Polvere, storie e sorrisi per otto vercellesi all’Eroica di Gaiole in Chianti

Gli eroici vercellesi in piazza del Campo a Siena

La polvere di solito è qualcosa di fastidioso, che provvediamo subito a eliminare quando stende il suo ineluttabile velo su oggetti a noi cari. Ci sono però dei casi in cui essa è addirittura ambita, tanto che alcuni se la vanno pure a cercare, sudando le proverbiali sette camicie per possederla. È quel che è successo sabato 2 e domenica 3 ottobre sulle strade bianche de L’Eroica, manifestazione cicloturistica con bici e abbigliamento rigorosamente d’epoca, prodotti entrambi prima del 1987.

Nata da un’idea di Giancarlo Brocci a Gaiole in Chianti, un piccolo borgo nella provincia di Siena, nel 1997 quando «92 cacciatori di sentimenti ed emozioni diedero il via alla prima edizione di un evento ciclistico magico, che ogni anno combina in modo unico percorsi impegnativi, magnifici paesaggi e ristori indimenticabili».

La Colnago Super di Luigi Chiesa con cui abbiamo chiuso L’Eroica

Solitamente L’Eroica si svolge in un’unica giornata in cui i partecipanti scelgono percorso e orario di partenza. Ce ne sono ben cinque: il più ambito è quello permanente da 205 km, poi ci sono il medio delle Crete Senesi di 135, il Cento Val d’Arbia di 106, il Corto Gallo Nero di 81 e la Passeggiata Valle del Chianti di 46. Quest’anno, a causa delle limitazioni per il Covid, i gruppi sono stati scaglionati in due giornate: sabato 2 i circa 3.000 partenti del lungo e del medio, domenica 3 tutti gli altri 5.000.

Vivere L’Eroica è come fare un salto indietro nel tempo. Non ci sono bici in carbonio di ultima generazione, né ruote ad alto profilo, né abbigliamento tecnico, tantomeno gel e barrette. Le biciclette devono essere costruite prima del 1987, ovvero devono essere di acciaio (tollerato l’alluminio), inoltre bisogna che abbiano alcuni requisiti fondamentali: cambio sul tubo obliquo, passaggio esterno per i cavi dei freni, pedali con gabbiette e non a sgancio rapido, ruote basse con un minimo di 28 raggi.

Il suggestivo ingresso a Siena.

È stato scritto che L’Eroica è l’unica manifestazione in cui le biciclette sono più vecchie di chi le possiede. C’è addirittura un registro creato ad hoc tutto per loro. La maggior parte di questi mezzi risale agli anni ’60, ’70, ’80 ed è stata trovata in qualche cantina o in qualche mercatino oppure più semplicemente di proprietà del papà, del nonno, dello zio o dell’amico che una volta correva. Ma ci sono anche quelle che potrebbero benissimo essere esposte in un museo (e che lo sono davvero): cavalli di ferro di inizio Novecento pesanti oltre 20 kg, che quando si incontra una salita che inerpica sopra il 5% bisogna scendere a spingere. Qui non è un’onta e quando accade (molto più sovente di quanto si immagini) si sorride e si scambiano due battute.

Gianni Gorlero. Lui e Mario Martorana del Pedale Trinese sono due appassionati di cicloturismo storico.

L’abbigliamento deve richiamare anch’esso quello di una volta: scarpini in cuoio, pantaloncini e maglietta in lana (tassativamente vietati i materiali moderni), guanti con palmo in pelle e dorso a rete, cappellini di varia foggia. Unica concessione il casco, anche se in molti usano quello danese oppure fanno senza. A Gaiole in Chianti si vedono divise che paiono uscite da un libro di storia in bianco e nero: Legnano, Bianchi, Siof, Salvarani, Molteni, Scic, Peugeot, Flandria, Brooklyn. Senza contare quelle di società minori che, immaginiamo, i nipoti siano andati a chiedere ai padri o ai nonni che li custodivano gelosamente. Immaginiamo anche le raccomandazioni affinché tali cimeli ritornino a casa sani e salvi.

L’Eroica non è tale senza i suoi ristori, come quello di Asciano.

Infine dicevamo dell’alimentazione. Al bando sali, integratori, zuccheri a rapido assorbimento, maltodestrine, amminoacidi ramificati, barrette proteiche e via dicendo. Qui i ristori propongono: pane e prosciutto, pane e formaggio, pane e olio, pane e marmellata, ribollita, pecorino, crostate della nonna, cantucci col vin santo, pan dei santi con uvetta, frutta di stagione. Per dissetarsi c’è sì l’acqua, ma c’è soprattutto il vino, quello buono del Chianti, che occhio a chiederne solo un goccio, perché chi te lo offre non lesina certo sulla quantità.

L’Eroica 2021 ha visto ai nastri di partenza anche un gruppo di vercellesi, alcuni dei quali tornati a Gaiole dopo 8 anni. C’erano Fausto Oliva, Matteo Petrucci, Nico Grande, Gianfranco Lione, Roberto Ivaldi, Mario Martorana e Gianni Gorlero. C’era anche chi scrive. Hanno scelto il percorso medio, dopo che nel 2013 si erano cimentati in quello lungo.

All’Eroica si parte che è ancora buio.

Partiti alle 6.45 quando iniziava ad albeggiare e faceva piuttosto fresco, hanno imboccato il primo settore di strade bianche al Castello di Brolio, dopodiché si sono gettati in discesa verso Siena dove hanno vissuto uno dei momenti più emozionanti della giornata: la sosta in piazza del Campo. Hanno mulinato e faticato sui pedali, non più abituati ai duri rapporti che si usavano un tempo. Sul Monte Sante Marie, dove le pendenze arrivano al 16% due o tre sono stati costretti a spingere la bici a piedi, compreso il sottoscritto con la mente leggermente annebbiata dall’abbondante banchetto consumato ad Asciano poco prima.

Ci ha pensato l’ultimo ristoro di Castelnuovo Berardenga a far dimenticare il travaglio fisico. Panini, dolci, frutta, vino hanno rimesso in forze il gruppo che si è diretto verso Gaiole, ognuno del suo passo. L’Eroica, come detto, non è una corsa, tuttavia bisogna pur sempre pedalare e, in certi tratti, spingere bene. Oltretutto non dimentichiamoci che sullo sterrato si fatica il doppio poiché alla ruota manca l’aderenza che ha sull’asfalto.

Forare è l’imprevisto che capita più spesso.

Però l’aspetto più bello de L’Eroica è che si parla con gli altri. Non come accade (giustamente) in corsa, dove corpo e testa sono tutti tesi alla competizione. Qui si ride e si scherza, si è rilassati insomma. Così capita di conoscere delle storie che altrimenti resterebbero note solo a chi le ha vissute. Come quella di Guido Bruno di Como. Pedala su una fiammante Wilier Triestina ramata (tra parentesi sarebbe da raccontare anche la storia di questa marca, il cui nome altri non è che l’acronimo di W l’Italia libera e redenta).

Impossibile non osservarla, pur se coperta da uno strato non indifferente di polvere. L’occhio allenato capisce subito che deve andare oltre l’apparenza e il suo istinto gli dice senza esitare che è di fronte a un gioiello. Affianchiamo l’eroico Guido per complimentarci, lui ci ringrazia con un principio di fiatone (stiamo pur sempre pedalando in salita) e quando la strada spiana ci dice: «Questa Wilier è un pezzo unico, non ne esistono altre simili». Incuriositi gli chiediamo il perché. «Perché era la bici appartenuta a Fabio Casartelli quando correva da Juniores nella società di mio papà».

Ne vogliamo sapere di più. Lui allora si ferma e ci indica con orgoglio la pipa (nel gergo ciclistico è l’attacco del manubrio) dove vediamo incisa proprio la firma dello sfortunato campione, oro olimpico a Barcellona nel 1992, morto nel Tour de France del 1995 durante la discesa del Col Portet-d-Aspin. Non nascondiamo l’emozione, anche perché io ricordo perfettamente dove ero quando mi raggiunse la triste notizia.

Guido Bruno con la Wilier appartenuta a Fabio Casartelli

La foto è d’obbligo, dopodiché riprendiamo la nostra marcia e cominciamo a parlare del ciclismo di oggi, paragonandolo a quello che fu. Guido mi racconta che si è cancellato da Strava (l’app dove i ciclisti registrano i loro giri con tanto di record e tempi migliori), che non gli importa nulla del misuratore di potenza e del cardiofrequenzimetro. Li usava, ma ha smesso «perché poi ti condizionano e diventi schiavo, a me piace pedalare senza troppe costrizioni». Tra l’altro Guido non è un atleta della domenica: nel maggio scorso ha partecipato alla Granfondo Mangia e Bevi che si è corsa tra Vercelli e Monferrato, chiudendo attorno alla centoventesima posizione, pur essendo partito dal fondo.

Non possiamo che dargli ragione: venire a L’Eroica e viverla con l’assillo dei numeri non ne vale la pena. Salutiamo Guido per aspettare i nostri compagni che erano indietro e gli promettiamo che prima o poi faremo una bella uscita insieme. Manca davvero poco a Gaiole, la luce comincia a farsi più debole, non è più quella accecante di qualche ora fa. Siamo rimasti in tre. Io, Mario Martorana, che si è trovato una bici e l’ha rimessa a posto con pazienza, pezzo per pezzo, e Gianni Gorlero, appassionato di cicloturismo storico, al suo battesimo eroico, entrambi del Pedale Trinese. Arriviamo insieme, a braccia alzate, felici di avere una medaglia in più da mostrare al petto.

I panorami delle crete senesi sono uno dei punti di forza della manifestazione.

Ma in sostanza cos’è L’Eroica? E come spiegarla? Noi abbiamo provato a raccontarla in estrema sintesi, evidenziando ciò che ci ha colpito di più, panorami, goliardia, sorrisi, condivisione in primis. Forse per comunicarne l’essenza basta lo slogan che l’accompagna: la bellezza della fatica e il gusto dell’impresa. E, aggiungiamoci per concludere con giovialità, anche il sapore brusco e verace del Chianti Classico, perfetto per brindare al ciclismo eroico.

Massimiliano Muraro

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3 Commenti

  1. A proposito di Letta, ha ottenuto quasi il 50% di suffragi ma i votanti sono stati solo il 35%! .. un record .. eppure parla di “risultato straordinario”(termine usato frequentemente in queste occasioni) .. io penso che la parola si adatti a tutti i nostri piccoli magici eroi d’epoca, ai partecipanti sulle due ruote .. primo fra tutti, l’ultimo ! .. https://www.youtube.com/watch?v=K9-9irvBc0A

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