Scoperta dalla Guardia di Finanza maxi frode fiscale da 30 milioni: tre arresti e venti indagati

La conferenza stampa di questa mattina in procura (foto Renato Greppi)

Ci sono reati che colpiscono l’opinione pubblica, delitti efferati che trovano largo spazio sui media, ma ci sono anche reati fiscali che forse fanno meno notizia, ma che pure vanno individuati e debellati, soprattutto in questo momento in cui gan parte delle famiglie in Italia fatica riprendersi economicamente. E’ in sintesi quanto ha detto questa mattina il procuratore della Repubblica Pier Luigi Pianta, introducendo la conferenza stampa sull’operazione Karma messa a segno dal Nucleo Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Vercelli, al comando del capitano Riccardo D’Uva, e coordinata dal sostituto procuratore Rosamaria Iera. Operazione che ha consentito di individuare un’associazione a delinquere che aveva organizzato una colossale frode fiscale da almeno 30 milioni di euro.

Sono stati arrestati la “mente” dell’associazione (un uomo di cui non è stata resa nota né l’identità né il luogo di residenza, per esigenze investigative) e due dei suoi più stretti collaboratori: e mentre i collaboratori sono stati messi ai domiciliari, lui è finito in carcere. Inoltre venti altre persone sono state iscritte nel registro degli indagati. Le misure cautelari ed il sequestro cautelativo delle somme di denaro di cui tutti gli indagati avevano disponibilità, nonché dei loro beni immobili, sono stati eseguiti in base ad un’ordinanza del giudice per le indagini preliminari Valeria Rey.

Sono stati la dottoressa Iera e il capitano D’Uva a spiegare ai giornalisti il meccanismo della gigantesca frode fiscale. Le tre persone arrestate ed i loro complici, che agivano nell’ambito della logistica, costituivano in continuazione società “apri e chiudi” (nelle province di Vercelli, Biella e Novara, ma operanti sull’intero territorio nazionale) che stipulavano vantaggiosi contratti  di appalto anche con importanti piattaforme logistiche. E riuscivano a farlo esibendo modelli F24 e Durc artefatti, con i quali attestavano, falsamente, la loro regolarità fiscale e contributiva. Ma all’interno di queste società fittizie, intestate a prestanome, venivano evase sistematicamente le imposte e ai dipendenti non si pagavano i contributi previdenziali e assistenziali.

Ciò che premeva  ai creatori di questo meccanismo perverso era arrivare al momento di poter esigere le indebite compensazioni fiscali di crediti inesistenti. Dopodiché la società di colpo chiudeva e ne veniva aperta un’altra e così va. Tutto ciò senza considerare i dipendenti che perdevano il posto di lavoro.

Una truffa difficile da accertare da parte del Fisco proprio a causa della velocità con cui queste società nascevano e morivano in poco tempo. A rompere il giocattolo ci hanno pensato però gli uomini del capitano D’Uva, con un’indagine davvero certosina,  che si sono meritati il pubblico elogio da parte del procuratore Pianta e della sostituta Iera.

Da sinistra il capitano D’Uva, il procuratore Pianta e la sostituta Iera (foto Greppi)

Hanno spiegato gli uomini delle Fiamme Gialle: “Attraverso i poteri e gli strumenti di polizia valutaria, giudiziaria ed economico-finanziaria, quali ad esempio l’approfondimento delle segnalazioni di operazioni sospette, le indagini finanziarie e le intercettazioni, siamo riusciti ad accertare che gli illeciti profitti venivano convogliati su società di consulenza, che erano dei propri paravento, per poi confluire nella sfera economica dei principali artefici del disegno criminoso, anche attraverso società all’estero”.  

“In particolare – hanno aggiunto gli agenti che hanno svolto la complessa indagine – per timore di dover affrontare le conseguenze dell’attività illecita, il dominus dell’associazione stava progettando di costituire una società in Montenegro al fine di stabilirvi la residenza fiscale”.

L’operazione Karma conferma l’azione che la Guardia di Finanza svolge quotidianamente a contrasto dei reati economico-finanziari, quali le frodi fiscali e il reimpiego di capitali di origine illecita. Sono condotte che sottraggono risorse alla collettività oltre che al bilancio dello Stato, inquinando il tessuto economico-produttivo, alterando la concorrenza del mercato, danneggiando gli imprenditori onesti e creando grave nocumento ai diritti e alle tutele dei lavoratori.

 

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