La ferita aperta di quell’abbraccio vietato nella Rsa di Vercelli

La Stanza degli abbracci della foto è qulla gonfiabile di una delle Rsa del milanese

È molto difficile comprendere la scelta del Cda della casa di Riposo di Vercelli di rifiutare la donazione del grande filantropo vercellese, il Cavaliere Carlo Olmo, privando così i suoi ospiti e i parenti degli ospiti della cosiddetta “stanza degli abbracci”. O forse non lo è.

La stanza degli abbracci, per capirci, è un sistema a tunnel fatto di pareti in plastica come se fossero delle tende, che sono in materiale trasparente e del tutto isolante, montato in modo morbido perché così si possa permettere agli ospiti di una Rsa, fragili, fatalmente esposti a contagi Covid, di riabbracciare e vedere i propri parenti, figli, mogli, mariti e nipoti, in sicurezza perché sempre separati da questa tenda di materiale trasparente che permette quasi il contatto pur proteggendo i soggetti coinvolti. Come toccando qualcosa con un guanto protettivo, per comprenderci. Ne abbiamo viste centinaia in uso in altrettante Rsa del nostro Paese, montate per lenire il dolore più profondo di questa maledetta malattia: il distacco e la paura di morire senza nemmeno poter vedere o sentire i propri cari.

A Vercelli questa stanza degli abbracci non ci sarà. Ci sarà invece in due delle altre otto Rsa fuori da Vercelli che si sono dette pronte da subito ad accettare l’ennesima incredibile donazione di Olmo, mai come in questo caso con un termine più appropriato: “a braccia aperte”.

Ora, chiaramente, non siamo noi giornalisti e non sono io la persona adeguata ad approfondire in modo tecnico i problemi di sicurezza addotti dal Cda nel rifiutare tale dono. Ma la ferita che questa decisione ha aperto per ciò che significa, per chi ha un parente in quella struttura, per chi vive in quella struttura, sarà difficile da rimarginare. Solo due giorni fa Vercelli ha perso un ponte, fisico, che collega due zone della città. Ebbene, oggi, Vercelli perde un altro ponte, questa volta morale e ben più importante, che avrebbe potuto collegare le anime di nonni e nipoti, riallacciare anche per pochi secondi il contatto tra padri e madri e i propri figli, mogli e mariti, persone che si amano ma non possono stringersi proprio nelle ore più difficili. Vercelli sceglie il buio della burocrazia, alla luce dell’anima e della bontà nell’anno in cui tutti più che mai abbiamo bisogno degli altri. E lo fa oltretutto voltando le spalle a quel patrimonio prezioso che è l’avvocato Carlo Olmo, una perla rara di bontà e altruismo, con un atteggiamento che lascia l’amaro in bocca. I problemi di sicurezza, quelli tecnici, quelli di installazione e di controllo con la buona volontà e l’ingegno si possono anche superare. Gli sguardi spersi, lo sconforto e l’amarezza di chi si è vista sottratta questa piccola possibilità di calore umano non si potranno, invece, superare facilmente.

 

Luca Avenati

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