C’e anche la vercellese Ilaria Genatiempo tra i tanti firmatari del comunicato scritto da Attrici Attori Uniti, una comunità di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo che hanno sentito la necessità di unirsi e creare un terreno di confronto su temi fondamentali che li riguardano.
In questi mesi di pausa forzata dai set e dai palcoscenici, le attrici e gli attori sono stati costretti a interrogarsi sulla loro professione, non soltanto a livello artistico, ma anche e soprattutto come categoria di lavoratori i cui diritti non è detto siano sempre garantiti.
Per fare fronte comune A²U si è organizzata in tavoli di lavoro che trattano diversi argomenti, restando coesi al fine di attuare una rivoluzione nel mondo dello spettacolo, attraverso un dialogo con il Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo.
Quello di Ilaria Genatiempo, attrice vercellese da ormai oltre dieci anni di stanza a Roma, diplomata all’Accademia “Silvio D’Amico”, che ha all’attivo numerose interpretazioni a teatro, al cinema e in televisione, è un caso emblematico, simile a quello di tanti altri suoi colleghi.
Prima dell’emergenza Covid-19 era impegnata in uno spettacolo a Roma e poi a inizio aprile avrebbe dovuto iniziare una tournée a Siracusa. Tutto rimandato ovviamente e, quel che è peggio, senza nessuna garanzia per il futuro: «siamo stati i primi a chiudere e saremo gli ultimi a riaprire», ci spiega con rammarico al telefono.
«Vogliamo tutti riprendere al più presto – continua Ilaria – ma non sappiamo quando: estate, inverno, il prossimo anno? Tutto è avvolto nella nebbia e questo per il nostro lavoro è penalizzante. Prima di essere artisti, siamo lavoratori e questo deve essere ben chiaro a tutti, come è chiaro che allo stato attuale non ci sono prospettive».
Ripartire certo, ma in che modo? «Di sicuro non con le regole che c’erano prima, bensì con nuove normative che tutelino la nostra professione, a cominciare dai contratti di lavoro che molte volte non sono riconosciuti. Per fare questo è necessario un dialogo con il Ministero. Vogliamo sederci a un tavolo e discuterne. Non solo noi di Attrici Attori Uniti, ma in concerto con tanti altri gruppi che sono nati spontanei in questa emergenza contingente. Siamo consapevoli e crediamo che da soli non si vada da nessuna parte».
Punto molto importante, che anche Ilaria vuole sottolineare, è che A²U e tutti i gruppi simili non vogliono sostituirsi al sindacato (SAI Sezione Attori Italiani SLC CGIL), al contrario vogliono creare con esso un filo diretto così da avere più potere contrattuale al tavolo delle istituzioni, MiBACT in primis, a cui è richiesto il compito di fare da garante.
A tal proposito il 20 aprile scorso A²U ha inviato al MiBACT, al Ministro del Lavoro, ad AGIS, FederVivo e ANICA il comunicato con le richieste: istituire un reddito di sostegno esteso fino alla ripresa delle attività; che le istituzioni siano garanti dell’assunzione di responsabilità da parte delle mprese rispetto agli illeciti intercorsi; trasparenza sui criteri di assegnazioni dei finanziamenti straordinari; impiegare il FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) per saldare gli insoluti; regolamentare il diritto d’autore e d’immagine; progettare studi di fattibilità adeguati ai protocolli di sicurezza; avere garanzie sui contributi.
Parallelamente A²U ha lanciato in rete la campagna Tiriamo fuori la voce. Una risposta polemica allo slogan del Ministero “La cultura non si ferma”. Gli attori e le attrici, e tra di loro anche Ilaria Genatiempo, hanno postato sui canali social una lettura senza voce de “L’Infinito” di Giacomo Leopardi.
«La nostra è una lettura senza voce – si legge nel comunicato – come senza voce è la categoria delle lavoratrici e lavoratori dello spettacolo in tutte le decisioni che il MiBACT sta prendendo senza coinvolgerci. Se non abbiamo voce per dialogare sul nostro futuro non ce l’abbiamo neppure per creare un contributo artistico».
Riprende Ilaria: «Si sente ipotizzare la riapertura dei Teatri con una programmazione fitta di monologhi. Ebbene non può essere questa la soluzione. Questa è una finta soluzione che non solo non favorisce la ripresa del settore perché permetterebbe l’ assunzione di un’esigua parte dei lavoratori, ma abbassa la funzione dello spettacolo a puro intrattenimento. Sarà un momento molto delicato, socialmente parlando, quando ci ritroveremo a dividere spazi con altre persone, il Teatro ha il dovere di accompagnare il pubblico in questo passaggio con una sensibilità non solo “di mercato”».
In questo caso il problema sollevato da Ilaria ha una seconda sfaccettatura che riguarda l’aspetto ontologico del teatro e dell’arte in generale. Cioè che un monologo, essendo recitato appunto da un solo attore, potenzia nelle persone la sensazione di isolamento e di diffidenza che in questi mesi si è ulteriormente acuita e che ha bisogno di essere ribaltata.
Tuttavia l’arte non è questo. L’arte è conoscenza e la conoscenza non ha ragione di essere se non viene condivisa. Resta un qualcosa di fine a sé stesso, un bel soprammobile da spolverare quando capita. Invece l’arte serve a capire il mondo che ci circonda, non a ingabbiarlo dentro vuoti schemi.
Un aspetto che Ilaria ribadisce con forza: «Abbiamo il dovere di fornire uno sguardo sulla realtà, il nostro è un dovere etico e sociale. Io stessa mi entusiasmo tutte le volte che qualcuno mi insegna a osservare qualcosa da un punto di vista diverso. Vorrei tanto che il Ministero capisse questo».
Ripartire per riprendere fiducia nei confronti del mondo e delle persone che lo abitano. Superare il problema che ci attanaglia e cominciare daccapo, ma più forti, con più convinzione. Riprendere confidenza con il confronto, il senso critico di ciascuno di noi. Rispettando i diritti di chi in fondo ci aiuta a farlo. Questo è ciò che chiede Ilaria Genatiempo, questo è ciò che chiedono Attrici Attori Uniti.
Massimiliano Muraro






