Il Coronavirus e le libertà “decretamente” perdute

Dopo poco più di venti giorni dall’inizio di marzo e dopo ben “otto decreti otto” in fila, salvo ordinanze e norme attuative varie, l’esecutivo Conte ha ridotto il nostro Paese a quello che si potrebbe definire “uno stato di polizia”, con l’esercito in strada e i diritti costituzionali e le libertà della persona, vero cuore e motore della nostra Repubblica, compressi in modo tale che mai era capitato nella storia della nostra nazione.

 

Si tratta di una situazione unica, in cui i provvedimenti temporanei di “reclusione domiciliare per cause sanitarie” imposti agli italiani si stanno, incredibilmente, procrastinando e sono sorretti dal plauso social di migliaia di coronaterrorizzati cittadini.

 

Da un punto di vista costituzionale però, la situazione nel Paese deve iniziare a generare dubbi se non preoccupazione. Proviamo a non pensare, per un momento, all’evidente e straziante emergenza sanitaria, una situazione inimmaginabile anche solo qualche settimana fa. Ma ragioniamo, per quel che si può, su quello che rimane dello stato di diritto, su ciò che ancora possediamo delle nostre libertà, e su ciò che resta di quella che chiamavamo Repubblica. In queste ore diversi costituzionalisti si stanno, in effetti, facendo esattamente questa domanda.

 

Se guardiamo alla nostra realtà odierna, della nostra Repubblica, quella nata dopo la Guerra con il preciso obbiettivo di divergere dal nefasto periodo dittatoriale fascista, i cui principi primi, fondanti, sono la libertà della persona e i diritti, ebbene del tessuto di quella Repubblica oggi rimangono brandelli. Stracciati dalle decisioni di un esecutivo che ha avocato a sé poteri unilaterali, come mai era accaduto, nella clamorosa, totale, indolenza del Parlamento.

 

I DPCM (decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) che nella normale gestione amministrativa italiana non hanno un peso maggiore di quelli degli altri Ministri (semplicemente si chiamano così perché firmati dal presidente dell’esecutivo) e men che mai dovrebbero avere maggior peso rispetto al Parlamento che, per Costituzione, è sovrano, sono divenuti strumenti di incisione profonda nel corpo più intimo dell’assetto di diritto della persona e della libertà, generando una situazione assimilabile a quella di nazioni e cittadini ostaggio. “Non posso uscire di casa senza essere controllato, schedato, e anche in estrema ratio trovarmi multato, con il veicolo sequestrato o peggio anche arrestato”.

 

Tutto ciò, fino a oggi, in assenza totale, da parte del Presidente del Consiglio, di un passaggio relazionale al Parlamento stesso. Ci siamo abituati a subire decreti che sembrano degli editti, che puntualmente ogni due sere (8 decreti in 20 giorni) hanno sottratto libertà e spazi vitali a tutti. Un fatto inaudito. La sensazione è che in questo modo e in meno di tre settimane, siano stati scavalcati i bastioni indissolubili della nostra Costituzione in diversi articoli: la libertà personale inviolabile (articolo 13), la libertà di lavoro (articolo 1), la sovranità decisionale del Parlamento (articolo 1 e altri), i diritti inviolabili (articolo 2), solo per citarne alcuni.

 

Insomma, sull’onda emotiva di una crisi sanitaria definita epocale (coronafifa) è stata affidata a un singolo rappresentante dell’esecutivo, senza però che ciò sia stato giustificato da un recente passaggio Parlamentare, il potere di soffocare un Paese nei suoi gangli fondamentali. E costui ha dato seguito giorno dopo giorno alla spogliazione di libertà e diritti basando decisioni e decreti sulla giustificazione politica di dati sulla diffusione e mortalità del virus che, fino a oggi, in verità, non sono omogenei, certificati, univoci e inequivocabili (quanti dei morti Covid sono effettivamente ed esclusivamente Covid? Quanti contagiati realmente ci sono nelle regioni e in Italia? Il rapporto tra chi guarisce e chi muore lo si può fare se si ha la certezza di quanti siano i malati, oggi in Italia questo dato è incerto visto che i tamponi vengono fatti in massima parte a coloro che giugno in ospedale già malatissimi e con febbre alta). Libertà, si può dire, “decretamente”, ossia per decreto, perduta.

Diritti evaporati con una serie di annunci notturni (modalità alquanto anomala anche questa), sovente incompleti e senza indicazioni chiare, che stanno schiantando il Paese, oggi in ginocchio nella sua organizzazione economica, produttiva e sociale.

 

Siamo quindi al nocciolo: la correttezza o meno del modello applicato dall’Italia (tutti chiusi, tutti nascosti, nessuno libero) e le modalità con cui è stato adottato per fronteggiare il virus, mutuato dal “modello cinese” ossia da quella nazione che, sommessamente ricordiamolo, non solo è uno dei maggiori regimi totalitari, anti liberali, anti democratici, al mondo, ma è anche il luogo da cui tutto ciò è (presumibilmente) partito.

Un modello applicato con una violenza costituzionale (in termini di procedure) senza uguali. Può bastare? Che rimane della nostra Italia?

 

È imperativo sollevare una discussione e una riflessione su questo. Sulla pericolosa compressione delle radici della nostra Repubblica, congelate nel limbo dell’attesa che la curva del contagio raggiunga il picco e che si possa tornare alla normalità. Laddove per normalità semplicemente si intende il diritto inviolabile di uscire di casa senza fornire le generalità a un rappresentante della forza pubblica.

 

Non si poteva prendere una strada diversa? Se l’emergenza è data dalla mancanza di strutture di cura – figlia di una politica ventennale di tagli che oggi paghiamo carissima – non si potevano pensare strutture separate dagli ospedali (per dirne una, visto che già il 20 gennaio era stato decretato lo stato di emergenza sanitaria e magari ci si poteva anche preparare un po’ di più) realizzate temporaneamente con strumenti di fortuna (lì sì che sarebbe stato utilissimo l’Esercito italiano che in tanti luoghi di crisi nel mondo si è distinto per l’eccellenza della gestione delle emergenze) da approntare subito in attesa di ricavare altre strutture più adeguate, utilizzando magari luoghi dismessi, dove “isolare” e curare i covid positivi, lasciando operativi gli ospedali normali, in modo da arginare da subito il contagio e non demolire un Paese bloccandolo in tutte le sue altre attività?

 

È destabilizzante rilevare invece che il Governo pare non abbia una strategia che si muova per obbiettivi certi con tempi di realizzazione e risposte, ma si orienti con decreti corretti e ricorretti lanciati a raffica in conferenze notturne su Facebook alle quali seguono giorni di ulteriori incertezze per norme annunciate ma non ancora approvate. E perché il Parlamento, dopo essere stato tutto controllato sulla positività, dopo che vari suoi rappresentanti hanno sbandierato sui social di essere o meno postivi, con mascherine, dirette e videomessaggi dai luoghi di auto quarantena, ha deciso, di fatto, l’autosospensione? Come può il Presidente della Repubblica avere avvallato tutto ciò?

 

 

A corollario di questa riflessione pensiamo profondamente al valore dei diritti e della libertà, quella libertà che i nostri nonni hanno conquistato con sangue e carne e sofferenze indicibili e che oggi è così pesantemente messa in discussione. Inquieta, in quest’ottica, anche la “profezia” che fece Davide Casaleggio – uno dei riferimenti di chi oggi prende le decisioni – nel 2018: “Forse in futuro il Parlamento sarà inutile” disse (leggi qui https://www.repubblica.it/politica/2018/07/23/news/casaleggio_parlamento_inutile-202476029/ )

 

 

La speranza è che le domande, la discussione, il ragionamento e gli strumenti parlamentari ancora attivi della nostra politica democratica, in questo periodo di disgregazione e sospensione sia del tessuto produttivo/lavorativo che ha grosse possibilità di non riprendersi, sia di quelli che credevamo incrollabili principi costituzionali, abbiano la meglio sull’indolenza. E forse qualcosa si sta muovendo: https://www.fondazioneluigieinaudi.it/passato-il-coronavirus-sara-necessaria-commissione-di-inchiesta-su-gestione-emergenza/?fbclid=IwAR0eVRFDVotPNticm501yUVdck8zeFCwr4Zlo4qjKulI9-3rviSW24-JZdw

 

 

 

Luca Avenati

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