Riceviamo e pubblichiamo una lettera inviataci da una lettrice, premettendo che in un momento tanto delicato essa non vuole rappresentare un attacco a chi si sta battendo da giorni e settimane in prima linea contro un virus maledetto e pericoloso, ma si tratta di un documento che rappresenta un problema accaduto e del quale è importante tenere conto per migliorare il funzionamento del sistema sanitario vercellese in rapporto all’emergenza covid19.
La lettera è mancante di alcune parti che fanno riferimenti personali e dei dati della persona che ha scritto, oltre che dei suoi parenti citati, per tutelare la loro privacy, nel rispetto di soggetti che sono malati e in chiara situazione di debolezza. Ospiteremo, se dovesse arrivare, ovviamente volentieri la replica dell’Asl di Vercelli per chiarire la questione.
Ecco cosa ha scritto la lettrice che si è firmata:
“Buonasera, vi scrivo per denunciare il mio disappunto su una situazione avvenuta in data odierna presso l’ospedale S. Andrea di Vercelli.
Parto dal principio. Mia zia… affetta da alzheimer si trovava ricoverata presso la struttura da circa un mese e mezzo presso il reparto di lunga degenza per frattura di anca e femore, quattro giorni fa vengo contattata dall’ospedale che m’informano che, visto lo stato di salute ottimale della zia e la necessità di avere posti letto liberi vista la situazione hanno deciso di dimetterla. Per cui si sono premurati stesso loro, visto che la protesica di Santhià in tutto questo periodo è risultata assente alle mie molteplici chiamate, di farle portare a casa gli ausili necessari per ospitarla in tempi brevissimi, dato che la zia non è mai risieduta presso una struttura di accoglienza anziani e, per i malati di questa malattia è importante non cambiare le proprie abitudini.
Detto ciò, l’ospedale era a conoscenza perché da me più volte informati che, a casa di mia zia risiedeva anche suo marito di anni 90 malato oncologico, ma per fortuna non in stato di impossibilità di stare a casa. …il problema sorge ora, visto che in data odierna alle ore 17 il risultato dell’ultimo tampone per covid 19, visto che ne aveva fatti già 2 risultati negativi, non era ancora arrivato e lei è stata comunque dimessa e rimandata alla sua abitazione dove l’attendevano il marito e la signora vicina di casa che per opera caritatevole si era offerta di aiutarmi visto che non potevo muovermi dalla mia abitazione.
Alle ore 18 ricevo la telefonata della dottoressa che mi ha comunicato che il tampone di mia zia è risultato positivo al Covid 19 e che il giorno seguente avrebbe predisposto, dopo mia relativa reazione, il prelevamento di mia zia dalla sua abitazione, a me non è bastato ed ho minacciato di denunciare l’ospedale perché non si dimette una persona con così tanta leggerezza, a maggior ragione senza il risultato del tampone fatto ed a conoscenza anche della situazione a casa. A quel punto la dottoressa… mi ha comunicato che avrebbero ricoverato la zia la stessa sera e di chiamare io il 118 per farli andare a prendere mia zia a casa e predisporre il tampone per mio zio e la vicina di casa. Ho chiamato il 118 e spiegato la situazione, sono andati a prelevare la zia seppur anche loro sbigottiti …
Ora mia zia si ritrova ricoverata nuovamente ma credo che la leggerezza dell’atteggiamento dell’ospedale nei confronti di questa donna e delle persone con la quale è venuta a contatto è imperdonabile…”





