Sant’Andrea nascosto: il Monumento funebre dell’abate Tommaso Gallo

Maestro della Tomba di Tommaso Gallo, Monumento funebre dell’abate Tommaso Gallo, metà XIV secolo, Basilica di Sant’Andrea, Vercelli

Tutti conoscono la Basilica di Sant’Andrea. Monumento simbolo della città di Vercelli, rappresenta la prima affermazione del Gotico nel Nord Italia, non nel pieno della sua purezza perché ancora contaminato da evidenti strati di cultura romanica che creano una felice commistione tra i due stili, rendendo la chiesa un unicum nel panorama storico-artistico del XIII secolo, porta di ingresso per quello che di lì a venire sarà un Gotico decisamente più maturo e riconoscibile.

L’edificio, iniziato nel 1219 e completato pochi anni più tardi nel 1227, si deve all’intuizione del Cardinale Guala Bicchieri, uomo di fiducia di Innocenzo III che lo nominò legato pontificio in Inghilterra dove capitò in mezzo alla prima guerra baronale. La sua abilità diplomatica fu tale che gli fu affidato il compito di redarre la prima stesura della Magna Charta. In seguito il pontefice, per premiarlo del suo lavoro, gli concesse dei fondi grazie ai quali poté costruire la Basilica.

Il tetto a capanna con gli archetti romanici di derivazione emiliana, le due torri laterali, il portale con le tipiche strombature, il magnifico rosone, le esili colonnine che salgono fino al timpano, le lunette attribuite a Benedetto Antelami, l’interno a tre navate, i pilastri, i capitelli, le volte a crociera, gli archi a sesto acuto che garantiscono l’inconfondibile spinta verso l’altro, il tiburio ottagonale, il transetto che amplifica lo spazio vissuto, il chiostro: sono tutti elementi che balzano agli occhi quando questa solenne chiesa ci si para innanzi.

Sant’Andrea non smette mai di stupire, è una scoperta nuova ogni volta che si varca la sua soglia o anche solo se la si contempla passandole davanti. Tra i molteplici tesori che custodisce vale la pena soffermarsi qualche istante sul Monumento funebre dell’abate Tommaso Gallo, che si trova nell’ultima cappella di destra del transetto.

Ora, se tutti più o meno hanno sentito nominare Guala Bicchieri, meno nota è invece la figura di Tommaso Gallo che fu il primo abate di Sant’Andrea. Nato in Francia nel 1200, egli faceva parte dell’Ordine monastico di San Vittore, fondato a Parigi all’inizio del XII secolo da Guglielmo di Champeaux. Lì nel 1218 sostò per breve tempo anche lo stesso Guala Bicchieri, prima del suo ritorno in Italia. Sappiamo che nel febbraio 1226 Federico II gli concesse un diploma di protezione che diresse le simpatie di Tommaso verso la parte ghibellina, rappresentata a Vercelli dalle famiglie Bondoni e Bicchieri.

Professore di teologia a Parigi, Tommaso Gallo proseguì i suoi studi, indirizzati soprattutto all’approfondimento delle opere dello pseudo Dionigi l’Aeropagita, autore di scritti mistici affini al Neoplatonismo. I documenti che lo riguardano dicono che Tommaso ebbe intorno a sé molti giovani allievi, uno dei quali, secondo alcuni storici, sarebbe stato addirittura Sant’Antonio da Padova. Quando il Comune di Vercelli nel 1243 decise di passare dalla parte guelfa, l’abate, nel frattempo rimasto sempre fedele all’Imperatore, si ritirò a Ivrea. Morì nel 1246, come ricordato dall’epigrafe posta sul suo sarcofago, oggi purtroppo perduta.

Fortunatamente è invece rimasto pressoché intatto il già citato Monumento funebre che risale alla prima metà del XIV secolo, uno straordinario esempio di tomba che fonde con eleganza scultura e pittura. Non si conosce il nome dell’autore che la storiografia artistica ha chiamato molto semplicemente Maestro della Tomba di Tommaso Gallo.

Partendo dal basso, sulla fronte del sarcofago murato troviamo un gruppo scultoreo in altorilievo (non proprio in buone condizioni) con al centro la Madonna col Bambino. Alla sua destra santa Caterina, patrona della filosofia, e lo pseudo Dionigi l’Aeropagita, mentre alla sinistra l’abate Tommaso Gallo, mancante della testa, è presentato da sant’Andrea.

Nella parte superiore, racchiuso da un arco acuto sorretto da colonnine, l’affresco raffigura Tommaso Gallo in cattedra, attorniato da sei discepoli, tre per parte. Si tratta di un’iconografia piuttosto rara che – è stato notato – ricorda i rilievi dei sepolcri trecenteschi dei professori dell’Università di Bologna. Per questo motivo Paola Astrua ha collegato il Monumento funebre a modelli emiliani più che piemontesi, alla luce dei fatti piuttosto distanti come stile.

Ancora più singolare è il dipinto della cuspide con Cristo che incorona la Vergine, soggetto invero poco frequentato dalla pittura regionale di quegli anni. L’atto solenne dell’incoronazione è enfatizzato da sei angeli musicanti che ci portano in dote un esaustivo campionario degli strumenti più utilizzati allora. Una soluzione che Gaudenzio Ferrari riprenderà, pur con modalità del tutto differenti, due secoli più tardi nella fabbrica di San Cristoforo, in particolare nel riquadro con la nascita di Maria nella cappella dell’Assunta.

Massimiliano Muraro

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