Crollato il prezzo del risone, Confagricoltura e Cia ai soci: “Non svendetelo in questo momento, piuttosto stoccatelo”

La conferenza stampa di stamattna (foto Greppi)

“Non vendete il risone in questo momento, perché di fatto lo svendereste: stoccatelo nella vostra azienda o presso terzi e aspettate, senza allarmismi e senza farci prendere dalla fretta, arriveranno tempi migliori”.

Questo, in sintesi, l’appello lanciato questa mattina, nella Sala Borasio di Confagricoltura, nel Palazzo dell’Agricoltore di piazza Zumaglini, dal presidente di Confagricoltura di Vercelli e Biella Benedetto Coppo, dal suo omologo di Novara e Vco Giovanni Chiò, dal presidente della Cia Di Novara, Vercelli e Vco Manrico Brustia, e dal suo vice presidente, il vercellese Roberto Greppi. 

Un appello senza precedenti quello rivolto dai vertici delle due Associazioni di tutela e rappresentanza delle imprese agricole che, assieme, rappresentano poco meno di duemila  aziende risicole dei territorio. Secondo i dati in loro possesso, risultano tuttora non collocate  222 mila tonnellate di risone prodotto nella scorsa campagna risicola: non collocate non significa invendute, perché può accadere che qualcuno abbia già venduto il risone, ma che il prodotto non sia ancora pervenuto all’industria. In ogni caso è una cifra rilevante perché la scorsa stagione risicola era stata in chiara sofferenza causata soprattutto dalla siccità e la produzione era sensibilmente calata.

Può dunque darsi che i risicoltori, preoccupati per il forte calo dei prezzi (oggi siamo a 35 euro al quintale) abbiano già deciso autonomamente di non svendere il risone, ma l’appello di Confagricoltura e Cia è importante perché attesta ufficialmente la presa di posizione dei loro rappresentanti sindacali sulla questione. La terza, importante, associazione, la Coldiretti, pur invitata, ha scelto di non partecipare alla conferenza stampa congiunta e ha fatto sapere, tramite il direttore  provinciale Luciano Salvadori, che la strategia da adottare è quella di “disertare la Borsa risi”, aggiungendo che la sua associazione “È l’unica a prendere questa dura presa di posizione”. Strategia che Confagricoltura e Cia hanno definito nella conferenza stampa inefficace. “Perché non c’è niente di meglio del rapporto diretto – ha spiegato Coppo  – per capire gli umori del mercato”. Dal punto di vista cronisti, segnaliamo comunque anche questo contrasto tra le associazioni.

Tornando alla conferenza-stampa in sala Borasio, a proposito del prezzo “giusto”del risone, Coppo ha citato un’indagine che l’Associazione dei laureati in Scienze Agrarie e Forestali aveva condotto prima del Covid (“e che è quanto mai attuale”) fissando il prezzo corretto del risone a 50 euro al quintale.

La crisi, secondo Confagricoltura e Cia, è stata prodotta da una serie di concause: l’aumento dei prezzi sugli scaffali combinato alla ridotta domanda da parte dell’industria e all’aumento dell’offerta registrata invece dalle aziende agricole er liberare silos e magazzini dal risone invenduto in vista el prossimo raccolto. Coppo, Chiò, Brusa e Greppi sono stati chiari: “E’ necessario dare un segnale forte al mercato: a questi prezzi non è possibile produrre risone. Terminiamo una campagna di commercializzazione in netta perdita col rischio che l’avvio della prossima non potrà che essere economicamente negativo”. Ha detto  Giovanni Chiò: “L’anno scorso la sicietà, adesso questo forte calo del prezzo del risone: la situazione si sta facendo davvero pericolosa”.

Tra l’altro, i dati provvisori di stima sulla semina in corso vedono una riduzione dele superfici a riso di circa 8-10 mila ettari, con uno spostamento a favore dei tondi – che sostanzialmente oggi rappresentano  l’eccedenza ancora invenduta – e, in relazione anche alla ridotta superfici seminata a riso in altri Stati Europei, Confagricoltura e Cia non possono che ribadire la scelta strategica suggerita ai loro risicoltori: quella di non forzare le vendite, di non svendere le partite ancora in magazzino”.

”E’ necessario – è l’esortazione delle due associazioni – riequilibrare il mercato fornendo all’industria quanto richiesto, ma nulla di più, ricreando così le condizioni per il ritorno degli acquisti da parte degli operatori del riso lavorato”.

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