“Vola solo chi osa farlo”, addio allo scrittore cileno Luis Sepúlveda

Da oggi il mondo della cultura e non solo quello è più povero. È morto infatti all’età di 70 anni Luis Sepúlveda, scrittore cileno naturalizzato francese, deceduto al Central University Hospital of Asturias di Oviedo dove era ricoverato da fine febbraio dopo aver contratto il Covid-19.

Sepúlveda si impose all’attenzione dei lettori nel 1989 con “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, pubblicato in Italia nel 1993, in cui il protagonista, Antonio José Bolívar Proaño, vive in un paese sperduto del Sud America dove dà la caccia a un feroce felino. Anni prima lui e la moglie si erano rifugiati nella foresta e lì la donna era morta. Accolto dagli indios, viene in seguito da loro esiliato. Rimasto solo inizia a leggere romanzi d’amore fino all’inevitabile scontro tra lui e il tigrillo.

Nello stesso anno esce “Il mondo alla fine del mondo”, nel 1995 il diario di viaggio “Patagonia express. Appunti dal Sud del mondo”, ma è nel 1996 che Sepúlveda consacra la sua fama con la “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, uscito in Italia per i tipi di Salani con la traduzione di Ilide Carmignani e le illustrazioni di Simona Mulazzani. A proposito di illustrazioni, vale la pena ricordare che nel 1998 il regista Enzo D’Alò realizzò il film di animazione tratto dal romanzo e Sepúlveda stesso partecipò al doppiaggio nelle vesti del Poeta.

Tra gli altri titoli noti dello scrittore citiamo “Diario di un killer sentimentale”, “Le rose di Atacama”, “Ultime notizie dal Sud”, “Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico”, “Ingredienti per una vita di formidabili passioni”, fino agli ultimi “Vivere per qualcosa” e “Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa”.

Per comprendere la poetica di Sepúlveda è necessario ripercorrere la sua biografia. Nato il 4 ottobre del 1949 a Ovalle, nipote di un anarchico andaluso fuggito in Sud America, Luis crebbe a Valparaiso dove, giovanissimo, iniziò la lettura di Cervantes, Conrad, Salgari e Melville. A quindici anni si iscrisse alla Gioventù Comunista e si guadagnò pure un soggiorno a Mosca da dove però venne espulso dopo pochi mesi.

Stessa sorte al ritorno in Cile: venne buttato fuori da Gioventù Comunista. Dopo un’esperienza nell’Esercito di Liberazione Nazionale in Bolivia, si avvicinò al Partito Socialista e divenne intimo di Salvador Allende. Nel 1973 visse sulla propria pelle il colpo di Stato di Pinochet. Fu arrestato due volte, torturato e condannato in tutto a due anni e mezzo di carcere, pena poi tramutata in esilio grazie all’interessamento di Amnesty International.

Sepúlveda non ha mai parlato volentieri di quel periodo, tuttavia qualche anno fa in un’intervista rilasciata a Il Manifesto si espresse così: «Sono sempre stato molto orgoglioso della mia generazione militante, delle centinaia di migliaia di giovani che cercano di cambiare la società. Sono un sopravvissuto di una generazione sacrificata, molti di coloro che sono stati i miei compagni sono morti o stanno sparendo, io sono la loro voce. Finché vivrò le voci dei miei compagni rimarranno vive. Ecco perché scrivo».

Dunque Sepúlveda se non ha mai raccontato in prima persona cosa accadde a lui, ai suoi amici e al suo Paese, lo ha invece fatto nei suoi romanzi che contengono messaggi di fratellanza, di accettazione della diversità, di volontà di cambiamento, di speranza per il genere umano. Egli visse ancora per un po’ di tempo in America Latina, soprattutto per studiare gli usi dei nativi. Poi giunse prima in Germania e poi in Francia dove si stabilì per lungo tempo. Nel frattempo si avvicinò a Greenpeace, partecipando attivamente come membro dell’equipaggio di una nave. Tornò in Cile nel 1989 e dal 1996 prese come dimora Gijón in Spagna.

Nelle ultime pagine della sua storia più celebre, il gatto Zorba è in procinto di separarsi dalla gabbianella Fortunata, la porta sulla cima del campanile, la spinge giù e infine ha capito che finalmente può volare con le sue ali. Miagolando all’umano che lo ha accompagnato gli dice che «sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante», cioè che «che vola solo chi osa farlo». Bene, nel caso di Sepúlveda possiamo salutarlo affermando che vive solo chi osa farlo.

Massimiliano Muraro

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