Presa banda responsabile di numerose truffe agli anziani tra Novara, Vercelli e la Svizzera

«Nonna, sono Marco, dai i gioielli alla persona che ti mando che ho bisogno di aiuto»: è una delle tante telefonate con la quale i componenti dell’organizzazione dedita alle truffe agli anziani ‘agganciavano’ le loro vittime. I poveretti credevano davvero di poter aiutare il loro caro e invece consegnavano gli ori di famiglia ai malviventi.

L’operazione ‘Cara Nonna’ (Droga Babciu in polacco) della Polizia di Novara ha portato all’emissione di quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di L.D., 46 anni, e di B.B., 32 anni, (coniugi), C.N., 21 anni, e di L.M., 36 anni, tre custodie cautelari domiciliari nei confronti di K.Y, 21 anni, K.H., 27 anni, e di E,A,, 23 anni, nonché due misure cautelari dell’obbligo di presentazione alla p.g. nei confronti di P.G., 23 anni, e di E.O., 22 anni. Durante l’attività di indagine erano stati eseguiti cinque arresti in flagranza di reato. Altre persone sono indagate a piede libero.

L’accusa è di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe aggravate.

Per eseguire l’ordinanza (sono stati impiegati oltre 60 uomini), la Mobile di Novara si è avvalsa della collaborazione del personale delle Squadre Mobili di Torino, Alessandria, Asti, Aosta, Biella, Verbania e Vercelli, nonché di equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine di Torino.

L’operazione era partita a marzo dello scorso anno, con l’arresto in flagranza di due truffatori e ha portato a scoprire la centrale dell’organizzazione in Polonia. Da qui partivano le telefonate alle vittime e il ‘gruppo’ novarese di rom (in parte residenti nel campo di Agognate, altri nel quartiere di Sant’Agabio) provvedeva poi a inviare gli ‘esecutori’, spesso non rom.

«Le indagini, condotte mediante pedinamenti, appostamenti e complesse attività di intercettazione, rese difficoltose dal fatto che i “telefonisti” operavano dall’estero, hanno permesso di ricostruire la struttura del gruppo criminale ed individuare una cinquantina di episodi avvenuti, dal gennaio all’agosto 2020, nelle province di Novara, Vercelli, Como e in territorio elvetico. Per un bottino di oltre 400 mila euro» hanno spiegato il questore Rosanna Lavezzaro, il procuratore capo della Procura di Novara Nicola Serianni e la dirigente della Squadra Mobile Valeria Dulbecco. In un solo caso i malviventi si erano impossessati di gioielli e contanti per 80 mila euro.

Il modus operandi attuato dall’associazione a delinquere, era di tipo seriale, ed agiva sulla vulnerabilità e sulla buona fede delle vittime: le parti offese venivano contattate telefonicamente da soggetti che si fingevano loro prossimi parenti, finti figli o nipoti che, con la scusa di aver causato un grave incidente stradale o di essere in imminente pericolo di vita dopo aver contratto il virus Covid-19, convincevano il malcapitato di turno ad aiutarli e, dunque, a raccogliere tutto il denaro e gli oggetti preziosi presenti in casa: solo in questo modo, infatti, avrebbero così evitato al loro caro di essere tratto in arresto da fantomatiche Forze di Polizia o avrebbero potuto pagargli le cure e salvargli la vita.

Successivamente all’opera di convincimento da parte del “telefonista” in danno della ignara vittima, veniva inviato presso l’abitazione di quest’ultima un complice del gruppo criminale, uomo o donna che, spacciandosi per il “segretario di un notaio” o per il “personale sanitario”, passava dal malcapitato di turno per ritirare il ricco bottino costituito da denaro o da oggetti in oro.

Spesso nemmeno i sospetti di qualche vittima hanno impedito il compimento del reato: nel momento in cui la parte offesa dubitava di quanto le veniva comunicato e cercava di contattare un parente o le forze dell’ordine per comprendere se fossero reali i fatti appresi, otteneva una risposta sempre da parte di un componente del gruppo criminale. I truffatori, infatti, particolarmente scaltri, contattavano le vittime sul telefono fisso dell’abitazione e non interrompevano la loro prima comunicazione tenendo, di fatto, la linea occupata anche per delle ore. In questo modo, qualora le ignare vittime avessero provato, utilizzando la medesima utenza fissa invece di un cellulare, a contattare le forze dell’ordine o comunque a comporre altri numeri per chiedere aiuto, “dall’altra parte del filo” vi erano sempre dei componenti del gruppo criminale che li rassicuravano, convincendoli a consegnare tutto ciò che era in loro possesso al fine di scongiurare conseguenze peggiori per i loro familiari.

L’attività investigativa ha avuto inizio nel mese di marzo 2020 quando una donna ultraottantenne, vittima già in passato di un analogo reato, ha ricevuto una telefonata dal finto “nipote” che, dopo aver causato un sinistro stradale con feriti, le comunicava di trovarsi dal notaio perché doveva immediatamente risarcire il danno, altrimenti sarebbe stato arrestato.

I referenti dell’organizzazione sono stati individuati in cittadini rom di etnia polacca, residenti a Novara da decenni, che agivano in base a precise direttive che giungevano dalla base logistica estera e si avvalevano della collaborazione, come “incaricati al ritiro”, di giovani ragazzi residenti nel capoluogo o di donne facenti parte del loro clan famigliare.

«Nel corso dell’attività d’indagine, ed in particolar modo nel corso delle intercettazioni telefoniche – ha aggiunto il questore – è emersa la cattiveria, la spietatezza e l’incredibile cinica determinazione dei telefonisti che effettuavano decine e decine di chiamate a ripetizione in danno delle vittime, finché non trovavano la persona che eseguiva pedissequamente quanto da loro richiesto. I criminali si sono rivelati totalmente insensibili al fatto che con le loro parole creavano nelle anziane vittime un profondo stato di terrore causato dalle minacce di ripercussioni che mettevano a rischio l’incolumità dei loro cari. Anzi, proprio grazie a ciò, con impressionante freddezza, facevano leva sulle vittime inducendole a privarsi dei loro averi che, oltre al certo valore economico, rappresentavano un forte valore affettivo in quanto ricordi di momenti belli o di persone non più in vita».

«E’ possibile – ha dichiarato il dott. Serianni – che gruppi come quelli che hanno agito a Novara siano stati organizzati anche in altre città d’Italia».

L’avvento della grave pandemia non solo non ha fermato le attività criminali dell’associazione a delinquere, ma ha fornito un nuovo pretesto per incrementare i proventi delle truffe in quanto, oltre ad agevolarne le condotte, si è avvalsa dello stato di isolamento, e la conseguente vulnerabilità, in cui molte persone anziane si sono ritrovate.

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1 commento

  1. Questo numeroso gruppo-criminale-di-strada (ma) con ramificazioni internazionali ha fatto leva sulle emozioni e sui sentimenti delle persone creando una grande paura e apprensione ed offrendo nel contempo ai malcapitati “la possibilità di trovare una soluzione al problema affettivo creato ad arte” .. via successivamente esperita anche dalla criminalità di massimo livello che è dato trovare.

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