Il libro sul Covid di Lella Beretta è un messaggio d’amore lanciato alla sanità vercellese

Lella Beretta illustra il suo libro, accanto a lei Eva Colombo e Aldo Casalini

“Le immagini di questi libro, ed i testi, raccontano veramente le persone che, durante la pandemia, hanno curato, sono state curate e anche quelle che, dopo aver curato, sono passate dall’altra parte”. Così, la direttrice generale dell’Asl Eva Colombo ha introdotto oggi, nell’aula magna dell’ospedale “Sant’Andrea” la presentazione ufficiale del libro Covid 19 – L’ospedale in tempo di Pandemia, un volume che comprende il reportage fotografico realizzato da Lella Beretta,  appunto durante la pandemia del 2020, integrato da testimonianze scritte di operatori sanitari e di ammalati curati nel nostro ospedale. Il tutto su progetto editoriale della primaria del Dea, Roberta Petrino. Il libro, stampato da “Gallo”, è in vendita a 30 euro, ed il ricavato servirà a finanziare, come ha ricordato Eva Colombo, l’acquisto di tre ventilatori polmonari per il “Sant’Andrea”: la vendita dei volumi è a cura di due Onlus: la vercellese Dodicidicembre e la valsesiana Igea. Oltre alla dottoressa Colombo, erano presenti anche i due direttori generali precedenti, Chiata Serpieri e Angelo Penna perché la pubblicazione ha coinvolto – tra scelta di realizzarla e stampa – tutti e tre.

QUEL GIORNO DI CARNEVALE, A SANTHIA’

Successivamente, il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli, Aldo Casalini, ha sottolineato il fatto che il progetto di un’opera del genere, che è una testimonianza forte e coinvolgente di un momento storico che nessuno dimenticherà mai, non poteva essere ignorata dalla Fondazione, che volentieri l’ha finanziata.

Gli invitati, oggi, nell’aula magna del “Sant’Andrea””(foto Renato Greppi)

La presentazione dell’opera è stata a cura della giornalista de “La Stampa” e cara amica di Lella Beretta Roberta Martini la quale ha ricordato il giorno in cui, presente, con Lella Beretta al Carnevale di Santhià (febbraio 2020), su invito di Alessandro Caprioglio (co-finanziatore con la Fondazione del libro), arrivò all’improvviso la notizia che l’Italia sarebbe andata incontro al lockdown. Lella Beretta ha colto l’assist offertole da Roberta Martini e ha raccontato l’idea del libro: “Il lockdown -ha detto – arrivò davvero. Ci trovammo chiusi all’improvviso nelle nostre case con le immagini televisive sconvolgenti e ricorrenti di morte e di disperazione. Non dimenticherò mai la sfilata delle bare a Bergamo sui mezzi militari. Ed in quel clima terribile, con gli ospedali che si stavano trasformando in bunker, io decisi che dovevo raccontare una storia ‘differente’ da tutte le altre che avevo documentato nella mia vita. E pur essendo una fifona, una che aveva sempre paura di entrare normalmente in ospedale, anche per un semplice esame del sangue, mi rivolsi ala dottoressa Emanuela Pastorelli e al dottor Germano Giordano affinché sondassero la direttrice generale Chiara Serpieri sulla fattibilità della mia idea. Forse lo feci perché convinta che mi avrebbero risposto seccamente ‘no’. Invece arrivò il ‘sì’ e fu l’inizio di tutto”.

TRA LE TESTIMONIANZE, QUELLA DI MATTIA BELLAN

Compiuto il più incredibile reportage della sua vita, senza risparmiare nulla alla verità sconvolgente di quei giorni (neppure le bare in fila nelle camere ardenti), Lella Beretta si rivolse alla primaria del Dea, il reparto più coinvolto nella sua missione. Ha confermato la dottoressa Petrino: “Dopo avere scattato centinaia di foto al Dea e avere fatto una prima, importante cernita, Lella mi chiama e mi chiede: ‘Mi aiuti a mettere assieme un po’ di frasi per il libro?’. L’ho aiutata coinvolgendo medici, infermieri, degenti che erano guariti. Storie vere e racconti che fanno venire i brividi. Testimonianze toccanti, come quella di Mattia, il figlio del dottor Bellan, a sua volta medico, uno dei tre dottori vercellesi uccisi dal Covid; e poi quella del dottor Pier Giorgio Fossale, colpito, come poco più tardi sarei stata io stessa, dal Covid. E poi il racconto bellissimo, da vero narratore, di Sergio Macciò e un altro racconto ragguardevole, che definirei ‘distopico’ del dottor Olivetto. E ancora le testimonianze preziose di due sanitari in prima linea nella guerra al Covid, come il dottor Borrè e la dottoressa Silano.  Un libro che dovrebbero leggere in tanti, per capire, per non dimenticare”.

L’intervento di Giulio Pretti

PRETTI: MI HANNO DATO FORZA GLI OCCHI DEI MEDICI

Chi non ha dimenticato, è il presidente onorario del Comitato manifestazioni vercellesi Giulio Pretti che, ancora con l’ossigeno in borsa, sollecitato da Roberta Martini ha riassunto la sua storia di Covid iniziata l’11 marzo e conclusa elmeno con il ritorno a casa il 20 giugno del 2020.  “In quei giorni – ha raccontato Pretti – stentavo a capire dove fossi e perché. Eero circondato da medici, infermieri e oss che faticavo a distinguere con le visiere e le mascherine, ma i loro occhi mi dicevano tutto. Sono stati quegli occhi a darmi forza e coraggio: non potrò mai dimenticarli”.

UN DEGENTE SALVATO: QUELLE CAREZZE AL MIO CASCO

Toccante anche la testimonianza di Giovanni Bertolini, che fu ricoverato nel reparto Covid di Borgosesia: “Quando l’infermiera è entrata per comunicarmi l’esito del tampone, finalmente negativo, il maledetto  ‘bastardo’, così continuo a chiamare il Covid, non mi ha permesso di caricarmela sulle spalle e di portarla in giro per tutto il reparto, gridando: Evviva! Evviva!’ Non potendo stringere né lei né tutti gli altri medici e infermieri in un forte, interminabile abbraccio, mi sono dovuto limitare al linguaggio delle mani: cuoricini mimati, pollici levati, e qualche lacrima. Vorrei invitare tutti a non dimenticare mai queste persone che mi hanno salvato, che continuano a salvarci: l’Italia intera deve tanto a tutti loro. Io non dimenticherà mai le carezze date al mio casco”.

La moderatrice della presentazione ha voluto ascoltare anche il pensiero di Germano Giordano, che all’epoca fece partire tutta l’operazione e che poi è subentrato a Giorgio Fossale nel ruolo di presidente dell’Ordine dei medici. Ha detto Giordano:”In questo libro io ritrovo tante cose, anche e soprattutto l’orgoglio di essere medico  perché tanti, tantissimi miei colleghi, pur in una situazione di enorme difficoltà, non hanno mai avuto cedimenti”.

BORRE’: E DIRE CHE RISPOSI DI NON AVERE TEMPO DA PERDERE

L’intervento del dottor Sergio Borrè

Infine, Roberta Martini ha coinvolto anche Sergio Borrè, a capo degli Infettivi, l’inferno di quei giorni. Il primario è stato anche spiritoso: “Quando il dottor Germano mi ha chiesto se una fotografa poteva venire nel mio reparto a documentare ciò che stava accadendo, subito ho risposto: ‘Non ho tempo da perdere’. Dunque (e lì si è rivolto, sorridente a Lella Beretta) sono partito malissimo. Ma adesso spero di riparare dicendo che questo libro va assolutamente letto per la sua capacità unica di raccontare un periodo, da cui non siamo del tutto usciti, con una forza davvero unica”. Sul fatto di “non essere ancora del tutto usciti dal rischio”, Borrè ha sottolineato come tutti coloro che non si sono ancora vaccinati rischiano di entrare nello stesso tunnel percorso dai malati di cui parla l’opera di Lella Beretta.

EDM

 

 

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