Vincono la causa per una cura contro Asl e Regione, la decisione al tribunale di Vercelli

Hanno vinto la causa civile contro l’Asl di Alessandria che non gli aveva permesso di effettuare un test di diagnosi genetica di preimpianto. Una strada che avevano intrapreso dopo la perdita, per la stessa patologia e un mese in terapia intensiva, della loro piccola Stella. A dare ragione alla coppia, a condannare Regione Piemonte e Asl, è stato il tribunale di Vercelli.

Cindy Barro e Francesco Di Martino di Roncaglia di Casale Monferrato, Alessandria, sono entrambi portatori del gene del rene policistico. La coppia nel 2016 era ricorsa alla procreazione assistita. Ma Stella, nata a 35 settimane e con la patologia, non si era salvata. Così marito e moglie si erano rivolti al centro italiano di procreazione di Arco, Trento. E l’ente era disposto ad accoglierli e seguirli.
Ciò nonostante si erano visti negare l’accesso alla tecnica preventiva, significativamente onerosa, con l’ausilio del servizio sanitario regionale del Piemonte e dall’Asl di Alessandria.

“Sono nuovamente i giudici a garantire il diritto alla salute nel nostro paese – dichiara l’Avv. Filomena Gallo, segretario Associazione Luca Coscioni in questi anni protagonista di tante battaglie legali vinte contro le limitazioni previste dalla Legge 40 in materia di fecondazione assistita -. Chiedo al Ministro della Salute Giulia Grillo di inserire le tecniche di diagnosi preimpianto nei livelli essenziali di assistenza al fine di evitare che il limite economico sia un limite ad avere un figlio. Per una coppia che ha già perso una figlia dopo solo un mese di vita a causa di una patologia grave trasmissibile, l’avv. Alexander Schuster ha agito in giudizio poichè la diagnosi pre impianto è una tecnica oggi lecita nel nostro Paese ma non compresa nel Nomenclatore Tariffario regionale, e non può essere posta a carico del Servizio Sanitario Nazionale perchè esclusa dai LEA. La decisione del Tribunale è chiara e ripercorre la giurisprudenza che con le coppie che si sono rivolte all’ Associazione Luca Coscioni in questi anni con noi legali abbiamo determinato dai Tribunali alla Corte EDU fino alla Corte Costituzionale”.

L’Azienda sanitaria di Alessandria è stata così condannata ad erogare tali prestazioni in via diretta tramite strutture accreditate del sistema regionale piemontese, ovvero, in alternativa, con assistenza indiretta nell’ambito del Servizio Sanitario nazionale, mediante il ricorso ad altre strutture sanitarie, anche estranee al territorio della Regione Piemonte come la struttura pubblica autorizzata indicata dai ricorrenti, con onere a carico dell’ASL AL e della Regione Piemonte, luogo di residenza della coppia.

“Grazie a queste tecniche – segnalano ancora dall’associzione – solo nel 2016, sono nati 599 bambini che non sarebbero mai nati. Fino ad oggi le regioni hanno utilizzato i fondi della legge 40 per garantire accesso ad una indagine diagnostica fondamentali per tante coppie, ma con l’esclusione dai LEA nel 2017, nel nostro paese le coppie che devono accedervi per una gravidanza sicura, necessariamente dovranno ripercorrere le vie dei tribunali per vedere affermato il diritto alla salute, alla famiglia e il tempo necessario per affermare diritti nei tribunali determina un ulteriore danno in termine di tempo per queste coppie che vorrebbero avere un figlio che viva. La politica oggi ha la piena responsabilità di tutto ciò, perchè non pone rimedio a errori del passato (in questo caso includendo nei LEA la PGD) e non affronta il presente per affermare diritti che attualmente possono essere esercitati solo in funzione delle possibilità economiche dei singoli”.

Una decisione accolta con gioia dalla coppia, anche se una piccola beffa c’è stata: il tribunale li ha obbligati a sostenere le spese legali, pari a 5 mila euro, per compensazione. Somma che, ironia della sorte, è quasi maggiore rispetto a quella che avrebbero dovuto pagare per il test e che non avevano. Intanto la Regione, che continua a rifiutarsi di effettuare la prestazione, sta decidendo se ricorrere o meno in appello.

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