La possibilità di fare il test sierologico agli operatori della sanità divide i sindacati degli infermieri

Sindacati degli infermieri divisi sulla possibilità di effettuare il test del sangue per scovare l’immunizzazione a tutti gli operatori della sanità. Da un lato il Nursing Up che chiede di adottare questa procedura nel minore tempo possibile. “Vista la scarsità dei tamponi fatti – scrive il Nursing Up – agli infermieri e agli operatori della sanità, sollecitiamo le aziende ospedaliere a provvedere ad adottare, nel minore tempo possibile, i protocolli di controllo dell’immunizzazione tramite prelievi di sangue. Se tutte le aziende del Piemonte avviassero i test del sangue sullo stato di immunizzazione dal virus per tutti gli infermieri e operatori della sanità, in poco tempo si avrebbe una mappa precisa dei soggetti che di fatto non sarebbero più a rischio e potrebbero dedicarsi al lavoro di cura dei pazienti con maggiore tranquillità, pur con tutte le protezioni del caso. Un enorme passo avanti per la sicurezza degli infermieri e degli operatori, che diminuirebbe il caos odierno creato dall’attesa sempre più pressante dei tamponi”.

 

Di parere opposto il Nursind che in una nota esprime dubbi sulle finalità del test sierologico: “Nei giorni scorsi abbiamo inviato una lettera al Presidente del Consiglio, alla Conferenza delle regioni e al Garante della privacy in merito all’esecuzione, in via prioritaria, di test sierologici al personale sanitario allo scopo di verificare eventuali immunità contro il coronavirus. Tale test pare non sia finalizzato a stabilire la positività alla malattia del dipendente, e quindi sapere se è infetto e allontanarlo dal lavoro. Tale test è finalizzato a stabilire se il sanitario sia “immune” al virus e pertanto possa andare a diretto contatto con pazienti COVID senza contrarre, in linea teorica, la malattia. Questo dato, se non correttamente protetto e condizionato, potrebbe essere utilizzato dal datore di lavoro per adibire all’assistenza dei pazienti Covid infermieri che siano risultati immuni e – ovviamente speriamo non succeda – in caso di carenza di DPI venga considerata protezione sufficiente il risultato del test sierologico. Questa strada, da Nursind naturalmente non è condivisa. Questo sospetto parte anche da alcune dichiarazioni di presidenti di regione che dicono che il test sarà fatto prioritariamente a tutto il personale sanitario e non a un campione di esso o alla popolazione”.

 

Il Segretario regionale del Nursing Up Piemonte, Claudio Delli Carri, aggiunge: “In questi giorni sempre più immunologi stanno aprendo a questa tipologia di test che permette attraverso l’analisi del sangue di comprendere l’effettiva o meno immunizzazione al coronavirus avvenuta in una persona, attraverso i marcatori della reazione immunologica. Auspichiamo che si faccia il test sull’immunizzazione nel minor tempo possibile a tutti gli infermieri e operatori della sanità che lavorano nelle aziende ospedaliere del Piemonte in modo da avere subito una mappatura precisa di chi abbia sviluppato immunità dal virus.

I colleghi certificati “immuni”, quindi, potrebbero essere impiegati al lavoro con una maggiore tranquillità, avendo anche minore timore di essere contagiosi per i propri famigliari e parenti. Un grande passo avanti rispetto a quello che accade oggi con l’incertezza della propria salute legata alla mancanza di test tampone per tutti. Un passo avanti anche per la sicurezza di tutti, ricordando che un operatore sanitario sano è garanzia di salute per tutti: pazienti, cittadini, colleghi e familiari”.

 

Per Francesco Coppolella, segretario piemontese Nursind, invece: “Abbiamo sentito dire da altri che lo scopo del test sierologico è quello di poter far tornare al lavoro i dipendenti. Se si considera che le attuali norme non prevedono la quarantena per il personale sanitario ma solo l’isolamento in caso di accertata positività (la Regione Lombardia non ha effettuato per più di un mese il tampone ai sanitari asintomatici) non si capisce chi deve tornare a lavorare o, piuttosto, sembrerebbe chiaro che si individua un gruppo di lavoratori che, se a contatto con pazienti Covid positivi, anche senza DPI non rischierebbero di contrarre la malattia. Nursind ritiene che sia importante chiarire ai sanitari diversi dubbi considerato che con le poche conoscenze sul virus che abbiamo (ci sono alcuni casi di recidiva e non sappiamo se l’immunità che si sviluppa è temporanea o definitiva) non deve essere messa a rischio la salute e la vita degli infermieri e degli altri sanitari. Vogliamo sapere se c’è chiarezza, a livello scientifico, sul tipo di “immunizzazione” che si realizza. Ogni collaborazione sindacale che miri alla tutela dei lavoratori è per noi ben vista ma non si può prescindere dalla chiarezza della finalità dei test diagnostici e dell’utilizzo del risultato in termini di difesa della salute degli infermieri lavoratori.

La “schedatura” dei lavoratori in base alla “immunizzazione” ai fini lavorativi ha il vago sapore di un metodo di selezione dei lavoratori contrario ai basilari principi etici di ogni società civile”.

Love
Haha
Wow
Sad
Angry

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here