Andrea e Federica Valeriano: “Mamma eri il nostro faro, la nostra luce. Ora veglia su di noi”.

 

Una folla enorme, che la pur grande chiesa del Sacro Cuore non è riuscita ad accogliere completamente, ha dato l’addio questa mattina a Tonina Opezzo Valeriano, scomparsa a 60 anni per una malattia inesorabile (la Sla) che l’aveva colpita otto anni fa. A stringersi attorno al marito Fabrizio, ai figli Federica e Andrea, alla mamma Carla, alla sorella Maria Piera, a parenti, alla badanti Fernanda, Fatima, Mery e Nadia, tantissima gente, tra cui gli amici del Panathlon Club, dell’Hocky Amatori, della pallavolo vercellese. Hanno concelebrato il parroco don Augusto Scavarda, il vice parroco don Pietro Urbinis e don Gianfranco Brusa, assistiti dal diacono Roberto Mattea. La funzione è stata accompagnata dalla musica suonata da Flavio Flavio Ardissone e da Carlo Montalenti, mentre la bellissima voce di Fernanda Costa (una delle assistenti di Tonina in questi anni) ha intonato, durante l’Eucarestia, l’Ave Maria di Gounod. E, al termine della finzione, mentre il feretro usciva dalla chiesa, il Pie Jesu di Fauré.

Davvero toccanti tre momenti della funzione: l’omelia di don Scavarda (sul Vangelo di Giovanni) ed i saluti dei figli dell’amatissima maestra elementare della Carducci e della Gozzano. Quello di Federico Valeriano è stato letto dall’amico fraterno di famiglia Roberto Mattea.

Ha detto il parroco: “Negli ultimi otto anni di sofferenza e dolore, Tonina è stata accudita amorevolmente da Fabrizio e dai suoi figli. Ricorderemo il suo sorriso, la sua gentilezza , la sua cordialità, la sua intelligenza, la sua sollecitudine amorevole, che sono stati  un riflesso, l’impronta di Dio per noi: madre e maestra disponibile, capace, giusta, esigente per il bene del prossimo, Tonina ha combattuto con umanità e coraggio, ha abbracciato la sua croce con determinazione, ha donato tutte le sue risorse finché la salute l’ha sorretta”.

Ed ecco le parole di Andrea Valeriano: “Sono qui a fianco a te, da solo, per l’ultima volta dopo questa lunga ed estenuante malattia. Durante questo percorso, come figlio, sono crollato molte volte, perdendo la testa perché tu, giustamente, chiedevi esigenze che io non riuscivo a darti, ma nonostante tutto non hai mai smesso di guardarmi con quegli occhi pieni di lacrime e arrabbiati, ma nello stesso tempo con quella voglia di vivere  per me, per Fede e per il papà. Da te abbiamo imparato tanto, ma soprattutto la cosa più importante: che si lotta sino alla fine: anche quando si perde, sempre si esce con la testa alta, sapendo di aver dato tutto”

”Tu rimani un faro per noi, circondata da tutte queste persone che non ti hanno più visto, ma che ti ricordano ogni volta che le incontro. Sei e resterai per sempre la mia mamma, anche se ora sei un angelo Lassù, insieme al tuo papà, alla nonna Tina e al mio amico fraterno Valerio e a tutti gli altri angeli. Proteggici e sii libera di usare le tue braccia e le tue gambe come vuoi, di asciugarti da sola le lacrime, lacrime che sono piene di rabbia  e di gioia, quando lo vorrai. Ma soprattutto di insegnare la vita come hai fatto a me, a noi e ai tuoi amati bimbi per anni. Un ‘ti voglio bene’ non basta per tutto quello che hai fatto per noi. Ancora due cose: un ringraziamento al mio papà, alla sorella e alle assistenti che non ti hanno mai lasciata sola in questi anni, ma soprattutto grazie a Chiara, la mia futura moglie, se Dio vorrà, che mi ha sopportato, rincuorato, che ha rinunciato a tanto, e soprattutto non si è mai tirata indietro nelle cose materiali di cui la mia mamma aveva bisogno. Grazie, mamma. Questa lettera sarà piena di errori, che ti faranno arrabbiare, ma anche ridere, ma stavolta, lo sappiamo, solo tra io e te. Ti voglio bene, mamma. Il tuo per sempre Tato”.

Questo il saluto di Federica: “Era il novembre del 2014 quando, guardando negli occhi il dottore che per prima ti aveva visitato, mi ha detto: ‘Spero di sbagliarmi’. Di qui siamo partiti per quel lungo viaggio. Sono una sportiva, ho affrontato diversi avversari, potevo vincere e potevo perdere. Sicuramente potevo giocare, ma con questa malattia, no. Ci siano stretti attorno a te, guidati dalla tua luce e abbiamo fatto tanta strada, navigando nel buio e nell’ignoto. Non scoderò mai papa quando seduti intorno ad un tavolo ci disse: ‘Dobbiamo portare la nostra Concordia al porto’. Gli ultimi mesi, le ultime settimane sono state lunghe e faticose: eravamo in porto, ma non volevi attraccare per il tuo attaccamento alla vita, a noi al papà. Poi, erano le 19,20, ti sei spenta e sei volata in Cielo. Abbiamo lottato come dei pazzi ed ora il nostro dolore è gratificato dal pensiero che sei libera nel Cielo, ora il timone, mamma, ce l’hai nelle mani tu. Veglia su di noi, cara mamma. Il mio grazie a tutte queste persone che ci sono state al fianco per tutti questi anni. Fai buon viaggio e stacci vicino sempre, ciao, mamma”.

Due addii, di due ragazzi straordinari, che hanno commosso tutta la chiesa.

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