Coronavirus – Avvocati amministrativisti sul piede di guerra perché non possono chiudere gli uffici

 

Sulla sua pagina Facebook, l’avvocato Giuseppe Greppi, vercellese, uno degli avvocati amministrativi più prestigiosi del Piemonte, lancia un allarme che riguarda gli studi professionali del colleghi. A causa di una interpretazione restrittiva del Consiglio di Stato, giunta all’indomani del primo, famoso DPCM di Giusppe Conti, quello dell’8 marzo scorso, non sono stati propogati i termini per depositare ricorsi importanti, come ad esempio quelli di fronte al Tar. Con il risultato che gli avvocati non riescono a chiudere gli uffici, lasciando a casa il personale in queso momento così difficile.

Ha scritto l’avvocato Greppi su Facebook: “Attenzione! Il Consiglio di Stato inaugura una interpretazione restrittiva della sospensione dei termini: si applica solo ai termini per ricorrere, i termini processuali non sono sospesi perché gli avvocati possono provvedere in via telematica. Scandaloso. Così non possiamo chiudere e lasciate a casa le impiegate. Non possiamo neppure permetterci il coronavirus!! Qualcuno dovrà scrivere memorie da intubato”.

Greppi contesta la decisione del Tar su fatto che gli avvocati possano provvedere in via telematica. “In realtà . Afferma – non è affatto così. Per depositare entro il termine gli atti dobbiamo andare in ufficio, lavorare, uscire anche banalmente per acquistare i bolli. Ci sembra una decisione assurda in questi tempi di emergenza”.

Ecco che cosa ne pensa l’avvocato Luigi d’Angiolella, Vice Presidente UNAA, l’Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti, annunciando una lettera al Presidente del Consiglio ndi Stato, affinché l’Organo cambi in fretta idea: “Il Consiglio di Stato ha pubblicato un parere nel quale ha considerato che i termini endoprocessuali non siano sospesi imponendo, pertanto, agli avvocati di procedere con i depositi di documenti e memorie anche in questa fase di emergenza. Come vice presidente dell’UNAA ho inviato una lettera al Presidente del Consiglio di Stato per sollecitare una diversa interpretazione”.

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