Resterà in esposizione temporanea al Museo Borgogna fino al 9 agosto 2024 La lapidazione di Santo Stefano, opera attribuita alla bottega di Bernardino Lanino, ora di proprietà di Banca Patrimoni Sella & C. Il dipinto è stato collocato nella Sala delle Vele laddove potrà condurre un dialogo ideale con gli altri capolavori del Cinquecento piemontese, presenti in pianta stabile nelle collezioni della pinacoteca vercellese.
Con questo gesto BPS prosegue la collaborazione con il Museo, avviata nel 2018 con l’inserimento permanente dell’Adorazione del Bambino con i santi Francesco d’Assisi e Antonio da Padova di Gerolamo Giovenone.
La lapidazione di Santo Stefano, olio su tela riscoperto in una collezione privata e successivamente acquisita da BPS nel 2022, prima di divenire l’occasione per l’avvio di una serie di studi confluiti nel catalogo di Edizioni Palazzo Bricherasio, è stato oggetto di un accurato restauro che ne ha riportato in vita la cromia originale, danneggiata da una spessa patina di vernice ossidata.
Inoltre, aspetto fondamentale ai fini della ricerca, la diagnostica aveva permesso non solo di collocare l’opera intorno agli ultimi anni del Cinquecento, ma anche di stabilire che fosse copia di un archetipo di Bernardino Lanino (Vercelli ? ante 1514 – Vercelli ante 1583), pittore del quale non occorrono certo molte presentazioni, tanta è la sua fama. Influenzato agli esordi da Gaudenzio Ferrari, ben presto ne abbandona la scia per calarsi nello spirito del tempo, offrendo una sua personale poetica, mitigata dall’interesse per Leonardo e Bramantino, che profuma di Maniera e, per certi versi, anticipa di qualche decennio i primi echi del Seicento.
Il dipinto che ci interessa era conservato presso la Chiesa di San Sebastiano, a Biella, fino al 1816. In tale data fu venduto dall’abate Piazza ad Andrea Montebruno, antiquario genovese in confino a Biella, insieme ad una Presentazione al Tempio, forse di Francesco Francia, per 150 franchi complessivi. La tavola originale del Santo Stefano del Lanino, con ogni probabilità, potrebbe essere riconosciuta in quella passata a un’asta ad Amsterdam nel 1909 come opera di Giulio Romano (autore a sua volta di una Lapidazione a Genova) e, da allora, non più rintracciata.
Creata all’interno della bottega del Lanino stesso, la Lapidazione di Santo Stefano è l’esemplare più vicino, fra quelli noti, all’originale perduto. In occasione delle celebrazioni per i 250 anni della Diocesi di Biella, l’opera viene esposta dapprima negli spazi esterni del Palazzone, sede di BPS. Successivamente è stata collocata al Duomo di Biella dove, accanto a un’altra copia del medesimo soggetto, di proprietà del Capitolo Cattedrale, ha creato l’opportunità unica di ricostruire, attraverso la messa a confronto delle copie, l’originale oggi smarrito e documentarne la fortuna come dimostra il numero di repliche che ne hanno consolidato l’apprezzamento.
Il martirio di Santo Stefano è stato molto frequentato dagli artisti del XV e, soprattutto del XVI secolo. Ricordiamo gli esemplari più celebri: quello di Gentile da Fabriano del Kunsthistorisches Museum di Vienna (1423-1425), di Lorenzo Lotto dell’Accademia Carrara di Bergamo (1513-1516), di Vittore Carpaccio della Staatsgalerie di Stoccarda (1520), del già menzionato Giulio Romano nella chiesa di Santo Stefano a Genova (1521), della bottega di Pieter Van Aelst su disegno di Raffaello, arazzo del 1515-1519 custodito alla Pinacoteca Vaticana, per arrivare a quello più tardo di Rembrandt del Musée des Beaux-Arts di Lione (1625).
Come è scritto negli Atti degli Apostoli Santo Stefano è stato il primo martire cristiano, condannato alla lapidazione secondo la legge mosaica, verosimilmente nel 36 d.C. Come vuole l’iconografia, il Santo è raffigurato al centro della scena mentre i suoi aguzzini sono in procinto di scagliargli addosso le pietre. Nel dipinto del Borgogna Stefano sta congiungendo la mani in segno di preghiera e rivolgendo uno sguardo di pietà, già consapevole di quale sarà il suo destino. Un atteggiamento simile si riscontra in Lotto, mentre in Giulio Romano, dove l’intera scena si svolge su due registri, il Santo allarga le braccia verso l’alto dove sono il Padre e il Figlio.
Qui invece lo spazio è totalmente occupato dalla figura centrale del Santo, circondato da cinque personaggi, due ai lati e tre dietro di lui, che si accingono a lapidarlo. Sulla sinistra un giovane, che non sembra appartenere alla truce congrega, abbigliato con un mantello rosso che richiama le vesti del martire, e che osserva con apprensione l’imminente sofferenza del malcapitato. Anche il paesaggio sembra partecipare al supplizio coi suoi toni scuri e i nuvoloni incombenti. L’unico spiraglio di cielo azzurro si apre sullo sfondo dove troneggiano le montagne imbiancate.
Ci troviamo di fronte a un testo figurativo molto impattante per quell’epoca, ammantata dai dettami imposti dalla Controriforma. De invocatione, veneratione, et reliquiis sanctorum et sacris imaginibus è il decreto ufficiale del 1563 con cui la Chiesa cattolica, riunita nel Concilio di Trento, si esprime sulla trattazione delle immagini sacre. Da quel momento le opere d’arte dovranno avere una funzione esclusivamente didattica, utile cioè all’educazione dei fedeli. Le scene raffigurate saranno quindi chiare e semplici, in altre parole il più possibile comprensibili da chi le osserva.
A nostro avviso è proprio in caso della Lapidazione di Santo Stefano che nella sua semplicità iconografica risulta di immediata comprensione ai più. La lezione di Lanino, manierista e protobarocca, è stata bene assimilata dalla bottega alla quale faceva capo. È risaputo che a partire dagli anni ’70 del Cinquecento le commissioni erano sempre in aumento, ma purtroppo lo era pure l’età anagrafica dell’artista che non consentiva più un impegno come in gioventù. Perciò egli si affidò sia ai figli che ai suoi allievi, i quali non tradirono i precetti del maestro. Per restare vicino a noi, prova ne siano gli affreschi dell’Oratorio di Santa Caterina a Costanzana.
In tal modo il genio di Lanino continua a raccontarci, da cinque secoli a questa parte, un periodo tra i più floridi che l’arte vercellese abbia mai conosciuto. La stessa arte che è custodita nelle chiese, nei palazzi cittadini e al Museo Borgogna dove prosegue i suoi fasti, arricchendosi, seppure per pochi mesi, di un’ulteriore tessera: la Lapidazione di Santo Stefano che, ci sentiamo di consigliare senza indugio alcuno, vale una bella visita, sempre utile ad arricchire la nostra conoscenza.
Massimiliano Muraro
Abbiamo l’opportunità di vedere la bella
“LAPIDAZIONE di Santo Stefano”,
pur sempre attribuita alla bottega di Bernardino Lanino,
ora di proprietà di Banca Patrimoni Sella & C.
Dobbiamo ringraziare il generoso prestito dei biellesi.
Con la città dell’Orso, il pensiero corre veloce
ad un già famosissimo maestro biellese vivente,
ora alla Manica Lunga (e/o Larga ?)
anche esposto un suo autoritratto
che pure meriterebbe di esser visitato
nella spelndida cornice del Castello di Rivoli
dove si espongono opere del Maestro
in una quasi concomitante esposizione:
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Michelangelo Pistoletto. Molti di uno
A cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria
dal
2 novembre 2023 al 25 febbraio 2024
Manica Lunga
Inaugurazione: 1 novembre 2023
https://www.castellodirivoli.org/mostra/michelangelo-pistoletto/