Chiesti altri sei mesi di sospensione per l’ex Prefetto Malfi: sono due le inchieste della Procura

Una lunga serie di reati configurati dall’indagine portata avanti dalla Squadra Mobile della Questura di Vercelli e dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Vercelli, coordinati dalla Procura vercellese, rendono sempre più complicata la posizione dell’ex Prefetto di Vercelli, e attuale Prefetto di Salerno, Salvatore Malfi per il quale era stata disposta nello scorso marzo una ordinanza interdittiva alla quale la stessa Procura della Repubblica si era opposta con un appello perchè l’ordinanza “pur riconoscendo la sussistenza della citata ipotesi di abuso d’ufficio, aveva però rigettato gran parte delle richieste, ritenendo non sussistenti gravi indizi di reato in relazione a molti dei reati contestati”. Ora l’appello ha generato una nuova ordinanza del Tribunale del Riesame di Torino, che chiede una nuova sospensione di sei mesi dalle funzioni per il Prefetto, facendo riferimento a una serie di addebiti che risultano dalle indagini su due filoni di inchiesta.

Per Malfi si parla di abuso d’ufficio, turbata libertà degli incanti con riferimento alle procedure di gara bandite dalla locale Prefettura, frode nelle pubbliche forniture, si parla anche di “intimidazioni e condotte vessatorie nei confronti dei più stretti collaboratori” e in più, nell’ambito di un secondo filone d’inchiesta relativo ai rapporti dello stesso Prefetto con una colf, di estorsione e maltrattamenti. Inoltre, con il Prefetto Malfi, risultano indagate per altri reati collegati all’inchiesta sull’ex Prefetto di Vercelli, anche due funzionarie della stessa Prefettura.

Le novità, come riassume la Procura di Vercelli ricostruendo la vicenda, arrivano come detto dalle risultanze dell’appello contenute nell’ordinanza che il Tribunale del Riesame di Torino ha depositato il 4 giugno 2018, con la quale, accogliendo parzialmente il ricorso, ha “riconosciuto un quadro di elevata gravità indiziaria in relazione a gran parte dei reati contestati, confermando la solidità del quadro probatorio a carico degli indagati così come emerso dalle indagini condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Vercelli e dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Vercelli”.

La prima parte dell’inchiesta fa riferimento al periodo in cui Malfi era Prefetto di Vercelli e individua “indizi di colpevolezza su Salvatore Malfi e sul titolare di una cooperativa vercellese operante nel settore dell’immigrazione in relazione al delitto di turbata libertà degli incanti con riferimento alle procedure di gara bandite dalla locale Prefettura negli anni 2015 e 2016 e rivolte alla selezione di cooperative cui affidare il servizio di accoglienza dei richiedenti asilo sul territorio vercellese”. Le indagini, come ricostruito dagli inquirenti, hanno accertato che la cooperativa è stata “destinataria di trattamenti privilegiati da parte dell’allora Prefetto il quale, reperite strutture idonee ad accogliere i rifugiati, le affidava fraudolentemente all’ente cooperativo, che, per contro, dichiarava falsamente in sede di gara pubblica di aver reperito in via autonoma dette strutture, con conseguente danno per le cooperative concorrenti che venivano estromesse dalla potenziale gestione dei siti. A ciò- prosegue la ricostruzione – si aggiunge il riconoscimento dei reati di falso ideologico a carico dei predetti indagati per aver dichiarato falsamente, sempre in sede di gara, capienze superiori rispetto a quelle reali delle strutture deputate all’accoglienza dei migranti medesimi”.

Per l’ex Prefetto e per il titolare della cooperativa, assieme ad un’alta funzionaria prefettizia, viene poi configurato il delitto di frode nelle pubbliche forniture in relazione alla scarsa qualità dei servizi erogati ai migranti ospitati nelle strutture. Dalle indagini, infatti, sarebbe emerso che “una volta conseguita la gestione del servizio di accoglienza il privato non ha reiteratamente erogato beni e servizi a carico dei migranti secondo gli standard qualitativi e quantitativi previsti dai contratti di appalto stipulati con la Prefettura”. “Numerosi testimoni ed attività tecniche hanno fotografato una situazione di gravissime carenze gestionali – specifica la Procura -, che sono state rese possibili anche grazie alle consapevoli e deliberate omissioni dei controlli di legge da parte dell’ente prefettizio per espressa volontà dei suoi vertici. Nei rari casi in cui le ispezioni sono state effettivamente svolte, tra le quali anche quella da parte dell’Operatore Legale del Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, si è accertato come un’altra funzionaria prefettizia avvisasse preventivamente il titolare della cooperativa in ordine agli imminenti controlli a suo carico”.

Come detto nelle indagini è stata riscontrata anche la condotta illecita di una terza funzionaria prefettizia che, dopo essere stata sentita come testimone presso la Procura della Repubblica, avrebbe riferito ad altri indagati l’oggetto delle informazioni che le erano state richieste dagli inquirenti, condotta che il Tribunale del Riesame ha ritenuto d’integrare nel delitto di rivelazione di segreti inerenti un procedimento penale.

Tutto ciò è emerso nell’ambito delle indagini sulla gestione dei migranti sul territorio vercellese, ma è nato anche un secondo filone sempre a carico di Malfi, che attiene a vicende più personali e si riferisce sia ai rapporti con una collaboratrice domestica sia al reato di abuso d’ufficio per le “gravi intimidazioni e per le condotte vessatorie nei confronti dei più stretti collaboratori, specialmente quelli di sesso femminile”.
Per quel che riguarda la domestica, che prestava servizio nell’alloggio prefettizio, il reato configurato è di maltrattamenti. E sono state delle registrazioni delle discussioni con il datore di lavoro fatte in segreto dalla donna, che la stessa Colf ha conservato, a dare una mano gli inquirenti a ricostruire la vicenda. In pratica dalle registrazioni emergerebbe che la donna è stata costretta, sotto minaccia di licenziamento, ad accettare, nel corso dell’anno 2014, un trattamento retributivo “nettamente deteriore, motivo per cui il Tribunale del Riesame ha accolto l’appello anche in ordine a tale profilo, ritenendo configurato anche il delitto di estorsione a carico dell’ex Prefetto”.

Infine sempre dal Tribunale del Riesame è stato riconosciuto, sempre a carico di Malfi, una ulteriore ipotesi di abuso d’ufficio “in relazione all’appropriazione delle energie lavorative delle dipendenti cui il superiore imponeva di occuparsi anche di mansioni attinenti alla sua vita privata, quali l’acquisto di generi alimentari e la gestione del rapporto di lavoro, di tipo privatistico, con la domestica predetta”.

In relazione a tutto ciò il Tribunale del Riesame, che non ha ritenuto la sussistenza di esigenze cautelari a carico degli altri indagati, ha disposto la misura interdittiva della sospensione dal servizio, per sei mesi, a carico del Prefetto Malfi. Misura che non è ancora esecutiva in attesa che la decisione divenga definitiva, essendo infatti consentito alla difesa del Prefetto, affidata al noto avvocato vercellese Roberto Scheda, il ricorso per Cassazione.

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