Confagricoltura: “Il nostro settore capro espiatorio di tutti i danni ambientali”

Le Confagricoltura di Vercelli e Biella e di Novara e Verbania Cusio Ossola ci hanno inviato un lungo documento in cui sollevano una serie di obiezioni sul Piano strategico regionale e si domandano se sia giusto addossare al comparto agricolo il compito di riparare ai danni ambientali.

Confagricoltura Vercelli e Biella e Confagricoltura Novara e VCO rilevano alcune criticità nell’applicazione della strategia sullo sviluppo rurale del Piemonte in merito al contesto socio-economico del territorio vercellese e biellese. Questa stessa strategia viene messa in atto dalla Regione nell’ambito della Pac (Politica agricola comune) 2023-2027, che rispetto a quelle del passato, presenta un elemento di novità, il Piano strategico: è un programma che  consente di tenere più conto delle esigenze locali, della natura particolare dell’attività agricola, e delle disparità strutturali e naturali tra le varie regioni agricole. L’applicazione passa a sua volta da un Complemento di programmazione per lo sviluppo rurale, che viene attuato a livello regionale.

Confagricoltura Vercelli e Biella e Confagricoltura Novara e VCO evidenziano come l’applicazione dei criteri di selezione delle aziende agricole che hanno aderito agli ultimi interventi di sviluppo rurale abbiano penalizzato il contesto imprenditoriale locale. Nello specifico si parla degli interventi su produzione integrata, tecnica di minima lavorazione dei suoi, cover crops, e pratiche di agricoltura di precisione. Ne è dimostrazione il numero esiguo di ettari finanziati dei nostri associati: per la tecnica di minima lavorazione dei suoli, sono stati ammessi 156 ettari a fronte dei 2.171 ettari richiesti, con  una perdita di 613 ettari. Per il cover crops sono stati ammessi 123 ettari  a fronte dei 4.002 richiesti, con una perdita di 3.642 ettari. “Considerato il forte impatto ambientale di tali interventi – commentano i presidenti di Confagricoltura Vercelli e Biella e Confagricoltura Novara e VCO, Benedetto Coppo e Giovanni Chiò -, le riduzioni, oltre a essere negative per le aziende agricole, pongono serie difficoltà per il mantenimento degli obiettivi ambientali del nostro territorio. Rimaniamo perplessi sulla scelta dei criteri adottati: talvolta viene data priorità alle aziende che hanno acquisito esperienza negli anni, talvolta no. Chiediamo di valutare la possibilità di suddividere i fondi a disposizione dei vari bandi con criterio territoriale/provinciale, e non a carattere regionale”.

 

Confagricoltura Vercelli e Biella e Confagricoltura Novara e VCO chiedono anche il rispetto della stagionalità  agricola nell’applicazione del Piano strategico: “Gli imprenditori – sostengono le rappresentanze del Piemonte Nord orientale – devono conoscere gli adempimenti nei tempi utili. È grave il fatto che ad oggi, con i lavori di preparazione per la prossima campagna già in atto, non siano ancora aperti i bandi delle misure  specifiche sul riso, e non si conoscano le date di quando apriranno. L’agricoltura si basa su programmazione, e non improvvisazione”. L’ente auspica inoltre interventi di contenimento della fauna “aliena”, più volte richiesti ma rimasti lettera morta: una mancata programmazione, e l’assenza di progetti di ripopolamento delle specie tipiche della risaia, hanno portato ad un impoverimento della fauna locale a favore di quella non originaria come nutrie, Ibis sacro e Gambero rosso della Luisiana, che causa gravi danni.

Altra criticità riscontrata, i ritardi nell’erogazione dell’anticipo Pac 2023 a novembre, che mette in difficoltà il tessuto produttivo agricolo di tutta la Regione.

Coutenza canale Cavour è ancora in attesa che la Regione saldi la spesa per il rifacimento del ponte-canale sul torrente Cervo, danneggiato con l’alluvione del 2020. Ad oggi il saldo mancante ammonta a più di 2 milioni di euro: qualora non fosse erogato, graverebbe totalmente sul mondo agricolo. “Gli agricoltori hanno ancora le ferite causate dalla siccità del 2022 – conclude Coppo -. Poco si è fatto, e si è persa l’occasione del Complemento per lo sviluppo rurale  per stimolare i risicoltori ad un uso più oculato delle acque primaverili. Spiace rilevare la distorta visione della Regione verso il territorio risicolo, e che le richieste del settore vengano ascoltate poco o nulla. Prova ne sono i mancati incontri richiesti all’autorità regionale”.

 

Ma la richiesta di ascolto arriva anche dal settore zootecnico – conclude Chiò- Si pensi infatti a come le aziende agricole, in special modo quelle ad orientamento zootecnico, siano considerate sempre più delle fabbriche responsabili di inquinamento di acqua e aria e di quanto possa, quindi, essere complicato e spesso antieconomico riuscire a trovare un equilibrio tra il rispetto dei requisiti ambientali, dettati dalla normativa in materia di tutela di aria e acqua, e la sostenibilità economica aziendale.

Si diffonde infatti sempre più tra le aziende dotate di allevamento il pensiero che manchi la volontà di proteggere tale settore. La preoccupazione come Associazione agricola è maggiormente accentuata dal fatto che, negli anni, stiamo assistendo ad un graduale abbandono delle stalle. La nuova PAC sta penalizzando soprattutto tali imprese imponendo norme di condizionalità che prevedono il divieto di mono successione (BCAA7) e il dover destinare una percentuale di superficie ad aree incolte (BCAA8).  Un sistema di questo tipo, pur consapevoli dell’elevato valore ambientale, pregiudica però la prevalenza aziendale in fatto di produzione di foraggi utili a garantire la razione del bestiame, portando le aziende a non essere più autosufficienti nell’alimentazione della propria mandria. Non si possono, infine, tralasciare i pesanti risvolti sociali-occupazionali: lasciare inviolati i campi fino alla primavera successiva comporta dover ridurre drasticamente la manodopera agricola con una conseguente contrazione dell’occupazione.

L’Europa chiede alle nostre aziende di ammodernare le proprie strutture e le proprie attrezzature, per essere più sostenibili a livello ambientale. Tuttavia, senza considerare la scarsa disponibilità di contributi oltremodo difficili da percepire, ci si chiede: siamo certi che il settore agricolo debba essere sempre il capro espiatorio per riparare ai danni ambientali e allo stesso tempo per garantire il famoso “farm to fork”? In che modo? A che prezzo?

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1 commento

  1. Gli agricoltori
    sono sostanzialmente d’accordo
    con i poteri globali
    per ciò che riguarda
    la causa antropica
    di inquinamento .. cambiamento climatico
    ed altre sciagure che,
    quand’anche fossero vere,
    vengo prese a pretesto per varare progetti
    allo scopo di stravolgere la vita
    dell’uomo sulla terra.
    insieme ad altri progetti alla moda.
    Gli agricoltori
    lamentano soltanto alcuni errori
    di “governante”
    nel portar avanti il “programma”,
    ritardi, sfasature,
    non han tutti i torti,
    quando fan due righe di conti
    .. mica son tonti!
    Ma quando lamentano
    d’esser perseguitati. .
    a loro consolazione, va detto,
    che i veri padroni del mondo
    (almeno per ora)
    investono sempre di più
    i propri “risparmi”,
    proprio in terreni.
    E quei ricconi (v. link)
    mica son tonti!
    ..
    https://www.corriere.it/economia/aziende/23_gennaio_31/bill-gates-scommette-sull-agricoltura-ora-dei-principali-proprietari-terreni-usa-a3ec5a10-a142-11ed-8104-5554690e695f.shtml

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