A StudioDieci la mostra dedicata a Shamsia Hassani, la donna che sfida il regime afghano

Lo spazio d’arte StudioDieci, in piazzetta Pugliese Levi, ospita dal 28 agosto al 9 settembre Strade Parallele, la mostra che espone la riproduzione dei murales di Shamsia Hassani, artista di Kabul che in questo difficile momento storico per il suo Paese è stata nascosta in un luogo segreto e sicuro per non essere perseguitata dai Talebani.

«StudioDieci è vicino al popolo afghano e, ancora una volta, apre i suoi spazi per accogliere testimonianze di problematiche sociali che, troppe volte, non sono in accordo con l’ideale di civiltà che vorremmo per il mondo», spiega Carla Crosio.

«Apprendiamo dai social – prosegue l’artista vercellese – l’invito a diffondere la notizia della reale difficoltà in cui si trova Shamsia, vista la poetica del suo messaggio artistico dedicato al popolo oppresso e alle donne che vivono l’annullamento totale della propria personalità incoraggiando loro, dai muri di Kabul con i suoi lavori di street art, la consapevolezza del proprio essere, la coscienza femminile».

Sfidando i pericoli di una città in stato d’assedio e il rischio connesso al suo essere donna, Shamsia Hassani, nata in Iran da genitori fuggiti dalla guerra civile, è la prima afghana a dedicarsi alla street art che ha ingentilito il volto della capitale. I suoi non sono graffiti qualsiasi: in primo luogo, perché rompono l’approccio iconoclasta dell’arte islamica e, in secondo luogo, perché i suoi soggetti sono donne.

Avvolte nel tradizionale chador, in pose leggiadre come antiche Dee Madri della civiltà sogdiana, con strumenti musicali o, semplicemente, immerse nei loro pensieri. Le sue donne destabilizzano la sensibilità patriarcale, ma soprattutto arrivano al cuore delle interessate. Prima di essere un’artista, Shamsia, è una donna, desiderosa di insegnare loro a guardarsi, a vedersi e, finalmente, riconoscersi in quanto esseri umani titolari di diritti. Il cammino è ancora lungo, ma il meccanismo ha cominciato a muoversi.

Dopo l’invasione talebana, ha fatto circolare due immagini che mostrano ragazze vestite di un blu radioso, mentre i combattenti oscuri e minacciosi incombono su di loro. La paura, la disperazione e la repressione violenta che le donne afghane ora affrontano non sono le uniche immagini presenti in queste opere: la forza e la voce di queste donne risuona forte, così come la loro volontà di autodeterminazione.

Nell’ultima settimana, le donne hanno in gran parte evitato gli spazi pubblici della capitale e molti artisti hanno cancellato messaggi di chat e account di social media, temendo ripercussioni violente e potenzialmente fatali da parte dei talebani. Martedì è stata finalmente pubblicata l’ultima immagine della sua recente serie, intitolata Death to Darkness, a conferma che Hassani stava continuando a lavorare.

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2 Commenti

  1. Se vent’anni di “paradiso-democratico” (l’occupazione americana) non son bastati a rendere la Democrazia un’esigenza dell’essere, senza-ritorno (come per noi dopo la “liberazione”).. vuol dire che nell’idilliaca rappresentazione della realtà di quegli anni manca qualche “particolare”, qualcosa di completamente diverso. La droga, le terre rare.. e le armi americane?.. che, per fatal combinazione sono state “rubate” (si legge nelle soavi descrizioni della nostra stampa) dai talebani (più esattamente.. donate ai-… invece che distrutte come fa ogni esercito in ritirata).. proprio a “lor terroristi”… che ora li useranno ovunque nel mondo ma anche a Kabul, nella prossima guerra, o contro le femministe che ne “ingentilivano” (!!?) le vie, solo fino a ieri. Kabul é ancora una città ricca di storia, la loro.

  2. Per chi, partendo da StudioDieci e dalla mostra dedicata a Shamsia Hassani, volesse cercare di capirci qualcosa sul rompicapo di quel lontano paese … niente di più facile (per me) che suggerire questo Meyssan-di-giornata (sbrogliandomela così, senza il minimo rischio di errare .. inserire Meyssan x studiare il Medio Oriente è come mettere un Ronaldo giovane nella Pro per vincere la “C”): https://www.voltairenet.org/article213821.html

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