“Residenza senza fissa dimora: sconcertato dalla risposta ricevuta dall’Anagrafe”

Riceviamo e pubblichiamo

Gent.le Direttore, le scrivo per sottoporre alla sua attenzione una situazione in cui mi sono imbattuto in data 30 giugno 2020 presso l’ufficio dell’anagrafe comunale di Vercelli.

Ero andato in detto ufficio in compagnia di un ragazzo africano richiedente asilo che avevo conosciuto qualche anno fa presso il Cas, ora chiuso, dell’Aravecchia. Nel 2016 detta persona aveva ottenuto il permesso di soggiorno biennale ed aveva iniziato un percorso di integrazione fatto di lavori a termine che sono continuati negli anni portandolo ad un rinnovo del permesso proprio perché titolare di contratto. Questo seguire il lavoro lo porta ad un certo punto a lasciare per qualche tempo Vercelli e poi a rientrare a Vercelli. Lui crede di essere a posto con la sua residenza vercellese non essendogli mai giunta  nessuna notizia o notifica contraria  e, avendo perso la carta di identità, con la sua denuncia di smarrimento, si reca all’anagrafe per “rifarla”, ma scopre di non avere più residenza e quindi di non aver diritto al documento richiesto. Per questo, dopo un giro di telefonate tra amici, mi chiede di accompagnarlo all’ufficio anagrafico per chiarire la situazione e capire quali possibilità vi siano di avere detto documento.

Giustamente all’ufficio stamattina era consentito accedere agli sportelli solo un utente per volta e, munito di fotografie, denuncia di smarrimento e fotocopia della perduta carta di identità, sono andato io a colloquio; e durante il colloquio avrei appurato che solo quando avrà un regolare contratto di locazione o una dichiarazione di ospitalità presso qualche istituto di aiuto sociale potrà avere la possibilità di iniziare la pratica di richiesta di residenza al termine della quale potrà richiedere l’agognata carta di identità.

Nel corso del colloquio emergono però due affermazioni dell’addetto che mi lasciano perplesso perché non rispondenti al vero, almeno per quanto mi è dato sapere. L’addetto, che io percepisco leggere dal computer, afferma che la residenza è stata tolta nel 2017 a seguito di comunicazione da parte del Cas che lui era uscito dalla struttura. Mi pare che la residenza non si possa togliere per comunicazione da parte del Cas ma che solo dopo opportune pratiche che accertino l’irreperibilità sul territorio comunale di un soggetto e che durante l’espletamento di dette pratiche si debbano fare le necessarie ricerche in merito.

La seconda affermazione grave e non vera mi viene fatta quando, conscio della difficoltà che il soggetto mi aveva dichiarato di avere riguardo al contratto di locazione o alla dichiarazione di ospitalità, esploro la via della richiesta di residenza senza fissa dimora, via che è stata usata in accordo con un’associazione assistenziale cittadina per altri casi assimilabili sempre con risultati positivi. La risposta mi lascia basito perché, anche stando alla mia non eccezionale conoscenza delle norme che regolano la disciplina anagrafica italiana è apertamente fuori dalla realtà: “possono richiedere la residenza senza fissa dimora solo i nati a Vercelli”.

Fuori dall’Ufficio la fila delle persone che avevano bisogno di accedere era lunga e non mi sono voluto avventurare in una discussione che avrebbe potuto turbare il funzionamento dell’ufficio stesso.

Ma segnalo a lei, ai suoi lettori, e soprattutto attraverso al suo giornale agli amministratori cittadini la gravità di quanto sopra esposto. E’ vero che siamo in tempi di emergenza, ma non c’è emergenza che possa oscurare o mettere tra parentesi la verità. Anzi, a mio personale parere, solo la rigorosa via della verità potrebbe contribuire all’uscita efficace da ogni qualsivoglia emergenza.

Gian Mario Ceridono

Love
Haha
Wow
Sad
Angry

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here