco pubblicitario (vedi foto).

Insomma, dopo l’incipit, incriminato, scambiato per articolo completo, bastava scorrere verso il basso e leggere il resto del testo. Cosa che, evidentemente, non è stata fatta, forse per semplice sbadataggine o magari per un annebbiamento improvviso della vista, alterata dal sacro fuoco della vendetta contro un giornale, il nostro, che andava accusato di misoginia per aver dedicato un numero di righe inferiore alla moglie rispetto a quelle per descrivere il di lei marito.

Ovviamente, questo episodio va lasciato andare per quel che è, un errore.

Sento però la necessità di ribadire un concetto: io e il giornale che dirigo siamo da sempre e incondizionatamente al fianco di coloro che in modo sacrosanto difendono i diritti di chi ancora oggi viene discriminato/a per questioni sessuali, politiche, di genere, di religione o di provenienza. Su questo non c’è dubbio e non voglio fraintendimenti.

Ciò che è accaduto con questa critica ricevuta, seppure minima e alla luce dei fatti ridicola, deve comunque far riflettere: sia sulla pochezza dei contenuti diffusi in rete, lanciati senza controlli o approfondimenti, solo perchè generino contatti, indignazione e i cosiddetti “clic”, cioè persone che li leggano e, a loro volta senza approfondire, li commentino o poi li diffondano. Sia sul pericolo sempre latente che certe posizioni, condivisibili e più che giuste, se decontestualizzate e portate all’estremo, quasi fossero religioni o sacre missioni, possano portare a intravedere fantasmi dove non ci sono e a creare nemici laddove, invece, basterebbe una maggiore capacità di informarsi, ascoltare, leggere e approfondire.

A Michela Murgia, che poco conoscevo e della quale non ho ancora letto alcun libro, ma dopo questo mio articolo prometto che volentieri appena possibile rimedierò, e alla segnalatrice/tore @PELSSS_4 invio una virtuale stretta di mano. Tutto a posto per me, per noi, e un consiglio: come per le medicine o per sottoscrivere un contratto, nella vita conviene sempre leggere tutto e fino in fondo prima di agire.

 

 

Luca Avenati

 

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