Dario Corradino: chi è il geniale creatore di #madoveletrovi

Il giornalista Dario Corradino

L’uomo che da sette anni ci rende più piacevole il risveglio mattutino e la cui hashtag #madoveletrovi è tra le più ricercate nel Web è un giornalista vercellese di 66 anni: si chiama Dario Corradino, è stato anche responsabile del Web per La Stampa nonché redattore capo centrale del quotidiano di Torino. Adesso dispensa pillole mattutine di buonumore e    organizza camminate verso Santiago di Compostella, oppure da Torino (città in cui abita) a Savona, attraverso tragitti non convenzionali, cui spesso partecipa di persona. E quando ciò accade, i suoi numerosi fans su Facebook – compreso chi scrive – vanno in paranoia. Oltre ad essere diventato un vero fuoriclasse come umorista della Rete, Dario Corradino ha un passato di disegnatore satirico assolutamente degno di nota: con Francesco Leale, era lui il vignettista principe del giornale umoristico “Il Risfurchin” che per qualche anno Marcello Besso stampò a Vercelli.

Una delle perle scovate in Rete da Corradino

Ecco l’Intervista che Dario ha concesso a TgVercelli. Ho lavorato per decenni nello stesso giornale e per molti anni, i primi a La Stampa, fianco a fianco con lui nella redazione di Vercelli e quindi non farò nemmeno finta di dargli del lei.

Dario, quando e come e nata la tua idea che ci accarezza e coccola ogni giorno?

“Nell’ottobre del 2014. Come sai, mi occupavo del Web alla Stampa e spesso accadeva che, esplorandolo, inciampassi in immagini strambe, curiosi, divertenti. Così un giorno scovai la foto di  una Facoltà di Architettura, negli Usa, che aveva un nome così lungo che non stava sulla facciata, e doveva girare su un lato. La pubblicai sulla mia pagina Facebook e, con sorpresa, vidi che la foto (pubblicata senza parole) suscitava molto interesse e divertimento, tanti “mi piace”, tante faccine sorridenti. Così visto il successo, decisi di proseguire e adesso è diventata un’abitudine  che, con mia grande gioia, ho visto che piace e diverte”.

Un’altra perla

Però, se l’immagine è già molto, sono i tuoi commenti la vera forza di #madoveletrovi…

“L’una e l’altra cosa. Ed io sono davvero felice che questo gioco piaccia perché incominciare la giornata con un sorriso è importante, soprattutto in questo momento in cui il  sorriso è sparito dietro le mascherine. Il sorriso, la gentilezza sono le armi per combattere lo stress quotidiano, e visto che, purtroppo, la tristezza nel mondo è in fase crescente, io cerco di arginarla usando Facebook”

Ribadendo l’hashtag della tua rubrica, ma dove le trovi quelli immagini?

Su tanti siti, italiani, ma soprattutto stranieri, siti russi, ad esempio. E poi c’è un sito finlandese che è una vera e propria miniera. Ma adesso sono sempre più i miei amici di Facebook che mi foraggiano, preferendo affidare a me vere e proprie chicche, anziché pubblicarle direttamente. Ciò mi inorgoglisce; quando ciò accade, pubblico e cito la fonte ovviamente”.

Qui Dario ha commentato: “Grazie comunque per lo sforzo”

Sempre più spesso, accanto alle immagini con le tue didascalie folgoranti, pubblici aforismi sensazionali. Sono tutti tuoi? 

“Quasi sempre sì, e se non lo sono cito, quando riesco a saperla, la paternità. Se la frase che mi ha colpito non ha padri riconosciuti, invece, la pubblico così com’è”

Ti capita, di tanto in tanto, che qualcuno non colga l’ironia, e che addirittura ti faccia commenti poco lusinghieri?

“Sì, capita. Per questa ragione cerco di non pubblicare mai immagini e parole divisive. In fondo è la lezione che mi ha insegnato il grande Cecco Leale, a proposito delle caricature delle donne belle e famose. Sul Corriere della Sera, negli Anni Quaranta, ne fece una su Alida Valli, la più bella attrice italiana del momento, che se ne risentì. Da allora, il Cecco non pubblicò più caricature di donne, continuò a farle, ma le custodiva in cassaforte, facendole ammirare solo agli amici. Io cerco di comportarmi così. Ogni tanto ho la tentazione di violare il politically corret, ma cerco di non farlo. Se la mia intenzione è quella di far incominciare bene la giornata al maggior numero possibile di persone, perché allora urtare la suscettibilità di qualcuno? Poi, fatalmente, può accadere che succeda lo stesso, ma non sempre si può piacere a tutti, e questo lo metto in conto”.

Ha mai pensato di radunare in un libro i tuoi capolavori?

“Sì, ma è pressoché impossibile perché le immagini che tu peschi nel Web hanno autori e possono avere anche dei copyright; e qualcuno, a libro pubblicato, potrebbe da chissà dove comparire all’improvviso e rivendicare i diritti. Il rischio c’è e va tenuto in debito conto. Sto studiando da tempo una soluzione che mi consenta di aggirare questo scoglio, ma, francamente, sinora non ne ho intravista nessuna”.

Ti occupi ancora di giornalismo, ora che sei in pensione?

“Tengo un master su ‘Etica e deontologia del giornalismo’ all’Università, e faccio parte dei Collegio territoriale di disciplina dell’Ordine; inoltre collaboro alla redazione degli ‘inserti speciali’ de La Stampa. Adesso ho anche scritto, per la Gribaudo, gruppo Feltrinelli, un libro di cento racconti sui 1500 chilometri di cammino di Santiago che ho fatto in Galizia”.

L’organizzazione dei cammini lungo la via Francigena è la tua altra grande specialità, e se è vero che quando ciò accade, tutti siamo un po’ affranti perché non ci dispensi più, per parecchio tempo, le tue pillole quotidiane di buonumore, va ammesso che sei bravissimo anche come promoter di questi pellegrinaggi. Che cosa racconta il libro?

“Racconta luoghi, situazioni, persone, storie. Racconta soprattutto emozioni. Per farti un esempio, uno dei capitoli è dedicato ad una ragazza che vidi piangere in Praza do Obradoiro proprio davanti alla Cattedrale di Santiago. Di solito lì si è tutti felici perché il pellegrinaggio è finito e ci si scambia pareri ed emozioni, si fanno amicizie. Lei invece piangeva. Non avendo certo l’aspetto del molestatore, mi sono avvicinato e le ho chiesto perché. Sempre in lacrime, mi ha detto che aveva perso gli amici con cui aveva percorso il cammino, ed era disperata. Ho cercato di tranquillizzarla: “Adesso fai un respiro profondo, rilassati e pensa che li ritroverai tra poco, perché qui vengono tutti’. La ragazza ha smesso di singhiozzare e pochi istanti dopo, in un angolo della piazza, ha scorto i suoi amici ed è corsa loro incontro. Poi, di colpo, si è fermata, è tornata verso di me e mi ha detto: ‘Scusa, ma tu sei per caso un angelo?’ Una domanda che mi ha commosso, e che poteva essere fatta solo lì”.

Altra chicca scovata da Dario

Quando hai fatto il tuo primo cammino verso Santiago?

“Era appena morta mia mamma, e l’ho fatto da solo. Era il classico cammino francese, che io ho protratto per ulteriori novanta chilometri per andare a vedere il tramonto al Capo di Finisterre. Lì mi sono innamorato di quella esperienza, e ho pensato di farla condividere ad altri, ponendomi anche nei panni dell’organizzatore”.

E non lo hai mai fatto con la tua bella famiglia, con tua moglie Paola e con tuo figlio Filippo?

“L’ho fatto con Filippo ed è stata un’esperienza entusiasmante perché nelle sei, sette, otto ore quotidiane di cammino hai tutto il tempo necessario per parlare davvero con tuo figlio, facendo una cosa che dovrebbe essere naturale, ma che diventa sempre problematica con i ritmi della vita quotidiana tra lavoro, scuola e impegni vari. Nella vita di tutti i giorni ti manca il tempo. Lì l’abbiamo ritrovato”. 

Oltre alla programmazione dei cammini verso Santiago de Compostella, hai organizzato viaggi interessanti, in altre aree del mondo, dalle Strade di Gesù in Terra Santa agli Ottantotto templi del Giappone, adesso con il medico oculista Gianni Amerio, ti stai occupando del progetto AltraVia, sul quale avete scritto anche un libro, pubblicato da Morellini, cioè la guida ufficiale di un percorso alternativo per raggiungere il mare, da Torino a Savona. AltraVia è un itinerario originale nel verde, da percorrere a piedi o in bicicletta, attraverso Monferrato, Roero, Langhe e monti liguri: duecento chilometri, nove tappe, che stanno incontrando sempre più successo.

“Sì, l’idea di partenza era quella di recuperare una vecchia strada dimenticata, in gran parte collinare, che consentisse un collegamento lento ma suggestivo, da gustare interamente passo dopo passo, colpo di pedale dopo colpo di pedale. Di solito il turismo lento riguarda località montane, qui abbiamo esplorato un altro tipo di viaggio fuori dagli schemi, rifacendoci ad una bella frase Marcel Proust “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuovi orizzonti ma nell’avere nuovi occhi”. E sono già in tanti che hanno scelto di seguire i nostri consigli. Se vi va, venite a vedere il nostro sito www.altravia.info, oppure seguiteci sul canale YouTube www.youtube.com/dariocorradino.

Enrico De Maria

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