Purtroppo era inevitabile: torna a preoccupare, e non poco, la situazione nelle Rsa, dopo le ecatombi che si era registrare la primavera scorsa. E stiamo purtroppo parlando di persone anziane che non sono potute ancora tornare, da quei giorni, ad una vita pressoché normale e degli operatori che li assistono con coraggio, dedizione, professionalità, ma che, ancora angosciati dall’esperienza di sette-otto mesi fa, temono di dover ricominciare daccapo.
Per ora, secondo le nostre fonti ufficiali, il Virus starebbe risparmiando la struttura che, nel marzo dello scorso anno, fu teatro di una tragedia di proporzioni sconvolgenti: la Casa di Riposo di Vercelli. Come è stato direttamente spiegato ai giornalisti questa mattina dal Sisp, nelle Rsa – quando non si riscontrino casi di positività conclamata – c’è la regola di sottoporre gli operatori e gli ospiti a tamponi programmati (tra non molto saranno quelli rapidi), da parte del personale sanitario interno. E l’ultima serie di tamponi ha dato una negatività assoluta, tra gli uni e gli altri.
Da rilevare che adesso, dopo quello che è accaduto sette mesi fa, tutti gli ospiti che, per forza di cose, devono recarsi in ospedale per esami o terapie, vengono posti isolamento immediato, anche prima del tampone di controillo.
Ma se in piazza Mazzini per ora tutto sembra andare per il meglio, non si può dire la stessa cosa, purtroppo, per la Casa di riposo “Don Fagnola” di Asigliano dove ci sono stati sei casi di Covid accertato, con altrettanti ricoveri ospedalieri. E mentre all’interno della struttura sono state poste in essere tutte le modalità anti-contagio previste dalle norme anti-Covid, sono immediatamente stati eseguiti i tamponi (su ospiti e personale) e si attendono, da un minuto all’altro, i responsi, che l’amministrazione comunale comunicherà al più presto anche pubblicamente.
E, sempre per quanto riguarda l’operazione trasparenza, rileviamo, grazie ai dati fornitici ufficialmente, i 15 ospiti positivi (di cui 11 ricoverati in ospedale, ma per fortuna tutti con sintomi moderati, mentre quattro sono isolati all’interno della struttura) alla residenza i Roveri di Caresanablot. Lì sono state rilevate 17 positività pure tra gli operatori: sono tutti a casa: asintomatici o con sintomi lievi.
Questi dati incominciano a preoccupare, e c’è da rilevare che purtroppo è quanto sta di nuovo avvenendo anche in gran parte della nostra regione: l’esperienza della scorsa primavera sta comunque facendo sì che si riesca a curare meglio anche le persone anziane. Ed è questo un dato confortante per le persone anziane e per i loro familiari. Sia a Vercelli, sia ad Asigliano, sia a Caresanablot, gli operatori stanno facendo di tutto per gli ospiti nelle Ras, supportati in ogni modo dalla sanità pubblica.
A differenza di quanto avvenne la primavera scorsa, sarà importante che non solo le Rsa vengano controllate e minitorate costantemente, ma che ci sia una comunicazione puntuale, soprattutto verso le famiglie, ma anche pubblica. Le persone che vivono in quelle strutture e che da mesi non riescono a comunicare con i loro cari, se non attraverso una serie di precauzioni infinite – e si teme che, purtroppo, tra non molto sarà di nuovo difficile, se non impossibile, avere anche questi seppur complicati incontri – sono la nostra storia. Essere informati sulla loro salute, sulla quotidianità sarà un modo per stare loro vicini.
Intanto, su questo tema, importante e cruciale, abbiamo ricevuto pochi istanti fa questo appello dei sindacati, che riportiamo integralmente:
Sono già tre le strutture per anziani che, nel Vercellese, avrebbero ospiti e personale positivi al Covid-19. Siamo di fronte a una seconda ondata che torna a preoccupare, dopo una prima che – proprio nelle RSA e nelle Case di Riposo – ha visto, nella nostra provincia, numerosi focolai e purtroppo molti decessi.
Gli anziani sono la categoria più a rischio in questo contesto pandemico e la CGIL, insieme alle categorie dei Pensionati e della Funzione Pubblica, da tempo chiede il mantenimento unito a un rafforzamento della forza lavoro operante nelle RSA, nonché un potenziamento e una riqualificazione dei servizi domiciliari, residenziali (e semi-residenziali) per gli anziani, per i cittadini non autosufficienti e per i disabili, accelerando l’applicazione di tutte le norme in materia.
Pur apprezzando il lavoro svolto e gli sforzi fatti finora da tutti i soggetti coinvolti, rivolgiamo un appello alle istituzioni: a partire dalla Regione Piemonte, perché siamo chiamati a porre in essere la verifica, il riordino e, se necessario, il rafforzamento delle nostre RSA e Case di Riposo in provincia. A fine settembre, l’assessore alla Sanità del Piemonte, Luigi Icardi, coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, ha stimato che le RSA possono assicurare copertura medica infermieristica solo per 30 minuti al giorno: una situazione insostenibile, date le condizioni attuali.
Non possiamo farci trovare impreparati ancora una volta. Non possiamo abbandonare le strutture al loro triste destino. Occorre, invece, fare subito e bene, un piano straordinario di investimenti a sostegno dell’intero settore se vogliamo essere in grado di dare una risposta a un eventuale aumento del numero di infezioni da SARS-COV-2 nella stagione invernale alle porte.
Nella nostra provincia occorre ripensare, prima possibile, le RSA: ovvero creare nuove strutture idonee, dove i pazienti RSA Covid positivi possano essere spostati per ricevere l’assistenza specializzata, ad esempio seguendo un modello già adottato con buoni risultati nella Provincia autonoma di Trento.
L’altissimo tasso di mortalità verificatosi nelle Rsa richiede uno sforzo straordinario affinché non si ripetano gli errori dei mesi scorsi.
Le istituzioni devono garantire alle Residenze per anziani le risorse necessarie perché si possa provvedere con efficacia alla tutela dei loro fragili ospiti.
Per questo, il nostro appello si rivolge a tutte le istituzioni, dalla Regione Piemonte fino a Sindaci di ogni singolo Comune per garantire – e con urgenza – l’utilizzo di tutte le risorse e le soluzioni disponibili, onde evitare meri ostacoli burocratici, che si possono però rivelare letali per la vita dei soggetti interessati
I Segretari Generali:
CGIL Vercelli Valsesia Valter Bossoni cell. 335 5785880
Il testo dell’articolo dato dalla lettera mi pare meno drammatico del titolo. Da un po di tempo i sindacati si sono, vivaddio, ricordati di esistere. Io invece mi ricordo di aver in passato sentito dire da chi aveva dei parenti anziani ricoverati che gravi problemi (a dir poco) sussistevano già sia negli ospedali nei periodi dell’influenza e che nelle case di riposo ma nessuno scriveva ai giornali. Neppure i sindacati. Certo che quest’anno s’è fatto qualcosa di nuovo anche nell’affrontare il problema. Ultima geniale invenzione: l’asintomatico, con la sottospecie del giovane asintomatico sanissimo. Purtroppo anche l’età ci porterà tutti all’altro mondo. Cerchiamo di non metterci del nostro per anticipare i tempi ma un po’ di obiettività dovremmo mettercela noi, il terrorismo psicologico e anche quello fatto con le armo poi non risolvono nulla neppure a coloro che vorrebbero davvero risolvere. La morte esisteva già prima del Covid e non penso che morire nel 2014 fosse più gradevole, forse neppure più frequente che nel 2020. Per supportare tale ipotesi ripropongo questi dati (attenzione a controllare anche le “altre cause”) .. influenze, polmoniti ecc ecc .. fatta la somma .. sembrano quelli del 2020:
https://www.istat.it/it/files/2017/05/Report-cause-di-morte-2003-14.pdf