DIVERGENZE 106 – Quei campioni che Vercelli dovrebbe onorare

Gino Cantone, unica medagli a d’oro individuale vercellese sinora alle Olimpiadi

Le imprese di numerosi giovani atleti vercellesi – la capofila è ovviamente Chicca Isola – stanno riaccendendo la fiamma dell’orgoglio nella  nostra città che, giorno dopo giorno, si riscopre sempre più legata alla sport. 

E’ per questa ragione che ci permettiamo di ritornare su un argomento che ci sta particolarmente a cuore: vale a dire quello del riconoscimento ufficiale, scritto, impresso, di coloro che, in passato, hanno fatto grande la nostra città sotto l’aspetto sportivo.

Vercelli, città dello Sport per eccellenza, non ha ancora dedicato alcunché – una via, un vicolo, un giardino, una palestra – all’unico suo atleta che sia stato sinora in grado di vincere una medaglia d’oro individuale alle olimpiadi: lo spadista Gino Cantone, che fece l’impresa  ai Giochi di Londra nel 1948.

E lo stesso discorso vale per Piero Ferraris II, campione del mondo di calcio, con Silvio Piola, nel 1938. Oltre ad aver condiviso con il più grande bomber italiano di tutti i tempi il trofeo più importante che possa essere assegnato ad un calciatore, Ferraris II può vantare ben sei scudetti, due conquistati con l’Ambrosiana Inter e quattro nel grande Torino. Come ha scritto Bruno Casalino nel titolo del bel libro edito da Effedì  che, finalmente, celebra Ferraris II anche a Vercelli: “Se sei scudetti vi sembran pochi”. 

E poi c’è Secondo Ressia, il più grande manager nella storia della Pro Vercelli: l’uomo che scoprì, tra gli altri, Silvio Piola, e al quale due che se ne intendevano di calcio, come Giampiero Boniperti e Italo Allodi, in occasione dell’ottantunesimo compleanno, spedirono un telegramma che diceva così: “Felicitazioni vivissime al più grande General Manager d’Italia”.

Rendere una testimonianza tangibile a questi veri grandi dello sport vercellese (sempre in tema di scudetti di calcio potremmo anche pensare a Viri Rosetta, Ugo Ferrante e Giovanni Pirovano e, per quanto riguarda l’atletica, a “Palo” Fantone, campione italiano assoluto sui 400 ostacoli nel 1940) e a Valdè Fusaro, campione italiano dei pesi leggeri nel 1948  e pugile che combattè addirittura al mitico Madison Square Garden di New York, sarebbe un atto più che dovuto: l’intitolazione di vie, piazze, strutture sportive a loro nome contribuirebbe a non cancellarne per sempre la memoria e a farli scoprire ai giovani d’oggi.

Infine, e qui la ferita è ancora aperta, sarebbe finalmente giunto il momento di riparare ad una dimenticanza che purtroppo fu commessa il 6 dicembre 1997  quando lo stadio “Leonida Robbiano” diventò “Silvio Piola”: quella di aver totalmente cancellato il nome di Robbiano dalla struttura che gli era stata intitolata per poco meno di settant’anni. Urge una seconda targa (magari dalla parte dei popolari), in cui si aggiunga “già Leonida Robbiano” al nome di Piola. E per questa targa “riparatoria”, suvvia, non ci vuole un grande impegno.

ENRICO DE MARIA

Ps: questo vale solo per lo sport, la Cultura meriterebbe un discorso a parte (che faremo). Per ora limitiamoci a dire che sarebbe opportuno intitolare l’area Pisu al professor Joseph Robbone e una via al pittore Umberto Ravello, per capire la grandezza del quale basterebbe fare una visita al Museo Borgogna.

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