“Cari prof, per individuare il bullismo dovete ascoltare con metodo e intelligenza”

 

Vercelli – “La vittima di bullismo non sa chiedere aiuto. Quindi, una volta che avete intuito che quello studente potrebbe essere vittima di bullismo, da parte di altri ragazzi, stategli vicino, anche durante la ricreazione e fategli capire che capite come si sente, facendo discorsi generici sul diritto di non essere bullizzati: lui capirà. Successivamente, continuando ad ‘osservare’, senza giudicare con troppa fretta, potrete intervenire più radicalmente”.

Sono alcuni dei consigli dati dagli esperti (nella fattispecie la psicologa e psicoterapeuta Sara Saluta) agli insegnanti, da tutta la provincia, accorsi al seminario di formazione-informazione appunto su bullismo e cyberbullismo organizzato dall’Istituto comprensivo Ferraris nell’aula magna della media Verga. Il tutto sotto l’egida della Rete provinciale Scuole Statali provincia di Vercelli radunate nell’hashtag  “#tuttinsieme in Piemonte contro i bullismi”.

Introdotti dal dirigente scolastico Vincenzo Guarino, e dopo il saluto dell’assessore alle Politiche Giovanili del Comune (che  patrocinava l’evento), Emanuele Pozzolo, hanno quindi parlato due rappresentanti della Polizia municipale: il vice commissario Cosimo Tafuro e l’ispettore Antonella Guerra; poi, appunto, la dottoressa Saluta. Era presente anche la comandante dei Vigili urbani, Ivana Regis. Moderatore, il giornalista Enrico De Maria.

I due rappresentanti del Comando vigili si sono innanzitutto presentati ai prof e alle maestre presenti: “Noi siamo il nucleo di prossimità nel cui ambito d’azione si inseriscono anche i procedimenti minorili”. Il vice commissario Tafuro e l’ispettore Guerra hanno quindi dato informazioni preziose sulle norme che oggi, in Italia, regolano il fenomeno. E subito prof e maestre hanno appreso un fatto sconcertante: che esiste una (recente) legge, la 71 del 2017, che riguarda però solo il cyberbullismo, non il bullismo. Ha osservato il vice commissario Tafuro: “Per fortuna una commissione bicamerale sta ovviando a questa assurdità, e ci sono fondate ragioni affinche ciò accada in tempi brevi”.

Da qui la domanda-base che si stanno attualmente facendo i legislatori: “E giusto inserire bullismo e cyberbullismo come reati nel Codice penale?”. Secondo Tafuro (e, pare, anche secondo i parlamentari), no. “Perché in fondo – ha osservato il vice commissario – anche lo stesso bullo è, a sua volta, una vittima, seppure inconsapevole di questo meccanismo. Dunque il bullismo non diventi un reato specifico da Codice penale, ma quando esso eccede in reati veri e propri, dagli atti persecutori come lo stalking alla violenza privata, dagli interventi illeciti nella privacy alla violenza sessuale, il bullo deve poi risponderne penalmente”.

Ma soprattutto i due esponenti della Polizia urbana hanno detto che l’imminente legge su bullismo e cyberbullismo dovrebbero confermare l’intenzione di demandare alla scuola il ruolo primario di combattere il bullismo, con gli strumenti di cui essa è già in possesso (si pensi ad esempio al ruolo del prof antibullo), fermo restando che il ruolo che dovrà svolgere dovrà continuare ad essere soprattutto rieducativo, più che punitivo.

Già adesso la scuola è comunque supportata dalla forze dell’ordine. Il “richiamo” del questore, ad esempio, è un’efficacissima “arma”contro questo comportamenti. “E non è vero – hanno sostenuto i rappresentanti della Polizia urbana – che, come si favoleggia, una volta segnalati gli episodi alle forze dell’ordine  non succede mai niente: succede eccome”.

L’intervento della dottoressa Saluta

Interessante le categorie inquadrate dall’ispettore Guerra nelle dinamiche del fenomeno del bullismo: c’è il bullo, appunto, quindi la vittima, il gregario del bullo, il suo spalleggiatore, l’indifferente (il ruolo peggiore, secondo l’ispettore Guerra), ma anche il difensore della vittima. Diverso anche, secondo la rappresentante della Polizia urbana, il comportamento del bullo maschio dal bullo femmina: quest’ultima usa metodi più psicologici, striscianti, subdoli. Interessante quanto osservato dai casi di imbrattamento dei muri, accertati, denunciati e risolti: spesso i giovani che facevano queste cose avevano un passato da “bulli” scolastici.,

Uno dei video su YouTube suggeriti ai docenti

Poi, la lunga e dettagliata relazione della psicologa Sara Saluta, il cui compito era quello di fornire “suggerimenti e indicazioni” agli operatori scolastici. La dottoressa Saluta è stata chiara: “Anche se, spesso, nel bullismo c’è un persecutore che prova anche piacere nel fare quelle cose, il suo non è sadismo, ma assomiglia ala reazione dello stressato che, per scaricarsi, incomincia a litigare”.

E la scuola che cosa può fare? La risposta dell’esperta è stata chiara: “Osservare, registrare ciò che accade senza giudicare”. La dottoressa Saluta ha detto ciò che le ripeteva continuamente un suo docente all’Università: “Non correre troppo a trarre conclusioni. Tu devi essere soprattutto  curiosa di conoscere la persona che hai davanti, senza giudicarla troppo in fretta”. Osservando con questa attenzione scevra da pregiudizi, gli insegnanti possono cogliere i segnali e intervenire a ragione veduta. “Se io insegnante – ha detto la psicologa – non entro in empatia con un singolo allievo, ma a volte con un’intera classe, può darsi che questa possa essere l’indicazione di un problema. Per questa ragione, io suggerisco a tutti i docenti di confrontarsi molto spesso”. 

Altri strumenti utili ad individuare i bullismo possono essere anche i gruppi di parola tra gli alunni, le cassette delle prepotenze in cui infilare messaggi anonimi e i questionari. Ma anche alcuni giochi come il “Campo minato”, la “Foto di gruppo” e il “Diagramma Morale”, che la dottoressa Saluta ha puntualmente illustrato.

Infine, il suggerimento di far vedere in classe alcuni video,  anche divertenti, alcuni semplicemente geniali, che si trovano facilmente su “YouTube”-

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