Sulla targa c’è scritto: “Giardini dr. Ezio Ballarè 1928-2008. In memoria del medico in Vespa che amava i poveri. Diligite Pauperes”. Da questa mattina, poco dopo mezzogiorno, il medico con i baffi, pronto a salire in sella alla sua Vespa, anche in pigiama, se qualcuno, specie un bambino, aveva bisogno di lui a notte inoltrata, ha un’intitolazione pubblica nella sua città, nei giardini di piazza D’Angennes, accanto alla via dove si trovava il suo ambulatorio.
La targa che adesso lo commemora per sempre è stata scoperta dal sindaco Andrea Corsaro alla presenza dei parenti del medico (i nipoti Andrea ed Emilia, i pronipoti Umberto e Marcella e la cognata Paola), e di una folla di ex assistiti, di amici fraterni, di esponenti del Vespa Club (e c’era anche la sua ultima Vespa, bianca). Ma, soprattutto, ripetiamo di “amici” perché, come ha detto il sindaco Corsaro, sottolineando la straordinaria empatia che Ballarè sapeva creare con tutti, il medico in Vespa più che assistiti (addirittura ben oltre quattromila), aveva amici, che si facevano curare da lui. Il sindaco, prima di scoprire la targa “con emozione e commozione” ha appunto sottolineato il valore di un grande medico che non si limitava a curare scrivendo ricette. Ballarè parlava con i suoi mutuati (gli amici), entrava subito in sintonia con ciascuno di loro, capiva ciò di cui avevano bisogno, ben al di là della prescrizione medica, e li seguiva nel percorso di cura e di guarigione infondendo loro la carica per venire a capo dei loro problemi.
Ma il dottor Ballarè era anche un grande diagnosta, come ha ricordato Andrea Barone, infermiere professionale di grande esperienza: “Quando lavoravo al Pronto soccorso, capitava che, anche di notte, arrivasse un malato di Ballarè con la diagnosi ‘Appendicite’. In quei casi, prima di fare la verifica clinica, si avvisava già il chirurgo reperibile perché programmasse l’intervento. Ballarè non sbagliava mai”.
Il ricordo di Andrea Barone è stato quanto mai opportuno perché egli faceva parte degli amministratori del Gruppo Facebook “Sei di Vercelli se…” da cui è partita la proposta di intitolazione dei giardini a Ballarè. Il 21 gennaio 2017, una vercellese, Enrica Tasso scrisse appunto sulla pagina Facebook di quel Gruppo: “Chi si ricorda del dottor Ballarè”. “Fu un’esplosione post mai vista – ha detto Barone -: tutti avevano un ricordo caro, affettuoso di questo grande medico che amava la compagnia, la buona tavola, che spesso si fermava, invitato, a pranzo o a cena, dei suoi mutuati o che ospitava gli amici nella sua baracchetta in fondo all’Isola”. Da quel profluvio di messaggi, il passo verso la sottoscrizione con le firme per chiedere ufficialmente al Comune (allora sindaco era Maura Forte) di intitolargli i giardini a ridosso del suo studio professionale è stato breve. La richiesta è stata poi accolta e quindi attuata da questa amministrazione.
Oltre a Barone, dopo lo scoprimento ha preso la parola Giulio Pretti, come Priore della Confraternita di Sant’Antonio, di cui Ballarè era anima e vice presidente. Pretti ha ricordato che nel 1985, quando la Confraternita venne sostanzialmente rilanciata da un gruppo di volontari, di cui ovviamente Ballarè faceva parte, si incominciò a riconsiderare l’idea di portare a spalla tutte le Macchine della Processione del Venerdì Santo. Ha detto Pretti: “Il dottor Ballarè credeva fortemente nella necessità di rilanciare la proposta dei portantini, visto che negli ultimi tempi, le pesanti statue lignee venivano collocate sopra i furgoni. E alla fine la spuntò. Tutte le altre Confraternite aderirono alla nostra proposta, che era in sostanza la sua, ma c’era il problema di quelle che non riuscivano a procurarsi i fedeli in grado di svolgere quella funzione tradizionale. Così pensò lui a contattare i vigili del fuoco, che dissero sì e che ancora oggi partecipano alla Processione delle Macchine. Infine, fu il dottor Ballarè a recuperare la tradizione di far indossare il saio ai portantini delle Macchine: incominciò ovviamente dalla nostra Confraternita e poi l’esempio coinvolse tutte le altre. Non era quindi solo un uomo di scienza, ma anche un grande umanista, che amava la storia e le tradizioni della sua terra”.
Di quello storico gruppo della Confraternita del dottor Ballarè, oggi sono rimasti in tre: oltre a Pretti, Carlo Massimello e Luigi Orlacchio, pure loro presenti alla cerimonia odierna.
Infine, un accenno alla scritta che compare nella targa: Diligite Pauperes (amate i poveri). L’idea di apporla è stata del sindaco, grande studioso di storia, ed in particolare della nostra città. Fa parte della celebre frase che il Beato Amedeo, al secolo il Duca Amedeo IX di Savoia, grande protettore e benefattore dei poveri, secondo la tradizione, pronunciò poco prima di morire nella sua stanza che si trovava nella Torre a destra del Castello (ora Palazzo di Giustizia). La frase, che compariva in una targa collocata sulla Torre, poi crollata, era questa: “Odite iniquitatem, custodite judicium, facite iustitiam, diligite pauperes, et Dominus dabit pacem in finibus vestris.” (”Odiate l’iniquità, osservate il giudizio, fate giustizia, amate i poveri e il Signore darà pace ai vostri confini”).
Edm
Una bellissima decisione. Vercelli si è ricordata del bene che ha ricevuto.. da ora in poi, quando sentiremo su di noi un refolo d’aria senza vedere nessuno, sapremo che è lo spirito del Dr. Ballaré, intento a far cose buone, che ci sfiora passando con la sua Vespa.