Monsignor Sergio Salvini: “Ti abbiamo voluto bene, Laura, nobile interprete di speranza”

Con accanto gli zii, Federico Cagna ricorda la mamma

“Nonostante i tristi giorni della malattia, Laura continuava a coltivare la speranza, e ha saputo essere interprete viva di speranza, nobilmente”. Queste le parole pronunciate dal parroco monsignor Sergio Salvini in una chiesa di San Cristoforo gremita come non mai, questa mattina, quando è stato dato l’ultimo saluto a Laura Dallera, scomparsa a 65 anni per un male inesorabile.

Tantissima gente, tanti soprattuto le insegnanti e gli insegnanti che avevano avuto a che fare con lei stante il suo ruolo di funzionaria dell’Ufficio territoriale scolastico (l’ex Provveditorato agli studi): tra coloro che hanno assistito alle esequie, anche l’uomo che quell’ufficio aveva diretto per molti anni e che aveva sempre avuto Laura Dallera al suo fianco: Antonio Catania. Tutti vicini con la presenza e con l’affetto ai familiari: alla mamma Caterina, al figlio Federico con Claudia, al fratello Paolo con la moglie Antonella. E idealmente anche alla piccola Giulia, la nipotina che Laura adorava e che monsignor Salvini ha più volte ricordato nel saluto iniziale e poi nell’omelia.

Durante quest’ultima, il parroco di San Cristoforo ha detto di essere stato vicino alla donna scomparsa anche negli ultimi giorni, e che le sue ultime parole, “Sono stanca, voglio andare a riposare in un bel giardino”, gli hanno fatto ricordare un breve apologo: “La quercia disse al mandorlo: ‘Parlami di Dio’. E il mandorlo rifiorì”. In queste parole c’è tutta la Laura Dallera che in tanti hanno apprezzato e amato.

Una Laura Dallera perfettamente descritta dalle parole del fratello Paolo e della cognata Antonella, prima della benedizione del feretro e dei fedeli. Dopo aver ricordato la bontà e la generosità della sorella, Paolo Dallera, a proposito delle speranza cristiana, ha citato una frase di Charlie Chaplin, quando il grande cineasta, a proposito della vita, disse che vista in un primo piano, essa può sembrare una tragedia, perché, prima o poi si muore. “Ma vista in campo lungo – ha proseguito- la vita non è altro che la fine di un primo atto, non una tragedia. Sono sicuro, cara Paola, che ci riabbracceremo”.

La cognata Antonella ha aggiunto che è stato facile amare Laura perché era una donna eccezionale. “Pur dopo la scoperta della diagnosi infausta ha deto – ha fatto di tutto per farci dimenticare di essere ammalata, ma così ben che a un certo punto ci siamo domandati anche noi se davvero non lo fosse”.  E, a questo proposito, dopo il saluto delle soroptimiste a cura di Carla Barale (in chiesa c’era il labaro del Club di servizio vercellese), il figlio di Laura Dallera, Federico, ha detto che sua mamma, pur sapendo la gravità del male, continuava a parlare del futuro, addirittura a pensare ai costumi da bagno che avrebbe indossato la prossima estate.

Ma questa mattina, in chiesa, Federico Cagna ha voluto soprattutto lanciare un messaggio forte sulla necessità di sostenere sempre più la ricerca contro il tumore al pancreas. “Un maledetto tumore che colpisce ogni anno una media di 14 mila persone nel nostro Paese. Un tumore che ti ruba il tempo, al punto che ogni giorno che ti viene concesso in più è un regalo da assaporare. Dobbiamo finanziare la ricerca per regalare almeno sempre più tempo alle persone che si ammalano”. Federico ha chiesto espressamente offerte nel ricordo della mamma all’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.

Durante le esequie sono state eseguite musiche di Morricone amate da Laura Dallera: colonne sonore dai film “La Califfa” (all’ingresso della salma in chiesa), il celeberrimo “Gabriel’s oboe” da “Missing” e, all’uscita, il “Dead Theme” da “Gli intoccabili”

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