Il neo Cavaliere Bianco del Coronavirus, insignito del riconoscimento questa mattina da Mattarella, in quanto è uno dei 57 italiani che hanno contribuito a rendere migliore il Paese durante l’emergenza Covid, ci accoglie nel suo piccolo e incantevole giardino, commosso e anche un po’ divertito perché il suo Lupo Bianco adesso è ufficialmente diventato, agli occhi di un’intera nazione, Cavaliere Bianco.
Carlo Olmo è seduto accanto al tricolore che Giada Paione gli ha “personalizzato” con l’immagine della creatura sognata – fatta un po’ di memoria e di un po’ di oblio (per dirla alla Borges) – il 4 marzo e al bellissimo ulivo, ormai cara presenza per i giornalisti durante le conferenze stampa rigorosamente all’aperto. Vicino a lui la compagna Angela e gli amici inseparabili Stefano e Rita.
Olmo è ancora incredulo. Deve metabolizzare il significato di questo riconoscimento di alto prestigio, che condivide con gli amatissimi medici, con ricercatori, con eroi coraggiosi e geniali, lui, il filantropo vercellese, accomunato dal Presidente della Repubblica con persone che hanno fatto assai più del loro dovere, con infermieri che sono stati accanto alle persone che morivano, stringendo loro la mano, perché non c’era nessun altro che poteva stringergliela; lui il benefattore di Vercelli che ha inondato il Piemonte (e non solo il Piemonte) di Dpi, salvando centinaia di vite; lui il generoso trovatello che, lasciato a 7 anni l’orfanotrofio di Lecco, ha trovato una vita nuova a Vercelli, decidendo di ripagare il bene di cui i suoi genitori adottivi l’avevano colmato con un fiume, un oceano di bene, quantificabile nelle cifre investite in questa pandemia, tra mascherine (140 mila più o meno), borse di studio, apparecchiature per l’ospedale, assistenza diretta o indiretta alle famiglie in difficoltà: qualcuno ha fatto i calcoli: non meno di 380 mila euro.
Anche stavolta non ricorreremo al sussiegoso “lei” che si usa nelle interviste, perché sono troppi gli anni di conoscenza comune.
Carlo, per te oggi è stata una giornata davvero speciale.
“Sì, è incominciata con la notizia che la Tavola del Lupo Bianco potrà aiutare ottanta famiglie vercellesi in difficoltà con le bollette di Atena, è proseguita con l’incredibile notizia dell’onorificenza di cui sono stato insignito da Mattarella, e poi l’annuncio di una nuova cittadinanza onoraria, da parte del Comune di Zimone”.
A chi è andato il tuo primo pensiero, quando hai saputo di essere uno dei 57 Cavalieri Bianchi che hanno reso migliore il Paese durante lo tsunami della pandemia?
“E’ andato a mio papà, Piero, che oggi sarebbe orgoglioso di me. Poi, ho subito chiamato il colonnello Ingala e il tenente colonnello Gradante della Scalise, e il dotto Macciò del Sant’Andrea. Sono state le persone con cui ho condiviso passo passo la missione del Lupo Bianco in questi mesi, e ho sentito il bisogno di condividere con loro l’orgoglio di questa onorificenza. E poi naturalmente, ho gioito con Angela, la mia compagna, con gli amici più cari, Stefano, Claudio, Rita, e con tutti i Lupi Bianchi che mi hanno accompagnato nei Charity Tour”.
Immagino che a migliaia si siano congratulati con te…
“Pensa che mi hanno chiamato persino da Katmandu, in Nepal. L’ha fatto Tsering Doma, la direttrice dell’orfanotrofio che ho finanziato con altri vercellesi. Poi innumerevoli sindaci, non solo della Provincia. Mi hanno davvero commosso i complimenti ufficiali dell’Asl di Vercelli, sul proprio sito, così ovviamente come quelli dei miei cari amici di questi mesi di emergenza Giorgio Fossale e Gianni Scarrone. L’Engas Hockey Vercelli si è congratulata mandandomi una quantità industriale di riso per il prossimo Charity Tour e consegnandomi la tessera di socio onorario a vita, una cosa che mi rende davvero felice, perché io amo lo sport, tutti gli sport. Il mio smartphone è letteralmente impazzito per i messaggi: a migliaia quelli ricevuti sui social…”
Ti ha chiamato anche Corsaro?
“Non ancora, però ho ricevuto le congratulazioni del Presidente del Consiglio comunale Gian Carlo Locarni e del suo vice, Gianni Marino”.
Sai quando e dove riceverai praticamente l’onorificenza?
“No, non lo so ancora. Oggi sono stato contattato dalla Presidenza del Consiglio, per avere conferma dei miei dati anagrafici: evidentemente stanno preparando l’evento o gli eventi”.
Hai scorso le storie degli altri 56 insigniti?
“Sì, sono storie meravigliose. Sono onorato di essere stato posto al livello delle ricercatrici dello Spallanzani che hanno isolato il genoma del Coronavirus, dei medici in prima linea, della sarta geniale che ha inventato le mascherine trasparenti per i sordi, del campione di rugby che guidava le ambulanze della Croce Gialla di Parma, del ristoratore che, chiuso il ristorante, ha preparato pizze e biscotti per gli anziani in difficoltà. E poi, e qui ho la pelle d’oca, del malato di Sla che ha messo a disposizione della sua Asl il suo ventilatore polmonare di riserva. Cinquantasei storie fantastiche”.
Ma anche la tua non scherza…
“Troppo buono. Ho potuto fare questa cosa in cui credevo grazie a tanti amici che mi hanno aiutato e sostenuto, minuto per minuto: chi praticamente, chi con l’affetto, chi condividendo e pubblicizzando le nostre missioni. Nessuno ringrazia mai i giornalisti. Io devo rivolgere un grazie cubitale ai giornalisti vercellesi, preziosi nel riferire quanto accadeva alla Tana del Lupo e dintorni”.
La tua missione non è finita…
“Assolutamente no. Pensa che ho appena acquistato un nuovo stock di guanti in nitrile che distribuirò a medici, infermieri e operatori del soccorso. Tu mi hai seguito fin dall’inizio: ricordi, mancavano le mascherine. Adesso si trovano, però mancano i guanti. Dovrei dire cose spiacevoli, ma non voglio guastare questa giornata, per me davvero bella. Però confermo, la missione del Lupo Bianco non è finita, perché adesso dobbiamo pensare al dopo-emergenza, che forse sarà altrettanto problematico da gestire. Però il Lupo Bianco ci sarà, e sempre, a fianco di chi avrà bisogno di lui”.
Parola del neo Cavaliere Bianco Carlo Olmo.
ENRICO DE MARIA





