Grassadonia, ma perché quel turn over?

Carissimo Gianluca Grassadonia,
Questa lettera, un po’ cruda nei contenuti, ma talvolta la franchezza paga assai più di mille piaggerie, è per poterle esternare il mio stupore (mio e le assicuro di tanti altri) sulla formazione schierata inizialmente a Foggia. Che senso fa ricorrere al turn over quando, invece dovremmo giocarci “tutte” le partite alla morte e con il miglior undici possibile? In serie A, Rino Gattuso, accortosi di non avere una squadra trascendentale, ma buona appunto nei titolari e un paio di riserve, forse tre, non cambia mai un giocatore che è uno, e cambiava raramente anche fino a quando è stato nelle Coppe: perché, se c’è un obiettivo da perseguire, occorre giocarsi le proprie chances sempre al meglio, da qui sino alla fine.

La gara con il Foggia (squadra assai mediocre, soprattutto in difesa) era abbordabilissima. Invece, dopo il gol di Reginaldo, come ha onestamente ammesso Mammarella, l’undici con poca qualità a centrocampo che lei ha schierato inizialmente, si è fatto mettere all’angolo manco avesse di fronte il Barcellona. Non supportata dai centrocampisti che, conquistata la palla, la perdevano regolarmente, la difesa non riusciva ad uscire dalla sua area e, fatalmente sono arrivati i gol del Foggia, che hanno chiuso il discorso.

Questa è la realtà dei fatti. E per favore smettiamola con le litanie che intanto “dobbiamo pur sempre vincere cinque partite” perché il fatto è che qui non si vince più. Dunque talune dichiarazioni del dopo partita, in cui si parla di una “buona gara” e una squadra che è “viva e lavora bene” ci sembrano quanto meno esagerate.

Priva di attaccanti in grado di finalizzare le poche azioni offensive (e ciononostante abbiamo avuto più palle gol noi del Foggia, per dire la pochezza dei rossoneri), la squadra non è obiettivamente granché, ma con tutti i titolari se la gioca: siamo convinti che con Vives, Ghiglione, Germano, e Castiglia dall’inizio le cose sarebbero andate ben diversamente: il fatto è che pur con una panchina lunghissima, purtroppo, non abbiamo seconde linee all’altezza. Ovviamente, mi riferisco a quelli che ho potuto vedere, e qui ogni riferimento non è puramente casuale.

Le auguro comunque di riprendere subito il filo della matassa perché le sue fortune sarebbero anche le nostre.
Con franchezza

Enrico De Maria

(Tifoso da 55 anni e commentatore di Pro Vercelli da 44)

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