Dogliotti ha presentato al Museo Leone i suoi deliziosi “RacCorti”

Dogliotti mentre legge alcuni racconti al Leone (foto Greppi)

“Oh Gesù piccino e bello / che ami il ricco e il poverello”. Un’antica, ormai dimenticatissima preghiera, che il piccolo Giulio Dogliotti recitava con la mamma prima di andare a dormire. E’ contenuta nel delizioso libro “Cinquanta RacCorti d’infanzia”, cioè racconti corti, che sono dei pasticcini prelibati, quelli del classico “l’uno tira l’altro” che vorresti non finissero mai.

Dogliotti, famosissimo parrucchiere (da poco in pensione), ma soprattutto uomo di cultura, amante e animatore dell’arte, del teatro, della letteratura in città ha raccontato i primissimi anni della sua vita, partendo addirittura da quella fetale, quando a Vercelli c’erano ancora i mulita (cioè gli arrotini che giravano di cortile in cortile) i giasarin al posto dei frigoriferi e la Stipel, da dove potevi telefonare se non avevi (e la maggioranza non l’aveva) il telefono in casa. Ogni “raccorto”, delicato, divertente, ma anche struggente, è una carezza sull’anima per i vercellesi diversamente giovani come lui, ma anche per chi ha molti anni meno: ed io penso che questo libro – scritto benissimo – dovrebbe trovare spazio ed estimatori nelle nostre scuole.

Dogliotti con Raffaella Lanza (Foto Greppi)

Oggi, nella Sala delle Cinquecentine, dialogando con la giornalista Raffaella Lanza, dopo una breve introduzione di Gianni Mentigazzi, Dogliotti ha presentato la sua opera  che è edita da “Effedì” e che si trova in libreria. Impeccabile il progetto grafico a cura di Stefano Bellotti; incantevole, affettuosa la prefazione della giornalista de La Stampa Roberta Martini.

Dogliotti ha spiegato che una dozzina di questi cinquanta racconti era stata pubblicata sul settimanale Notizia Oggi Vercelli, ma che il primo gruppo risale al 1984, quando la maestra di sua figlia, la signora Carla Aguggia, gli chiese di scrivere qualcosa che potesse essere letta nella sua scuola elementare. Oggi, nel Museo di via Verdi, ne ha recitati, più che letti, alcuni, aprendo col primo “Wadding Day” e concludendo canonicamente con l’ultimo “San Cristoforo”.

E tra il primo e l’ultimo, il fil rouge della stessa ambientazione: la chiesa gaudenziana con quegli affreschi così potenti da attirare l’immaginazione di un bambino che, mentre si appresta a ricevere la prima comunione, solleva lo sguardo e nota la Madonna che sembra “la regina di una favola”.

Edm

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