Coronavirus – Adessi di Onilab e il test virologico: “Si aprano laboratori in tutte le province”

Finalmente, dopo le incomprensibili perplessità iniziali, nei più importanti laboratori italiani si sta lavorando per il test virologico sul Coronavirus in grado di conferire una patente di immunità a chi ha già contratto la malattia, in forme lievi o asintomatiche: condizione indispensabile per potere, un giorno, riaprire il Paese. Ad esempio, è notizia di queste ultime ore (e l’ha pubblicata la Sesia on line, in un bel servizio di Mariella Massa), che la DiaSorin di Saluggia sta lavorando in questa direzione.

 

Ma visto che, a livello nazionale, uno degli ideatori di questo test, sperimentato per la prima volta a Robbio Lomellina, è un vercellese (la notizia è finita in prima pagina sul Corriere della Sera, ma anche, per dire, su Al Arabiya), abbiamo pensato di sentirlo perché ci spieghi come è nato il progetto. Il dottor Andrea Adessi, è l’amministratore della ditta Onilab di Milano che, specializzata nella diagnostica di laboratorio, si è accordata con la “gemella” Varelli di Napoli, avviando i test.

 

Com’è nata l’idea, dottor Adessi?

“E’ nata perché ci siamo innanzitutto domandati se all’interno della nostra azienda potesse esserci qualcuno colpito dal Coronavirus, capirete non era un problema secondario. Cosicché abbiamo acquistato i reagenti, che si producono in Cina, e li abbiamo innanzitutto testati su di noi, facendo un semplice esame del sangue e avendo una risposta immediata. A quel punto ci siano domandati se il test non potesse essere diffuso al di là della cerchia dei nostri duecento dipendenti. Un amico mi ha messo in contatto con il sindaco di Robbio, Roberto Francese, che si stava domandando come riuscire a stabilire quanti dei suoi concittadini fossero malati, pur senza sintomi, visto che era ed è tuttora complicatissimo sottoporre a tampone non solo gli asintomatici. Robbio Lomellina aveva avuto quattro vittime, ed il sindaco era sinceramente preoccupato. Me ne ha parlato e siamo partiti con il famoso primo test su 38 volontari, accertando che il 29 per cento delle persone erano o erano state contagiate”.

 

 

Vi aspettavate questo risultato?

“Sinceramente sì perché i 38 volontari erano stati scelti, con l’aiuto del sindaco, proprio perché arrivavano da vicende particolari legate all’epidemia. Ma ci sono state anche sorprese, che ho già raccontato a TgVercelli – leggi qui –  come quella della donna che aveva avuto la polmonite e che è risultata negativa al Covid, a differenza di un’altra signora che, pur avendo avuto solo un giorno 38 di febbre si era subito sfebbrata. Ebbene, quest’ultima non solo aveva avuto il Covid, ma aveva sviluppato anche una forte carica contagiosa. Perché il test virologico consente di anche di “misurare” la carica contagiosa, oltre, ed è questa la cosa più importante, ad accertare la presenza nel sangue delle immunoglobine Igg che conferiscono la auspicata patente di immunità, e questo anche se hai contratto la malattia già da mesi. Abbinata ad un auspicabile tampone di controllo questa è l’unica strada che domani potrà consentite una prima, ponderata ripartenza del Paese”.

 

Si tratta tuttavia di un test molto caro: 45 euro non sono pochi.

“Sono i costi soprattutto dei reagenti, ma se, come io auspico, la sperimentazione si estenderà su larga scala, c’è la speranza che essi potranno diminuire. Colgo l’occasione per dire che quando a Robbio abbiamo eseguito il test successivo in larga scala, su 400 volontari, ho potuto toccare con mano lo spirito di corpo dei robbiesi, davvero fantastico. Un esmepio? Come a Napoli e in altre città d’Italia esiste l’usanza del caffè sospeso, nel senso che tu vai al bar paghi due caffè e un altro che non può permetterselo consuma il secondo, a Robbio c’è stato chi ha optato per uno o due esami virologici sospesi, pagando un test ma anche due agli altri. Una cosa straordinaria.

Tonando alla domanda su costi del test, vorrei far rilevare che qui non c’è in ballo nessun business: una struttura come la nostra può essere in grado, ma con enormi sforzi, di testare un paese come Robbio, ma non certo città più grandi. I nostri compagni di viaggio di Napoli sono stati contattati da Isernia, e pure loro sono in difficoltà a rispondere a questi appelli. Qui si devono muovere il Governo le Regione”.

 

In che modo?

“I laboratori privati ci sono e, parlo della Lombardia, non sono pochi. Si indirizzino tutti verso questa metodologia. In Cina ha funzionato. Deve funzionare anche qui: l’abbinamento tra il test sierologico ed un uso sistematico dei tamponi è l’unica soluzione per intravedere un po’ di luce. Per quanto riguarda il Piemonte, sono felice del lavoro che sta svolgendo la DiaSorin. Qui, ripeto, non deve esistere alcun tipo di concorrenza legato ai profitti, io spero che sorgano strutture come la nostra, anche molto più grandi, in tutte le province italiane ma soprattutto, adesso, vista l’emergenza in Lombardia e in Piemonte. È l’unica chance per rimettere in moto l’Italia. Non ci sono altre soluzioni. Qualcuno apra gli occhi e decida, ma in fretta, per favore”.

 

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