A Vercelli gran parte dei cittadini, di ogni età, ha ormai imparato a conoscere Carlo Olmo e le imprese del Lupo Bianco. Tuttavia sono ancora in pochi a conoscere ciò che il maestro della Shen Qi Kwoon Tai ha incominciato a realizzare da circa due anni e che portera’ a termine probabilmente nell’estate del 2021: un’opera colossale, unica in Italia, un esempio di sincretismo a dir poco stupefacente tra culture e religioni di tutto il mondo.
Si tratta dell’immenso Giardino d’Estate e dell’area attigua dedicata alle principali divinità e miti dell’India e della Cina che la cultura di Olmo lega con straordinari salti temporali anche alla religione cattolica e alla cultura occidentale: un’opera stupefacente, che Olmo sta realizzando sopra a quella che era una vera discarica, dietro al palazzo ex Ipai: un terreno ottenuto in comodato dalla Provincia ai tempi della presidenza di Carlo Riva Vercellotti.
Ovviamente, a proprie spese, a poche decine di metri dal Modo Hotel e dall’ex Lidl, Olmo sta portando a termine una realizzazione che tra non molto esporrà all’attenzione dei suoi concittadini e non soltanto. E tutti i visitatori rimarranno stupefatti. Su disegni propri, e ricerche accurate, attingendo a decenni di studi, cultura e meditazione, il benefattore vercellese ha affidato alla ditta “Idronatura” di Ghidoni e Micheletti, di Olcenengo – che si occupa in modo particolare di impianti di irrigazione, essendo l’acqua al centro di tutto – la costruzione di questo gigantesco Giardino d’Estate che, nelle sue intenzioni, vuol essere una colossale protezione per l’intera città. Se sono tanti i simboli di divinità, saggi e guerrieri presenti nella Xanadu personale di Olmo, su tutto il Giardino d’Estate troneggia la figura della dea della Misericordia Kwan Yiu (“colei che ascolta i lamenti del mondo”), la grande guaritrice che, al momento di andare di andare in paradiso, ha deciso di rimanere sulla terra per salvare tutti gli uomini.
Olmo è particolarmente legato a questa amatissima figura che nel buddismo cinese ha preso il volto di Avalokitesvara: le ha dedicato un’opera lirica (di cui ha scritto il libretto) “Il Cerchio della Luna – Storia della Grande Dea”, stupendamente interpretata da Serena Rubini, e in tutto il Giardino d’Estate Kwan Yiu è presente in varie rappresentazioni: ma soprattutto è lei ad essere raffigurata sotto la grande pagoda cinese da sette tonnellate che troneggia nell’area destinata alle raffigurazioni dei miti religiosi al centro del progetto di Carlo Olmo, e che si chiama “Tempio del Cielo”.
LA PIU’ GRANDE PAGODA CINESE IN MARMO D’EUROPA
Si tratta della più grande pagoda cinese costruita in Europa. La dea (che adesso porta al collo un ciondolo del Lupo Bianco realizzato da Giada Paione) è raffigurata con una doppia immagine, in modo che durante le deambulazioni sacre di preghiera (che devono essere interne ed esterne, ma sempre in numero dispari) si possa continuamente vedere la sua immagine. Attorno alla Pagoda (che è uno dei luoghi dove Olmo ama ritirarsi in meditazione: vedremo tra non molto qual è l’altro) decine di statue e disegni giganteschi (questi ultimi ad opera di un artista geniale qual è Davide Bertolotti), mutuati dalle più antiche religioni del mondo: gli otto Immortali della Tradizione Taoista cinese; i quattro Re Celesti, antesignani dei principali arcangeli della religione cattolica (Michele, Gabriele, Raffaele e Uriele), visto che combattono e vincono i demoni, schiacciandoli sotto i piedi; il dio scimmiotto dispettoso Sun Wu Kong e la più antica divinità che si conosca, Indra, il Signore della Folgore, osannato da tutti gli antichi dei, ma ora dimenticato.
Dimenticato da tutti, ma non da Olmo, cui la leggenda di Indra ha consentito di lanciare il ponte culturale forse più suggestivo tra le antichissime culture dell’India e, addirittura, Dante Aligheri. Difatti, in un laghetto realizzato dalla “Idronatura”, dove arriverà ben presto una grande nave in marmo di 4 metri per 2 acquistata in Cina, c’è una rappresentazione del Monte Meru, il Monte Sacro dell’induismo dove appunto, nella città di Amaravati viveva Indra. La rappresentazione di Monte Meru nel Giardino d’Estate di Olmo è simile alla struttura a cerchi immaginata da Dante nell’Inferno.
E questo non è che uno dei tanti rimandi tra culture ed religioni separate anche da millenni. In questi giorni Carlo Olmo è in attesa della Cina di tre grandi opere in marmo commissionate per il suo Giardino: oltre alla nave che abbiano appena citato, un’Aquila reale (che sostituirà quella già esistente in cemento), e il Grande Guerriero del 200 dopo Cristo Guan Yu.
IL CAMMINO DEGLI ILLUMINATI, RUOTE E BANDIERE DI PREGHIERA TIBETANE
Nel Giardino d’Estate, disseminato di ruote e di bandiere di preghiera tibetane che palpitano al vento, e con rimandi anche ad un’altra grande divinità del passato adesso dimenticata (ma non da Olmo) e cioè Brahma, il creatore dell’Universo, ogni pietra, ogni singola figura rappresentata ha una storia su cui, singolarmente, Olmo ha speso mesi, a volte anni di studio: quando andrete a visitarlo fatevi spiegare (e ne rimarrete affascinati) la storia del Cammino degli Illuminati sull’acqua che conduce alla grande Pagoda. E, qualora fosse lui il vostro appassionato cicerone, non dimenticate di farvi citare tutti i nomi delle piante (non casuali) di cui l’opera è disseminata: ad esempio gli alberi di ciliegio kanzan giapponese, sotto i quali c’è un Aiku (la classica poesia breve del Giappone) creato da Alberto Bocchio; compare su una targhetta in metallo e dice così: “Vento tra i ciliegi in fiore / Shakuhachi di maestro pare / suono di neve che cade” (Shakuhachi è il flauto giapponese).
IL GRANDE SALICE CHE NON DEV’ESSERE MAI POTATO
Abbiamo cercato di raccontare a volo d’uccello (ma occorrerebbe un libro) una minima parte di questa realizzazione sincretica unica nel nostro Paese: prima di proseguire aggiungiamo solo che tutti i simboli che la costituiscono sono orientati verso la stella polare, e dunque a Nord. Ma se con lo sguardo adesso vi ponete a Sud: ecco l’immenso giardino di erba poa e festuca nana, curato in continuazione dal robottino “Attila”, teleguidato da quattro satelliti. Questo giardino, grande come un campo di calcio (forse più) all’estremo Sud presenta un meraviglioso, curatissimo giardino Zen, realizzato accanto ad un sentiero dell’infinito, con tutte le regole canoniche rispettate (dal ponticello Sagramatha sospeso sull’acqua che scorre, all’acero rosso). Lì Olmo ha piantato un immenso salice che non vuole mai potare. E’ il “suo” luogo di meditazione, dove ama ritirarsi, pregare. Probabilmente da quel salice, che egli associa spesso alla presenza dell’amatissimo padre, è nata la visione del Lupo Bianco che egli ha avuto all’interno dell’Accademia. Accanto a quel salice, ci sono pietre rosate che egli ha fatto arrivare da Albenga: quando sono state sistemate, si è creato una spazio (che non doveva esserci), dove il maestro della Shen Qi Kwoon Tai ha fatto sistemare una bella riproduzione della Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto. Sullo stesso gruppo di pietre rosate, campeggia un bellissimo volto del Cristo donato a Olmo dal santuario di Loreto.
Durante la pandemia, quante volte, ogni giorno, Olmo si è ispirato a quel luogo del cuore e da quelle ispirazioni sono derivate le azioni concrete che hanno salvato centinaia di vite umane.
Non riteniamo di essere riusciti ad essere esaustivi sul Giardino d’Estate, dove è giusto aggiungere che nella bella stagione, e soprattutto adesso con le norme Covid da rispettare, Olmo tiene le sue lezioni di arti marziali.
Se paragoniamo il mondo del pensiero di Olmo ad una grande casa, ad un castello, pensiamo di non essere riusciti a descrivere neppure una stanza, ma forse, semmai, la chiave della porta d’ingresso. Toccherà a lui, quando deciderà di aprirlo al pubblico descriverlo ai visitatori e, conoscendolo, lo farà con passione e con gioia infinita.
ENRICO DE MARIA