Da che mondo e mondo, diciamo da quando l’uomo è passato dalla condizione nomade a quella stanziale, una delle sue prime necessità, oltre a procacciarsi il cibo, è stata di organizzarsi in comunità che poi hanno dato origine alle città come le intendiamo tutt’oggi.
D’accordo, la sintesi è brutale e lo sappiamo, ma serve a introdurre l’argomento. Tornando al nostro discorso e divagando ancora un po’, le suddette città hanno sempre avuto zone privilegiate da mettere bene in mostra nelle occasioni ufficiali e, nell’altro lato della medaglia, zone meno fortunate da tenere in ombra, ma all’occorrenza istituzionale dare loro un po’ dell’agognata luce. È accaduto durante tutte le più grandi epoche della storia: egizia, greca, romana, medievale, rinascimentale, ottocentesca e via dicendo.
L’altra peculiarità di questo fenomeno è che col passare del tempo le città si sono evolute, ovvero chi le ha abitate ha provato a migliorarle, a volte riuscendovi a volte no. Tra i problemi più sentiti senza dubbio un posto di rilievo è lo smaltimento dei rifiuti che se fino a un secolo fa poteva considerarsi sostenibile, giacché il concetto di recupero, di riuso e di riciclaggio non è certo una trovata dei giorni nostri, ma era praticato in larga scala e per necessità già dai nostri nonni, ora sostenibile lo è un po’ di meno.
Al contrario è una seccatura mica da poco. Lo è nelle metropoli come nelle piccole città. Come nel caso di Vercelli appunto. Mi si permetta per un attimo di usare la prima persona perché io, sebbene di sangue veneto e friulano, qui ci sono nato e ci abito da oltre quarant’anni. Ebbene, raramente negli anni passati ho trovato la mia città in un tale stato di abbandono e di sporcizia.
Passeggiando per le vie del centro mi capita di fare lo slalom tra i ricordini dei cani, dei mozziconi di sigarette, delle cartacce; per i vicoli aspiro a pieni polmoni l’odore acre dell’urina stantia, quando non mi trovo – capita sovente nelle mattine del weekend – a schivare il vomito maleodorante di qualche giovane che la sera precedente ha esagerato coi bagordi.
Non parliamo di quando mi spingo in periferia o sull’argine del fiume: discariche abusive di qualsiasi genere di scarto (a volte tossico, vedi eternit) che basterebbe portare nel luogo preposto allo smaltimento, finestre fracassate, frigoriferi, rottami di auto, moto, bici e chi più ne ha più ne metta, materiale per l’edilizia, fino ai più gettonati divani, tavoli, sedie, cucine, televisori a tubo catodico che se uno volesse potrebbe rifarsi l’appartamento.
Ora, non sappiamo di chi sia la responsabilità, se di chi amministra o del cittadino, e non ci interessa dibatterne in queste poche righe dove abbiamo il solo scopo di evidenziare un disservizio. Diciamo che una categoria dà addosso all’altra e viceversa, in un teatrino perenne e senza sbocco alcuno che trova il suo palcoscenico privilegiato su Facebook dove tutti sono novelli Cyrano (senza offesa per il poetico nasuto di Rostand), cioè sono, a seconda del caso, politici, giornalisti, operatori ecologici e opinionisti. Vale a dire, per parafrasare in maniera greve il nostro Cyrano, sono tutto e non sono nulla.
Comunque sia in nessuna delle città ideali formulate sin dal Rinascimento e poi nel Novecento da Frank Lloyd Wright, da Lewis Mumford, da Le Corbusier, da Vittorio Gregotti o da Adriano Olivetti sta scritto che i rifiuti si debbano gettare per strada. Tanto più che esistono i cassonetti per la raccolta differenziata e quindi l’organizzazione di uno smaltimento ragionato perlomeno esiste.
Tornando al caso di Vercelli sarebbero molti i casi da portare e tanti miei colleghi se ne stanno occupando molto meglio di me. Mi si conceda perciò di citare quello di via Trento, la via dove abito, ma – lasciatemi aprire una piccola parentesi perché voglio specificarlo – non è una denuncia personale, è piuttosto il classico esempio che vale per tutti perché chissà in quanti si riconosceranno: basta cambiare il nome della via e il gioco è fatto.
Per chi non lo sapesse via Trento è una via di passaggio, un lungo rettilineo poco abitato, se non verso via Walter Manzone. È un’arteria molto frequentata dato che porta dal Belvedere all’Isola. Come in tutta la città, da poco anche qui hanno installato i nuovi cassonetti per la raccolta del vetro e della plastica. Alcuni però in posizione molto scomoda rispetto a prima.
Ci riferiamo all’area posta più o meno al centro della strada rossa (nel secolo scorso era chiamata così), quella che si interseca con una via privata che porta in fondo a via Birago dove stanno costruendo i nuovi parcheggi dietro alla stazione. In questa via privata abitano almeno sei nuclei famigliari e ci sono almeno sette attività commerciali (nei tempi addietro ce n’erano il doppio).
Chi si è occupato del posizionamento dei nuovi cassonetti ha pensato bene di spostarli rispetto a dove erano quelli di prima (i vecchi gialli per la plastica e verdi per il vetro tanto per intenderci), mettendoli di fronte a un viottolo dove non abita nessuno e dove di attività ce ne sono ben poche rispetto a dove erano fino al mese scorso.
Che poi a ben vedere il problema non è certo questo, cioè non è che spaventa fare qualche metro in più per andare a buttare la pattumiera differenziata. Semmai la vera questione è un’altra: nello spazio dove c’erano i famigerati cassonetti hanno disposto in fila bene ordinata due raccoglitori neri per l’indifferenziato, uno bianco per la carta e uno marrone per l’umido.
Uno direbbe: fin qui tutto regolare, anche se ogni famiglia e impresa della via li ha già in dotazione. Un po’ meno regolare è la situazione che si è creata: una vera e propria area selvaggia dove ogni persona screanzata e poco incline al senso civico può gettare di passaggio quel che vuole e che non ha tempo né voglia di gettare dove dovrebbe: sacchi neri che contengono chissà cosa, vetri rotti, giocattoli per bambini, scatole di cartone piene e vuote, stendibiancheria sghembi.
Siccome un’immagine vale più di mille parole (specie le mie), basta osservare con attenzione quella a corredo dell’articolo. Siamo consapevoli che quella di via Trento è una situazione tra le tante, ma è una situazione che fotografa bene lo stato in cui versa il decoro urbano a Vercelli.
Qualcuno si è lamentato sui social, a qualcun altro è stato consigliato di mettere in evidenza questa storia sui giornali. Consiglio sgradevole quest’ultimo perché, almeno io lo leggo in questo modo: noi ce ne laviamo le mani fino a quando qualcuno non ci dice di pulire; allora e solo allora verremo a pulire. Per tagliare corto, ecco, lo abbiamo fatto. Lo abbiamo messo in evidenza sul giornale. Vediamo se servirà a qualcosa.
Massimiliano Muraro






La descrizione del nuovo (?) fenomeno
(o: la nuova descrizione del vecchio fenomeno?)
che impera da tempo nelle cronace a Vercelli e non solo
assurge su tutti i media ad un livello di drammaticità
volto a creare, amplificare, render “il grande caso”,
.. “all’evidenza”,
.. p e r i c o l o s i s s i m o !!!
e riconosciuto come tale presso tutti i cittadini
che infatti s’incavolano sui social e nelle conversazioni)
.. per poi magicamente risolverlo
(IN QUESTI ANNI TALE SISTEMA è “APPLICATISSIMO”,
la questioncella fa il paio con quella delle “erbacce”
(ancora forse irrisolta) per molti aspetti:
creo il problema e te lo risolvo come piace a me
.. saranno impiegati i metodi desiderati da lorsignori
(non mi riferisco certo ai poteri locali):
super controllo (tramite i nuovi mezzi “tecnologici”)
e pene severe (a colprre redditi sempre più asfittici)
.. propri della società verso la quale tendiamo:
un padrone e nessuna libertà
inclusa quella di parola e di dibattto (sui rifiuti, compresa)
.. di movimento (lockdown .. città dei 15′..)
e di siporre del proprio corpo decidendo come curarsi
ecco che arriveranno nel mondo
uomini robot .. dediti eminentemente ..
allo smaltimento più perfetto dei rifiuti,
ad una accuratissima cura del raffreddore
all’acquisto di auto elettriche per non inquinare
.. tantomeno sarà consentito di trasgredire le piccole e innocue
elementari regole di puro e solo decoro.
Non intendo dire che sia bello buttar le cose a casaccio
sul suolo pubblico, ma che bisognerebbe affrontare
il problema con la calma che merita: massima.
Magari, dico .. udite-udite
anche con l’uso di telecamere .. !! ma senza drammatici proclami
e + ancora sofisticti mezzi di intromissione ..
Senza dar fiato ai tromboni e percuotere la grancassa.
Si dovrebbero indagare le cause
personali e regolamentari
forse avremmo sorprese, troveremmo la FACILE soluzione,
il bandolo della matassa (del pattume)
senza ricreare una nuova e democraticissima Gestapo;
a mio parere non vale cercre la scorciatoia
.. i lavori “liberi e forzati” (apparente contraddizione)..
parrebbe, la legge del contrappasso
(dantesca) per risollevarci dall’indigenza
da mucchi di detriti .. quando non di cadaveri come
fossimo in presenza dell’immane spettacolo della peste
(manzoniana).
..
riporto qui di seguito il capitolo 31°, tratto dal sito
dell’Università per STRANIERI, di Siena.
..
Alessandro Manzoni – I PROMESSI SPOSI – Capitolo XXXI
https://online.unistrasi.it/docenti/Allegati/270_I-promessi-sposi_cap-31.pdf
divagazione ma non proprio:
..
It-alert, uno squillo sul cellulare per avvisare di un’emergenza: si riparte con la sperimentazione
https://mondoeconomico.eu/primo-piano/it-alert-protezione-civile-sms-campania-marche-friuli-piemonte-uncem-fabrizio-curcio-alluvioni-maremoti-incidenti-nucleari
La libera rielaborazione della alert-notizia
sotto una lesta mente, la lente di Lercio
(l majuscola):
..
Non riesce più a trovare il telefonino: capo della Protezione Civile lo fa suonare con IT-Alert
https://www.lercio.it/non-riesce-piu-a-trovare-il-telefonino-capo-della-protezione-civile-lo-fa-suonare-con-it-alert/