L’Università del Piemonte Orientale, in collaborazione con l’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche di Lecce, la Queen Mary University di Londra, il Max Planck Institute e l’AO foundation Svizzera ha avviato Flamin-Go, il progetto di ricerca europeo pensato per sviluppare trattamenti su misura per ogni paziente affetto da artrite reumatoide.
Il nome è un acronimo che significa fenicottero, il cui suono richiama alla mente la fenice, la mitologica creatura di fuoco in grado di risorgere dalle ceneri della sua stessa distruzione e che Carl Gustav Jung sosteneva avesse in comune con l’uomo l’abilità di rinascere molto più forte dopo un’esperienza traumatica.
Flamin-Go, letteralmente inteso come “infiammazione che va via”, è stato elaborato con l’intento di sviluppare trattamenti su misura per ogni paziente affetto da artrite reumatoide e premiato nel programma Horizon 2020 con un finanziamento di 6.000.000 di €. Si tratta di una malattia infiammatoria cronica autoimmune che soltanto in Italia colpisce oltre 400.000 persone (in Europa circa 2.900.000 pazienti). È caratterizzata da un’infiammazione cronica della sinovia, ossia della membrana che consente il corretto funzionamento delle articolazioni.
L’identificazione del trattamento più efficace per ogni paziente è un bisogno clinico insoddisfatto. Il ritardo nella definizione della terapia più appropriata comporta che circa il 40% dei pazienti con questa patologia non riesce ad ottenere un miglioramento, con una disabilità significativa e maggiori costi sociali. Se si aggiunge che il 10-20% dei pazienti non risponde a nessun farmaco in uso, si comprende quanto il quadro della artrite reumatoide sia eterogeneo e quanto sia necessario sviluppare e testare nuovi farmaci su misura per il singolo paziente.
«Flamin-Go – spiega Annalisa Chiocchetti, coordinatore del progetto e docente di Immunologia all’UPO – è stato pensato appunto con l’intento di aprire una nuova strada verso l’assistenza personalizzata nel trattamento dell’artrite reumatoide, fornendo una soluzione organo su chip che consentirà la selezione del miglior farmaco sul mercato per il trattamento di ciascun paziente, oltre a consentire lo sviluppo di nuovi farmaci. Si concentrerà sulla sinovia e sul liquido sinoviale, ma includerà anche il sistema immunitario, così come la cartilagine e l’osso che risultano i tessuti più danneggiati. In tutto questo il nostro Centro avrà un ruolo importante perché la piattaforma così implementata potrà essere utilizzata per studiare le basi molecolari della malattia di ciascun paziente».
«Flamin-Go – racconta Lia Rimondini, ricercatrice del team piemontese e direttrice del Dipartimento di Scienze della Salute dell’UPO – ha in sé il potenziale per far ben sperare in nuovi percorsi di cura disegnati su paziente e rappresentare quella tanto desiderata svolta sia clinica che farmaceutica nel trattamento dell’artrite reumatoide. Costituisce inoltre una base metodologica per lo sviluppo di terapie personalizzate di altre malattie. Insomma, una vera eccellenza della ricerca europea e italiana di cui andiamo molto fieri».






SINTESI: blabla’) … “una soluzione organo su chip”… (blabla’)