Autofilmandosi in quelli che non poteva immaginare fossero i suoi ultimi minuti di vita, il giovane vercellese Kevin Laganà ha, se pure inconsapevolmente, tracciato un solco fondamentale tra il sistema di lavori sui binari “prima” della tragedia del 30-31 agosto 2023 e “dopo”.
Sono in corso le indagini da parte della Procura della Repubblica e, prima di emettere sentenze sui giornali (anche se il quadro sembra ormai purtroppo chiaro e sconvolgente), occorrerà attendere che siano finite, che la procura si pronunci, e che poi, dopo le decisioni del gip o del gup, si vada a processo.
Ma tralasciando tutto il pur importante, anzi fondamentale, iter giudiziario, un fatto ci sembra inequivocabile: quel filmato di Kevin, recuperato con intelligenza dal cugino, e consegnato alla magistratura, e poi diffuso, farà sì che d’ora in poi nessuno di azzarderà mai più nel nostro Paese, da Bolzano a Siracusa, a mandare qualcuno a lavorare sui binari senza che ci sia la certezza assoluta che il traffico sia stato completamente interrotto.
Di più: anche di fronte a ordini perentori che, per assurdo, qualcuno potrebbe ancora impartire, nessun lavoratore accetterà più di battere un solo chiodo senza la certezza di quell’interruzione che, quella sera, non arrivò mai.
Con il suo filmato, Kevin ha messo un’ipoteca sulla sicurezza, in futuro, di centinaia di colleghi, e nessuno, grazie a lui, morirà più in modo assurdo. Perché quel filmato diventerà la bandiera delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori, e sarà sventolato in tutti i cantieri, non solo in quelli ferroviari. E sarà sempre più difficile per chicchessia ripetere senza riflettere più volte quell’”oltraggio alla convivenza” alla denunciato dal Presidente Mattarella il giorno dopo la strage.
Su quella disgrazia si poteva dire e scrivere tanto, e difatti si è detto e scritto tanto, ma quelle immagini valgono tutti i dibattiti del mondo sulla sicurezza nel lavoro. C’era un sistema perverso che non teneva conto di norme elementari di sicurezza, per criminale pressappochismo, per profitto? La magistratura ce lo dirà con certezza. Se c’era, il filmato di Kevin ora lo ha sbriciolato, se non c’era nessuno penserà mai più di instaurarlo.
Poco prima di morire su quel maledetto tratto ferroviario, Kevin ha mandato un messaggio a suo padre Massimo: “Papà ti amo”. Poi, inconsapevolmente, ne ha mandato un altro all’Italia intera: “Mai più morti così”. E tra dieci, venti, cinquant’anni, ogni volta che qualcuno ragionerà sull’apertura di un cantiere troppo rischioso, ci sarà sempre un sindacalista avvenuto che gli ricorderà questo filmato, con il sorriso disarmante di un ragazzo di 22 anni, che avrebbe avuto il diritto di vivere molto più a lungo, insieme ai suoi amici e colleghi Michael, Saverio e ai due Giuseppe. Di questo diritto altri godranno in futuro, grazie a lui.
Edm
Torneremo a vivere
nel giardino di Borrell?