Addio a don Osvaldo, che riusciva a rendere la Messa una festa per le famiglie

Caro don Osvaldo, 

Siamo venuti in tanti a salutarti, questa mattina, in Duomo. In tanti, nonostante la giornata feriale, e di metà settimana, le norme anti Covid, che limitano la capienza della Cattedrale, e questa paura generalizzata che ci fa temere di ritrovarci anche con la mascherine, i distanziamenti e tutto quanto. Ma tu eri tu, e non potevamo non esserci.

L’omelia dell’arcivescovo Arnolfo

Io, in particolare. Sei stato il mio parroco alle Maddalene. Ed era bello venire ad ascoltare le tue omelie, all’apparenza così semplici, nella loro chiara essenzialità, ma in realtà, come ha ricordato stamane l’arcivescovo Arnolfo, frutto di giorni e studio, di riflessione. Perché già da allora tu amavi soprattutto parlare ai giovani, soprattutto ai bambini. Ed il Vangelo, all’apparenza così naturale e semplice (ma poi ti dice di pregare per il tuo nemico e di chiedere a Giovanni Battista: “Sei tu quello che doveva venire, o dobbiamo aspettare un altro”? E quindi tanto semplice poi non è) diventa assai difficile da spiegare ai bambini, senza nascondere loro nulla, anche le parti più impervie, se non sei più che preparato.

Il ricordo di don Bracchi

Ed è stato davvero bella la scelta di fare trovare oggi a tutti i presenti in Duomo un libriccino  che, con il corredo di un tua  bella foto sorridente (bella come quella che ti scattò un giorno in pizzeria Massimo Tagliafierro),  comprendeva due tue omelie scritte in occasione della Festa di Ognissanti: una del 2015, centrata singolarmente non sul brano di quel giorno del Vangelo, ma su un passaggio dell’Apocalisse che tu amavi particolarmente, perché descrive il Paradiso; l’altra dello scorso anno quando tu raccontasti la tua predilezione proprio per la festività del 1° novembre, “non per una motivazione di fede, ma per un dolcissimo ricordo di un papà e di una mamma che, tenendomi per mano, mi accompagnavano al cimitero”. “Sul viale, prima di arrivarci – proseguivi (e penso che tu alludessi alla tua Cigliano) – c’era un numero grande di bancarelle con giocattoli e dolcetti che mi riempivano gli occhi di desiderio e un anticipo dei regali di Gesù Bambino ci scappava sempre. Erano le due sole volte all’anno che ci scappava un dono”.

Gianni Brunoro legge il Vangelo

In quella pagina, sempre toccante, tu avevi messo in rilievo il tuo amore per l’infanzia (anche per i ricordi dell’infanzia) e, ovviamente per il Natale. Per te, la Messa di Natale, nella tua San Paolo, era qualcosa di unico e, Covid permettendo, hai cercato in ogni modo di esserci, persino tentando l’impresa che a tutti pareva impossibile, ma non a te, di andare a recuperare un po’ di mobilità – dopo la caduta di febbraio che ti aveva confinato, con le precauzioni anti Virus – alla Casa del Clero, optando poi per il Trompone. Ma non era scritto: all’improvviso, le tue condizioni sono peggiorate e te ne sei andato.

Il “grazie” di Paolo Lizza a nome della famiglia

Quante volte, caro don, in San Paolo sono venuto a parlarle, prima con Cesare Losa, poi con Giulio Pretti e Tony Bisceglia, per organizzare la Mostra Presepe nel Mondo. Ed era il periodo in cui il Presepe non veniva ancora usato come clava per le guerre di religione: organizzare la mostra dei presepi nella sua chiesa era un evento che avrebbe dato gioia soprattutto ai suoi bambini e lei disse subito sì.

Sono solo un paio di ricordi personali, caro don Osvaldo. Ben altre (ed alte) parole ha pronunciato oggi in Cattedrale- dopo la sua biografia letta dal parroco monsignor Cavallone – l’arcivescovo Arnolfo, che l’ha ricordata come animatore (secondo le intenzioni del Vaticano II), come educatore (di scout, studenti e seminaristi) , e come pastore. E qui monsignor Arnolfo ha pronunciato quelle parole che davvero le sarebbero piaciute “Don Osvaldo accoglieva le famiglie con i bambini, perché per lui la Messa era una festa”.

 

La bella immagine sorridente di doin Osvaldo sul libriccino distrubuito durante le esequie in Duomo

Al termine della funzione religiosa, prima che la sua salma venisse portata nella sua amata Cigliano hanno poi preso la parola anche il suo successore alla parrocchia delle Maddalene, don Massimo Bracchi (che ha ricordato, con la voce rotta dall’emozione, come il diacono Gianni Brunoro, suo successore alla Caritas, leggendo il Vangelo di Luca, i suoi vent’anni con lei) e poi, a nome della sorella Elda e della sua famiglia e dei suoi tanti parrocchiani, Paolo Lizza. Ed è stato bello e toccante l’accenno al figlio che lei, essendo sacerdote, non ha avuto, ma che ha trovato in San Paolo: Carmelo Vitellini. Paolo Lizza ha ripetuto in continuazione “grazie, “grazie”, “grazie”.

Ma siano tutto noi, don Osvaldo, che dobbiamo dire grazie a lei per quanto ha donato a ciascuno di noi durante i suoi sessant’anni di sacerdozio, rendendo visibile, come ha sottolineato monsignor Arnolfo, la Carità, che, in fondo, è la missione dei Santi.

Da oggi lei riposa accanto ai suoi genitori e all’amato nipote Mario, scomparso, ancora giovane, poche settimane fa. Vercelli non la  dimenticherà mai, perché non si dimenticano, anzi, si continuano ad ammirare anche nell’oscurità di una pandemia che sembra non avere mai fine, i giusti che risplendono “come astri nel mondo”.

Enrico De Maria

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