Un altro magnifico e commosso omaggio a Gilardino: quello del duo Masi-Matarazzo

La cosa più palpabile, che tutti hanno respirato, sabato sera, nel Parlamentino dell’Ovest Sesia affollato come non mai, appena dopo l’interminabile andirivieni di soci e addetti vari dell’Associazione “Angelo Gilardino” e della Camerata Ducale (co-organizzatori dell’evento) per recuperare sedie e poltrone, è stata la grande, debordante commozione che i due chitarristi, l’anziano Lucio Matarazzo ed il giovane Giovanni Masi, facevano trasparire nel rendersi conto di essere lì a suonare per l’amico e maestro Angelo Gilardino.

Lucio Matarazzo, uno dei più importanti e famosi chitarristi italiani, frequentava, più di quarant’anni fa, le “Vacanze chitarristiche” di Gilardino a Trivero. Arrivava da Avellino e, per lui, Gilardino è stato tanto, tutto. Grazie a Gilardino è diventato il chitarrista di fama internazionale che ha girato il mondo, da solista, in duo, in quartetto; il docente in diversi Conservatori, e, a sua volta, un maestro (ad esempio di Giovanni Masi) considerato e riverito.
Un debito eterno, che sabato ha estrensicato più volte, tra una musica e l’altra. C’è da aggiungere che in tanti anni Matarazzo ha contraccambiato il tanto che il maestro vercellese gli aveva donato, con esecuzioni inappuntabili, magistrali, delle sue musiche. Ad esempio, incidendo in duo con un altro strabiliante chitarrista,  Aniello Desiderio e con l’Orchestra “Domenico Cimarosa” di Avellino, il “Concerto del Sepeitho”, aveva fatto sì che di quell’opera si accorgesse il più importante critico musicale italiano, Paolo Isotta,  che scrisse una recensione entusiastica di quel Concerto su “Il Fatto Quotidiano”.

Ghidoni presenta il concerto

Per ragioni anagrafiche, Giovanni Masi non ha mai frequentato le “Vacanze chitarristiche” e lo stesso Gilardino,  come in decenni ha potuto fare Matarazzo. Ma pure il giovanissimo Masi, oggi ventunenne, ha avuto il privilegio di conoscere e di farsi stimare da Gilardino, che lo apprezzava così tanto da dedicargli una composizione, “Oremus”, che egli ha inciso e suonato sabato sera. E visto che il quinto concerto della rassegna “Il legno che canta” prevedeva in apertura tre pezzi singoli di Gilardino eseguiti proprio da Masi, il giovane chitarrista avellinese ha ricordato, a sua volta commosso, il compositore vercellese, lasciando poi al suo un tempo maestro e ora collega in questo magnifico duo, il compito di toccare le altre corde del cuore, nel prosieguo della serata.

Giovanni Masi

Matarazzo e Masi hanno scelto di aprire la seconda parte del concerto, quella del duo di chitarra, con la stupenda trascrizione di Gilardino della celebre Elegia per quartetto d’archi “Crisantemi” scritta da Giacomo Puccini in una notte del 1890, dopo essere venuto a conoscenza della morte dell’amico Amedeo di Savoia, duca d’Aosta. Poi il concerto è proseguito dando spazio a tutti autori sudamericani contemporanei, da Marlos Nobre a Leo Brouwer, da Egberto  Gismonti ad Astor Piazzola. Per la conclusione, come Matarazzo ha spiegato in diretta, la scelta originale di un autore che non avrebbe (eufemismo) appassionato l’amico Gilardino: Paulo Bellinati. “Ma Angelo – ha aggiunto Matarazzo – ascoltò questo brano, Jongo, suonato da me e da Aniello Desiderio su YouTube, mi chiamò e mi disse che gli era piaciuto. Per questa ragione lo proponiamo stasera”.

Il pubblico ha dimostrato di apprezzare, sia il pezzo conclusivo, sia tutto il concerto: scroscianti e convinti gli applausi. Questa rassegna organizzata dall’Associazione “Angelo Gilardino” sta riportando tante persone, soprattutto giovani, nelle sale da concerto quando suonano i chitarristi: un felice risultato al di là di ogni previsione.

La serata di sabato, introdotta dal giornalista e vice presidente dell’Associazione Angelo Gilardino Enrico De Maria e dal direttore artistico della Camerata Ducale Cristina Canziani, era stata presentata dal chitarrista Antonello Ghidoni, che tra gli Anni 80 e 90, aveva costituito con Alberto Bocchino, uno stupendo duo di chitarre: entrambi allievi di Gilardino, fanno parte all’associazione a lui intitolata che ha realizzato, con il Comune, la rassegna “Il legno che canta”.

 

 

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